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“Antico inverno” (1929), una poesia di Quasimodo impregnata di calore e di amore

“Antico inverno” è una tenera poesia in cui Salvatore Quasimodo ricorda un tempo ormai lontano e un grande amore.

È una poesia che racconta la stagione più fredda attraverso il calore del cuore e dell’umanità. Si intitola “Antico inverno” ed è stata scritta da Salvatore Quasimodo. Scopriamola insieme.

“Antico inverno” di Salvatore Quasimodo

Desiderio delle tue mani chiare
nella penombra della fiamma:
sapevano di rovere e di rose;
di morte. Antico inverno.

Cercavano il miglio gli uccelli
ed erano subito di neve;
così le parole:
un po’ di sole, una raggera d’angelo,
e poi la nebbia; e gli alberi,
e noi fatti d’aria al mattino.

Il significato di questa poesia

Dove leggere “Antico inverno” di Salvatore Quasimodo

Composta in giovane età, quando il poeta non aveva ancora nemmeno trent’anni, “Antico inverno” è una poesia “strana” tanto nella forma, non afferente ai canoni della tradizione, quanto nel contenuto, poiché riesce a coniugare immagini concrete e astratte in uno sfondo ricco di tenerezza.

Essa è stata inclusa nella raccolta “Acque e terre”, pubblicata per la prima volta da Solaria nel 1930. La raccolta, in cui è protagonista un’atmosfera malinconica e a tratti angosciante, è incentrata sul tema del passato, sulla terra natìa oramai lontana – la Sicilia – e sul dolore. “Antico inverno” ha un tono diverso, con una malinconia sì, presente, ma carica di dolcezza.

La forma

Composta da dieci versi, “Antico inverno” si articola in una quartina iniziale e in una sestina. I versi, tutti di metro diseguale, non sono caratterizzati dalla rima. Piuttosto, un ritmo cadenzato dalla punteggiatura incisiva e dall’alternanza fra versi brevi e versi più estesi, oltre che dall’anafora che interessa la chiusa, rende il componimento particolare anche dal punto di vista fonico.

Desiderio e ricordo di un amore lontano

“Antico inverno” comincia con una quartina che rievoca. Rievoca, attraverso il “desiderio” che dà inizio al componimento, la presenza di una donna dalle mani chiare, profumata “di rovere e di rose”, ma anche “di morte”. Poi, arriva il ricordo, di un “antico inverno” che collega la quartina alla sestina.

Da questo momento, il tempo passato caratterizza la poesia, in cui la stagione invernale e il calore desiderato all’inizio si trasfigurano in un paesaggio di flora e di fauna, di neve, di timido sole che coi suoi raggi soffusi scalda leggermente un’atmosfera gelida e nebbiosa.

Soltanto alla fine, dopo che il poeta ha descritto tutto ciò che sta intorno, arriva il verso che unisce tutto: “e noi fatti d’aria al mattino”, pieni di calore e di amore, ma leggeri come l’aria.

Salvatore Quasimodo

Salvatore Quasimodo nasce a Modica nel 1901. Il padre è capostazione, quindi da piccolo Salvatore viaggia molto e anche la sua adolescenza trascorre serena all’insegna degli spostamenti in diversi paesi siciliani per via del lavoro paterno.

Eclettico per natura, Quasimodo si stanca subito delle attività cui si dedica. Nel corso dell’età adulta si destreggia con vari mestieri, fra cui il commesso, il disegnatore tecnico, il contabile, l’impiegato al genio civile…tutte mansioni che può svolgere grazie al suo diploma da geometra. Ma ciò che non lo stanca mai è lo studio delle lettere, a cui si dedica parallelamente alle attività saltuarie. Si appassiona così tanto ai classici e all’arte della scrittura che ben presto comincia a scrivere.

Intanto, a Milano ottiene una cattedra per l’insegnamento della letteratura. Il cognato Elio Vittorini ha un grande ruolo nella carriera di Salvatore Quasimodo: è proprio lui che presenta lo scrittore agli intellettuali legati alla rivista letteraria Solaria, dove vengono pubblicate le prime poesie dell’autore.

Presto, Quasimodo si lega ai poeti ermetici e fa dell’ermetismo la sua cifra poetica. Le sue raccolte affrontano i temi più disparati ma, soprattutto dopo la conclusione del secondo conflitto mondiale, larga parte della sua produzione è dedicata esclusivamente alla tematica bellica e all’impegno civile.

Nel 1959 gli viene conferito il Premio Nobel per la Letteratura. Muore improvvisamente a Napoli, nel 1968.

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