Scegliamo i libri per la loro copertina, accattivante più di altre, o magari perché li vediamo fra i più acquistati dagli altri. A volte li scegliamo perché ci chiamano, con la loro voce invisibile ma attraente. Altre volte, li cerchiamo, desiderosi di trovare in essi la cura ai nostri mali. Se sei alla ricerca di libri per guarire, per rallentare e vivere qualche ora più serenamente, continua a leggere. Ecco cinque libri che fanno stare bene da leggere assolutamente.
Cinque libri che fanno stare bene
“Succede sempre qualcosa di meraviglioso” di Gianluca Gotto
Se cerchi un libro che ti faccia stare bene sin dal primo istante in cui inizi a leggerlo, i lavori di Gianluca Gotto potrebbero davvero fare al caso tuo. Storie coinvolgenti che nascono dal vissuto personale dell’autore, che ci aiutano a visualizzare cosa davvero importa nella vita con un atteggiamento di positività e serenità, ma senza ipocrisie.
“Succede sempre qualcosa di meraviglioso” è il racconto di un viaggio che ha come protagonista Davide, un ragazzo che vede tutte le sue certezze crollare una dopo l’altra, fino a perdere il desiderio di vivere. E Guilly, un personaggio fuori dal tempo che Davide, per caso o per destino, incontra in Vietnam e da cui apprende un modo alternativo e pieno di luce di prendere la vita.
Una storia di rinascita in cui perdersi per ritrovarsi, che Gianluca Gotto racconta portando il tema della ricerca della felicità – già affrontato nell’autobiografia “Le coordinate della felicità” – su un piano universale: la destinazione finale di questo viaggio non è conquistare un certo tipo di vita, ma uno stato d’animo.
“Quaderni di Lanzarote” di José Saramago
Questo è un libro speciale. A questo diario epistolare José Saramago affida uno dei periodi più intimi della sua vita, quello dell’esilio volontario a Lanzarote.
Le riflessioni, i ricordi e i pensieri del grande autore prendono vita su carta e ci accompagnano in un’esperienza di lettura che è intima e coinvolgente, e che fa stare bene, perché ci sentiamo ispirati dalle parole di Saramago, invitati a ricercare una dimensione tutta nostra, in cui il rumore del mondo non può scalfirci.
Per le furibonde polemiche suscitate dalla pubblicazione del suo libro «Vangelo secondo Gesù Cristo» apparso nel 1991, José Saramago decise di trasferirsi, in una sorta di autoesilio, dal Portogallo a Lanzarote, nelle Canarie.
Qui lo scrittore lusitano comincia a tenere, negli anni tra il 1993 e il 1997, una sorta di diario quotidiano, che andrà a confluire nei «Quaderni di Lanzarote». Vere e proprie lettere indirizzate alla moglie Pilar, agli amici più intimi e agli scrittori incontrati nel corso di una vita letteraria, costruiscono un vero e proprio universo sentimentale, in cui traspare la vena più personale e riservata del grande scrittore.
“Di cosa è fatta la speranza” di Emmanuel Exitu
Passiamo a un romanzo, adesso. Un’opera straordinaria che racconta come l’empatia possa salvare noi e il mondo, guarendoci dalla sofferenza e facendo rinascere la speranza. È un libro impegnativo perché non nasconde il dolore necessario alla rinascita. Ma leggerlo è davvero una cura per l’anima.
Alle 5.46 del mattino del 15 ottobre 1943 le allieve infermiere dell’ultimo anno della Nightingale Training School for Nurses partono da Londra dirette a un ospedale allestito per curare i feriti che giungono dai fronti di guerra.
Tra le ragazze, emozionate nelle loro uniformi impeccabili, ce n’è una snella e buffa per via delle lunghe gambe e dei piedi grandi: la famiglia l’aveva instradata verso l’università di Oxford, ma lei ha deciso di diventare infermiera. Si chiama Cicely Saunders. Durante le infinite notti in corsia, Cicely vede morire tra sofferenze indicibili ragazzi belli e coraggiosi, suoi coetanei.
Sa di non poter fare per loro nulla se non ciò che i medici prescrivono, eppure si rende conto con orrore che per un medico ogni moribondo è una causa persa, un insuccesso professionale. Cicely comincia a fare una cosa a cui dedicherà la vita intera: annotare i tentativi e i fallimenti, le intuizioni, le buone pratiche che consentono di lenire la sofferenza di chi non è più guaribile.
E quando capisce che il suo diploma di infermiera non basta più, si laurea in Medicina e, nel 1967, riesce ad aprire il primo moderno hospice: non un posto dove si va a morire, ma dove si può vivere fino all’ultimo istante con dignità. Emmanuel Exitu si ispira alla storia di Cicely Saunders – le cui procedure sono tutt’oggi considerate dall’OMS il punto di riferimento per migliorare la qualità della vita dei malati terminali – per scrivere un romanzo luminoso, che racconta il misterioso abbraccio tra il dolore e la speranza e ci riguarda tutti.
La storia di questa donna dalla caparbietà visionaria ci dice che la sofferenza si sconfigge prima di tutto con un farmaco di cui tutti possiamo disporre, l’empatia, e che la speranza è, come scriveva Emily Dickinson, “quella cosa piumata / che si viene a posare sull’anima” e può illuminarci fino all’ultimo nostro respiro.
“Il filo infinito” di Paolo Rumiz
Se hai bisogno di una lettura “silenziosa”, di un libro che ti faccia stare bene perché confortevole, intimo ma anche ricco di riflessioni fluide e di valore, ti suggeriamo “Il filo infinito”, un viaggio sentimentale di Paolo Rumiz, un’opera singolare in cui l’autore va alla ricerca dei monasteri benedettini per riscoprire lezioni di vita e di cultura antiche ma senza tempo, per trovare il filo indissolubile che lega presente, passato e memoria.
“Ruvido umano” di Mariangela Gualtieri
Infine, abbiamo deciso di inserire fra i libri da leggere per stare bene una raccolta poetica. Perché fra i linguaggi ideati dall’uomo, la poesia è uno dei più potenti. Poi, quella di Mariangel aGualtieri in particolare, è una poesia che pare in certi momenti formula magica, alchimia in grado di raccontare i nostri sentimenti più reconditi ma anche di guarire i nostri dolori più incomunicabili.
L’umanità ha le sue asprezze, la sua violenza nei confronti del mondo. E il nuovo libro di Mariangela Gualtieri si apre e si chiude con poesie che toccano il tema di questa ruvidezza.
Ma nelle poesie civili che chiudono la raccolta l’indignazione sembra prevalere. All’interno di questa cornice, però, c’è il tesoro del selvatico, ci sono segni del sacro, c’è soprattutto il miracolo del silenzio, in cui «Tutto è un enigma felice / voce senza voce. Tutto dice / di sì mentre tace».
Più che negli altri suoi libri, qui Mariangela Gualtieri ci parla della fine, che è fine dei singoli corpi, fine delle «maschere», ma anche continuità della vita. Modulando la sua voce tra durezze e dolcezze, incanti e disincanti, il suo è un invito all’attenzione e all’ascolto del visibile e dell’invisibile.