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Lingua italiana: origine e significato dell’aggettivo “sublime”

Scopriamo tramite questo articolo qual'è l'affascinante etimologia della parola della lingua italiana "sublime" e cosa si intende con "stile sublime".

La parola della lingua italiana “sublime” ha una storia affascinante che affonda le radici nell’antichità e attraversa i secoli per giungere fino a noi con significati profondamente legati all’estetica, alla filosofia e alla letteratura. Il termine deriva dal latino “sublimis” (o nella variante “sublimus”), composto da “sub-“, che significa “sotto”, e “limen”, “soglia”. Questa etimologia suggerisce un significato legato a ciò che si trova sotto la soglia più alta, indicando un concetto di elevazione e altezza spirituale, concettuale ed estetica.

Lingua italiana: “Sublime” dall’origine etimologica al significato filosofico e letterario

Secondo un’altra interpretazione, “sublimis” potrebbe derivare da “sub-limen”, ovvero “attaccato in alto”, “sospeso sotto l’architrave”. Questa idea di altezza e sospensione è fondamentale per comprendere l’evoluzione semantica della parola. Il Georges, invece, propone un collegamento con “sub-levare”, ossia “alzare, tenere in alto”, rinforzando il concetto di elevazione e nobiltà.

Il significato di “sublime” si distingue da termini affini come “alto”, “eccelso”, “eminente” ed “elevato”. “Alto” si oppone direttamente a “basso” e può riferirsi sia a oggetti spaziali sia a concetti astratti. “Eccelso” è un grado superiore di “alto” e implica un senso di suprema elevazione. “Eminente” suggerisce un’idea di superiorità rispetto ad altri, soprattutto in termini di dignità e merito. “Elevato”, invece, può riferirsi tanto a una posizione fisica quanto a qualità dell’intelletto e del pensiero. “Sublime”, rispetto a tutti questi termini, ha un carattere più assoluto e trascendente, indicando qualcosa che non solo è elevato, ma che suscita un senso di meraviglia e di rispetto quasi reverenziale.

Il sublime nella tradizione letteraria e filosofica

Il concetto di “sublime” è stato elaborato e approfondito nel corso dei secoli, a partire dall’antichità classica fino all’età moderna, anche se purtroppo oggi viene usato a sproposito come semplice sinonimo di bello, quando, in realtà il termine si identifica in caratteristiche che lo distanziano del tutto dal “bello”. Il primo trattato dedicato al sublime risale al I secolo d.C. e porta il titolo “Trattato del Sublime”. L’autore, anonimo, analizza il fenomeno non tanto in base alle caratteristiche dell’oggetto, quanto piuttosto agli effetti che esso produce sull’animo umano. Questa visione innovativa pone l’accento sulla dimensione soggettiva e psicologica dell’esperienza estetica, anticipando sviluppi successivi.

Nel XVII e XVIII secolo, il concetto di sublime acquisisce grande rilevanza nell’estetica e nella filosofia. Edmund Burke, nel suo trattato “A Philosophical Enquiry into the Origin of Our Ideas of the Sublime and Beautiful” (1757), sostiene la superiorità del sublime rispetto al bello. Per Burke, il sublime è legato a sensazioni di terrore e grandiosità, derivanti dall’osservazione di fenomeni naturali imponenti e minacciosi, come tempeste, montagne innevate e vulcani in eruzione. Egli definisce il sublime come “l’orrendo che affascina”, ponendo l’accento sulla sua capacità di suscitare un’emozione intensa e profonda nell’osservatore.

Immanuel Kant, nella “Critica del Giudizio” (1790), approfondisce ulteriormente il concetto distinguendo tra “sublime matematico” e “sublime dinamico”. Il sublime matematico nasce dalla contemplazione di oggetti di vastità sconfinata, come l’oceano o il cielo stellato, che suscitano un senso di smarrimento e inferiorità. Il sublime dinamico, invece, deriva dall’osservazione di fenomeni naturali potenti e distruttivi, come uragani e cascate, che mettono in evidenza la fragilità umana ma allo stesso tempo esaltano la capacità della ragione di comprendere l’incommensurabile.

Anche Schopenhauer si occupa del sublime, distinguendolo nettamente dal bello. Secondo il filosofo, mentre il bello genera un piacere immediato e armonioso, il sublime produce un piacere misto a timore, derivante dalla consapevolezza della potenza e della pericolosità dell’oggetto osservato. In quest’ottica, il sublime rappresenta un’esperienza di superamento della paura, in cui l’osservatore si distacca dalla propria volontà per contemplare l’oggetto nella sua essenza.

Il sublime nell’arte

L’estetica del sublime ha influenzato profondamente le arti visive, specialmente nel periodo romantico. Pittori come William Turner e Caspar David Friedrich hanno esplorato il concetto di sublime attraverso paesaggi spettacolari e drammatici. Turner, con opere come “Bufera di neve: Annibale e il suo esercito attraversano le Alpi” (1812), ha rappresentato la potenza distruttrice della natura, evidenziando la piccolezza dell’uomo di fronte alle forze cosmiche. Friedrich, invece, ha adottato un approccio più contemplativo, ponendo figure umane solitarie di fronte a paesaggi vasti e misteriosi, come nel celebre “Viandante sul mare di nebbia”.

In breve: Sublime come termine estremamente significativo

Il concetto di sublime ha attraversato la storia della cultura occidentale, evolvendosi da categoria estetica a riflessione filosofica sulla condizione umana. Dall’antichità alla modernità, il sublime ha rappresentato il tentativo di esprimere ciò che supera i limiti della comprensione razionale e della sensibilità comune. Ancora oggi, il termine conserva la sua potenza evocativa, indicando non solo ciò che è grandioso ed elevato, ma anche ciò che ci spinge a confrontarci con il mistero e l’infinito.

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