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I versi di Valerio Magrelli su un curioso giorno dell’epifania

Leggiamo assieme questi importanti versi di Valerio Magrelli che riguardano un ricordo, diremmo "epifanico", che riguarda il giorno dell'epifania.

Valerio Magrelli, nella sua poesia intrisa di memoria e riflessione, riesce a coniugare profondità filosofica e immagini quotidiane. I versi sul giorno dell’Epifania, tratti probabilmente da una delle sue raccolte in cui l’autore esplora il rapporto con la percezione e la realtà, raccontano di un momento cruciale: la “Nera Epifania”. È un’esperienza che rompe le certezze e svela l’ambiguità del reale, trasfigurando la quotidianità in uno spazio per interrogare la complessità del mondo.

“Di colpo, un 6 gennaio di diversi anni fa,
conobbi la mia Nera Epifania,
quando la lepre mi balzò agli occhi
e mi rispose mentre mi rivolgevo all’anatra.
Fino ad allora avevo ciecamente
creduto nella sacra liturgia del colloquio.”

Valerio Magrelli e la sua “epifanica” epifania

L’Epifania è una festività cristiana che, etimologicamente, significa “manifestazione”. Nel giorno che celebra l’arrivo dei Magi e la rivelazione di Cristo come il Messia, Magrelli sovverte le aspettative con la sua “Nera Epifania”. L’aggettivo “nera” segnala un’esperienza rivelatrice non di luce o speranza, ma di disorientamento e conflitto. Invece della certezza religiosa o di un’illuminazione rassicurante, il poeta vive un momento di dubbio e smarrimento.

Il giorno è carico di significato simbolico e personale. Magrelli non si riferisce solo a una ricorrenza liturgica ma suggerisce un confronto interiore con l’esperienza di interpretare il mondo. Il 6 gennaio diventa un confine temporale tra due stati della mente: il “prima” segnato dalla fede in un ordine certo, e il “dopo” dove regna la contraddizione.

L’episodio centrale è l’apparizione della lepre nel momento in cui il poeta si rivolgeva all’anatra. Questa immagine evoca il famoso “test di figura ambigua” dell’anatra-lepre, un’illusione ottica che consente al soggetto di vedere ora un’anatra, ora una lepre, a seconda della prospettiva. La scoperta di Magrelli non è tanto che il mondo sia ambiguo – una nozione che può restare teorica – quanto che l’ambiguità coinvolga direttamente l’interlocutore.

Il poeta “parlava” all’anatra, convinto della sua natura e della propria interpretazione, finché la lepre balza improvvisamente davanti ai suoi occhi. Questo improvviso cambio di prospettiva svela una realtà stratificata, dove le interpretazioni non si escludono ma convivono, sfidando l’idea di una verità unica.

La perdita della “sacra liturgia del colloquio”

Fino a quel momento, Magrelli aveva creduto in una sorta di sacralità nel dialogo, una “liturgia del colloquio” che presuppone una chiarezza reciproca tra chi parla e chi ascolta, tra osservatore e oggetto osservato. La Nera Epifania spezza questa convinzione, rivelando che ogni comunicazione, ogni percezione è mediata da ambiguità, interpretazioni soggettive e incertezza.

Questa rivelazione non è solo una crisi personale ma un’allegoria della condizione umana. Il poeta si interroga su come interpretiamo il mondo e su come le nostre proiezioni e aspettative influenzino ciò che vediamo. Se prima il dialogo era un rituale rassicurante, la Nera Epifania introduce il dubbio: stiamo parlando davvero con ciò che crediamo di conoscere? Oppure siamo intrappolati in una costante traduzione soggettiva della realtà?

I versi di Magrelli dialogano indirettamente con una lunga tradizione filosofica sulla percezione e sull’ambiguità. La lepre e l’anatra rappresentano metaforicamente la tensione tra fenomeno e interpretazione: non vediamo mai il mondo “in sé”, ma solo attraverso il filtro delle nostre percezioni, condizionato dalla nostra esperienza, dal linguaggio e dal contesto culturale.

Il passaggio da una visione univoca a una plurale è tanto disorientante quanto necessario. La poesia non offre soluzioni o rassicurazioni: l’unica certezza è l’incertezza, il fatto che il mondo è polifonico e ogni suo elemento si presta a molteplici letture.

Pur evocando una crisi interiore, la Nera Epifania non è esclusivamente negativa. Se da una parte porta il poeta a rinunciare all’illusione della chiarezza assoluta, dall’altra gli offre una nuova consapevolezza. La perdita della liturgia del colloquio apre la strada a un rapporto più autentico con il mondo, che non si basa su certezze prefabbricate ma sul riconoscimento della complessità e del cambiamento.

Questa crescita personale trova riscontro nella lingua stessa della poesia, che gioca con la precisione e l’ambiguità per restituire al lettore l’esperienza di spaesamento vissuta dal poeta. Il linguaggio si fa così veicolo di riflessione esistenziale, mostrando come ogni parola, ogni immagine possa significare cose diverse a seconda di chi legge e di come legge.

La “Nera Epifania” di Valerio Magrelli ci invita a riflettere su quanto sia limitante e, al tempo stesso, inevitabile la nostra prospettiva sul mondo. La lepre che balza agli occhi mentre ci rivolgiamo all’anatra diventa simbolo di tutte le volte in cui la realtà ha spezzato le nostre convinzioni, costringendoci a ripensare il nostro rapporto con ciò che ci circonda.

Questa epifania oscura non è una sconfitta ma un momento di trasformazione. Ci insegna ad abbracciare l’incertezza e la pluralità, accettando che il mondo non possa essere ridotto a una singola verità. Come in ogni buona poesia, anche qui non si offrono risposte, ma si aprono spazi di domanda: alla fine, non è forse proprio la complessità del reale a renderlo degno di essere

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