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James Nachtwey, il fotoreporter che ha raccontato i conflitti sociali

James Nachtwey è considerato uno dei più importanti fotoreporter di guerra contemporanei. Da oltre trent'anni il fotografo statunitense gira il mondo in compagnia della sua macchina fotografica, ad un unico scopo: fotografare gli accadimenti, i volti, i corpi e i gesti protagonisti dei conflitti bellici e sociali...

Il grande fotografo statunitense, attraverso la passione per il reportage, con  i suoi scatti ha documentato guerre e conflitti sociali in tutto il Mondo

 

MILANO – James Nachtwey è considerato uno dei più importanti fotoreporter di guerra contemporanei. Da oltre trent’anni il fotografo statunitense gira il mondo in compagnia della sua macchina fotografica, ad un unico scopo: fotografare gli accadimenti, i volti, i corpi e i gesti protagonisti dei conflitti bellici e sociali. Il desiderio è che i suoi scatti siano testimonianze visuali e concrete di quei terribili accadimenti.


JAMES NACHTWEY
– Nato a Syracuse, stato di New York, nel 1948, Nachtwey è cresciuto nel Massachusetts. Ha frequenta il Dartmouth College, studiando Storia dell’Arte e Scienze Politiche. La sua passione per la fotografia è nata osservando le immagini riguardanti la guerra nel Vietnam e i movimenti per i Diritti Civili. In seguito alla scoperta della passione per quest’arte, ha cominciato a lavorare come fotogiornalista nel 1976 per un quotidiano locale del Nuovo Messico. Nel 1980 si è trasferito a New York, dove ha proseguito la carriera come fotografo freelance. Il 1981 è l’anno che vede il suo battesimo come vero fotoreporter: svolge infatti il suo primo incarico all’estero in Irlanda durante lo sciopero della fame di alcuni militanti dell’IRA. Da allora, Nachtwey dedica la sua intera attività a documentare guerre e conflitti sociali. Reporter del Time dal 1984, ha lavorato anche per l’agenzia Black Star dal 1980 al 1985 ed è stato membro della Magnum Photos dal 1986 al 2001. Nel 2001 ha fondato con altri fotografi l’Agenzia VII. Ha vinto l’Eugene Smith Memorial Grant in Humanistic Photography, e il prestigiosissimo premio Robert Capa Golden Medal per cinque volte, ed è stato  per sei volte Magazine Photographer of the Year.


LA FOTOGRAFIA COME TESTIMONIANZA INCONTROVERTIBILE
– Ciò che colpisce degli scatti di James Nachtwey è l’attenta composizione dei soggetti protagonisti. Di fronte al dramma e alla sofferenza, rappresentati da bambini affamati e cadaveri, il fotografo statunitense riesce a elevare la sua immagine, che viene come illuminata da una luce artistica. “Voglio registrare la storia attraverso il destino di individui. Non voglio mostrare la guerra in generale, né la storia con la "s" maiuscola, ma piuttosto la tragedia di un singolo uomo”. Le sue fotografie sono sempre chiare e precise testimonianze. L’attenzione alla composizione diventa il mezzo con il quale il fotografo informa e comunica la sua personale visione. La compiutezza estetica nobilita anche il soggetto più sconvolgente. Attraverso un bianco e nero, fatto di grandi pennellate di grigi, anche le figure più umili diventano protagoniste epiche della nostra storia.


TECNICA ED IMMAGINI AL SERVIZIO DELLA CRONACA
– Nachtwey utilizza macchine fotografiche e lenti Canon. Attualmente utilizza una Canon EOS-1Ds mark II per il digitale e una EOS-1V in pellicola. “Non mi importa se le foto siano su pellicola o digitale. Le fotografie sono un prodotto del cuore e della mente. Ma la tecnologia è assolutamente essenziale per la consegna nel giornalismo. Per questo ho ricominciato con il digitale”. Le sue foto, sia scattate in digitale che in pellicola, si caratterizzano per la loro grande forza impattante. Si tratta di scatti monocromi di anime dimenticate che dichiarano guerra alla guerra, raccontando la morte non con il sangue, ma con lo sguardo illuminato di chi è riuscito a sopravvivere. Nel 2001 è stato realizzato un documentario sulla sua storia intitolato War Photographer. Il film, diretto da Christian Frei, ha ricevuto numerosi premi, compresa la nomination all’ Oscar come Miglior Documentario.


26 giugno 2013

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