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“Generalizzando”, la poesia di Giorgio Caproni sulle cose che diamo per scontate

I doni che riceviamo senza rendercene conto, talvolta riaffiorano nella nostra memoria a ricordarci quanto sia dolce e al tempo stesso malinconica la vita. Ecco di cosa parla "Generalizzando", la splendida poesia di Giorgio Caproni.

La vita è un grande, prezioso dono, a sua volta composto da innumerevoli piccoli doni. Di questo parla “Generalizzando“, la straordinaria poesia di Giorgio Caproni, grande poeta italiano, definito da Carlo Bo “il “Poeta del sole, della luce e del mare”.

Legato alle tematiche della sua città, Genova, e a quelle della madre, del viaggio, della vita, la sua poesia è una poesia semplice ma in grado di nascondere i significati più profondi. Per ricordare Caproni nel giorno del suo compleanno, scopriamo una delle sue poesie più toccanti, “Generalizzando”.

“Generalizzando” di Giorgio Caproni

Tutti riceviamo un dono.
Poi, non ricordiamo più
né da chi né che sia.
Soltanto ne conserviamo
– pungente e senza condono –
la spina della nostalgia.

I doni della vita da non sottovalutare

Questa poesia parla dei doni che ognuno di noi riceve e che poi immancabilmente scorda. E i doni molto spesso non sono quelli materiali. Sono doni i sentimenti, i ricordi, le esperienze, carezze. L’amore stesso è un dono. Il problema è che poi ci dimentichiamo, distratti e forse egoisti, di chi è stato a concedercelo. Come se molte persone riescano a passare nella nostra vita in maniera sorda, leggera. Lasciano il dono lì e noi siamo in grado di andare avanti, ignari dell’importanza di quest’ultimo.

Spesso nella vita ci sono cose che diamo per scontate e del cui valore ci accorgiamo solo quando ci mancano, quando ci vengono sottratte. Persone, abitudini, qualità che accompagnano la nostra vita quotidianamente e che, solo quando vengono a mancare, si fanno sentire come una spina, capace di pungere e che non è possibile eliminare.

Il segreto per un’esistenza senza rimpianti

Sì, forse questo siamo noi esseri umani: viviamo immersi in un viaggio chiamato vita e ci portiamo nella carni una spina. Una spina che, come scrive Caproni alla fine della poesia, è una “spina della nostalgia”. E’ inevitabile durante il percorso che qualcosa ci venga sottratto: ciò che possiamo fare è dare tutta l’importanza possibile a ciò che ci circonda fino all’ultimo istante, in modo da valorizzare la nostra esistenza. Quando poi perderemo qualcuno o qualcosa lungo il nostro cammino, non avremo poi rimpianti e la spina della nostalgia sarà inevitabilmente meno dolorosa da sopportare.

La vita per Caproni è nobile e amara allo stesso tempo. La nostra memoria è breve, il nostro animo fin troppo profondo.

Giorgio Caproni

Affermato poeta, traduttore insegnante e critico italiano, Giorgio Caproni nasce a Livorno il 7 Gennaio 1912 da una famiglia piuttosto agiata. Terminate le scuole medie, s’iscrive all’Istituto musicale “G. Verdi”, dove studia violino, attratto dall’armonia e dal fascino della musica, che però hanno vita breve nel cuore dell’autore.

A diciotto anni, infatti, Giorgio Caproni rinuncia definitivamente all’ambizione di diventare musicista e s’iscrive al Magistero di Torino. Anche questa strada ha vita breve: il giovane abbandona presto gli studi. Ed è proprio in questi anni che inizia a scrivere i primi versi poetici, non essendo mai del tutto soddisfatto del risultato. È il periodo degli incontri con i nuovi poeti dell’epoca: Montale, Ungaretti, Barbaro, e delle correnti che sperimentano con le forme, lo stile, il lessico.

Dal 1939 si trasferisce a Roma. Partecipa alla Resistenza italiana e dopo la fine della guerra diviene maestro di scuola elementare; convola a nozze con la sua storica compagna Rosa Rettagliata, vera identità della Rina delle sue opere. Giorgio Caproni muore il 22 Gennaio del 1990 a Roma. Viene sepolto con la moglie Rina nel cimitero di Loco di Rovegno.

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