Che cos’è la felicità? I libri hanno il grande dono di offrire risposte. Sicuramente non definitive, ma utili per sviluppare la riflessione. Accade anche per un tema complesso e articolato come la felicità, su cui autori, filosofi, studiosi e scienziati di ogni epoca si sono interrogati: cos’è davvero e come si raggiunge? Una delle definizioni più originali arriva da Lev Tolstoj, nel suo grande classico “Guerra e pace”.
Di notte, al chiaro di luna,
felicità è immaginare
che ci sia ancora qualcuno
al mondo che pensa a te!
Di notte, al chiaro di luna,
felicità è immaginare
che ci sia ancora qualcuno
al mondo che pensa a te!
Che con la mano stupenda
lei sfiori l’arpa sua d’oro,
e con struggente armonia
proprio te invochi, te chiami!
Un giorno, forse due ancora,
e giungerà il paradiso!
Ma ahimè! l’amico diletto
quel giorno mai non vedrà!
Che cos’è la felicità? immaginare che qualcuno provi amore per te
Questi versi sono il testo di una canzone interpretata dal conte Nikolaj Ilič Rostov nel Libro primo, Parte prima, Cap. 17 di Guerra e Pace di Lev Tolstoj.
La scena si svolge durante una cena a casa dei genitori del giovane ufficiale. Con lui ci sono la sorella Nataša, la cugina Sonja (di cui è innamorato) e il principe Boris Drubeckoj. Le due coppie — Nikolaj e Sonja, Boris e Nataša — decidono di animare la serata cantando insieme. Nikolaj, appena ventenne, si lancia con entusiasmo nell’interpretazione di questo brano appena imparato.
Per comprendere la carica emotiva della scena, è importante ricordare che Nikolaj è un ragazzo idealista, che abbandona gli studi per servire lo zar come ussaro. La sua canzone è il riflesso della sua interiorità: romantica, patriottica, profondamente umana.
La definizione di felicità, che Lev Tolstoj esprime nei versi contenuti in Guerra e Pace
L’incipit del brano poetico cantato da Nikolaj Rostov (“Di notte, al chiaro di luna…”) è già un manifesto. La felicità si rivela nel silenzio della notte, quando l’immaginazione prende il sopravvento. È una forma di felicità interiore, fatta di memoria, speranza, desiderio.
Che con la mano stupenda lei sfiori l’arpa sua d’oro,
e con struggente armonia proprio te invochi, te chiami!
L’amata che suona l’arpa d’oro è simbolo dell’arte che consola, della bellezza che richiama alla vita chi si sente solo o distante. È un’immagine che fonde eros, musica e spiritualità: l’amore idealizzato come unica vera salvezza.
Tolstoj anticipa così una visione romantica della felicità come esperienza estetica ed emotiva. Ciò che conta non è la realtà oggettiva, ma il sogno, l’intensità con cui lo si vive.
La felicità è imperfetta
Poi, però, arriva il capovolgimento. Mentre la voce dell’amata promette eternità, l’amico diletto è già escluso dalla salvezza. Forse è morto. Forse dimenticato. Forse semplicemente assente.
Un giorno, forse due ancora, e giungerà il paradiso!
Ma ahimè! l’amico diletto quel giorno mai non vedrà!
Tolstoj ci parla della felicità imperfetta, quella che porta con sé un’ombra. La felicità profonda è consapevole della morte, del limite, dell’assenza. Non è mai per tutti. E non è mai completa.
In tutta la sua opera, da Guerra e pace ad Anna Karenina, Tolstoj tratteggia la felicità come qualcosa di sfuggente e mai definitivo. Pierre Bezuchov la cerca nella fede e nella semplicità; Nataša nell’amore; il principe Andrej nei momenti sospesi, mai nella gloria o nell’ambizione.
La felicità, quella vera, non è sempre dolce. A volte consola, altre volte ferisce. È un abbraccio che scalda, ma anche un’assenza che punge.
Tolstoj ce lo mostra con dolcezza. La voce che canta consola l’anima, ma subito dopo arriva la realtà a ricordarci che non tutti saranno lì a condividerla.
La felicità dona e toglie. Dona speranza, toglie certezze. Dona amore, toglie presenza. Dona senso, toglie il controllo.
E forse è proprio in questo fragile equilibrio tra luce e ombra che la felicità esiste davvero.Non perfetta. Non eterna. Ma profondamente umana.
È naturale il contesto romantico dei versi di Lev Tolstoj, sono tipici di un giovane pronto a lasciare casa per sposare l’esercito, essere pronto alla guerra e quindi già pronto al concetto dell’assenza dell’innamorata e della perdita dell’amico del cuore.
La vita dona e toglie, sembra affermare in questi versi Lev Tolstoj, la felicità è qualcosa da cogliere anche semplicemente immaginandola, altrimenti si rischia di non essere mai realmente felici.