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Donne di carta, l’associazione che porta al Parlamento Europeo la Carta dei diritti della lettura

Leggere non si riduce alla lettura del libro ma alla comprensione delle realtà, plurali, multilinguistiche, storiche che ci circondano e che abitiamo. E’ quanto affermato da Sandra Giuliani, presidente e cofondatrice dell'associazione ''Donne di carta''...

La presidente e cofondatrice dell’associazione Sandra Giuliani ci indica le diverse iniziative in programma per promuovere e tutelare il diritto della lettura

MILANO – Leggere non si riduce alla lettura del libro ma alla comprensione delle realtà, plurali, multilinguistiche, storiche che ci circondano e che abitiamo. E’ quanto affermato da  Sandra Giuliani, presidente e cofondatrice dell’associazione “Donne di carta”. Dalla Carta dei diritti della lettura che l’associazione sta portando in Europa e del Progetto delle ‘Persone libro‘ di cui sono portavoce in Italia (Proyecto Fahrenheit 451 las personas libro di Antonio Rodriguez Menendez) e che conta circa 15 città, ecco le diverse iniziative dell’associazione in programma per promuovere e tutelare il diritto della lettura.

Come nasce l’associazione “Donne di Carta”?
Dall’idea di 4 donne romane addette al lavoro editoriale – da qui il Nome come rivendicazione di maternità e non come indicazione di esclusività – che si riunivano presso una libreria indipendente (che non c’è più, come tante) creando eventi culturali; nel lontano ottobre del 2008 queste riunioni alla fine divennero un’associazione non profit.
Volevamo creare una rete di solidarietà tra tutti gli attori della filiera editoriale per promuovere la lettura e non solo l’oggetto libro. Nel primo anno di attività i soci privilegiati erano i piccoli editori e le librerie indipendenti ma a poco a poco abbiamo compreso che il soggetto più attivo e più coinvolgibile in questo processo era proprio il lettore. E nel maggio del 2009 abbiamo incontrato il ‘Proyecto Fahrenheit 451 las personas libro’ ideato da Antonio Rodriguez Menendez (Madrid) e ne siamo diventate portavoce in Italia.

Quali sono i progetti e gli obiettivi che portate avanti?
Lasciar parlare i libri attraverso la voce e la memoria di chi legge; imparare a percepire il mondo come una varietà di cose da leggere attraverso una formazione continua che fornisca strumenti cognitivi diversificati e maggiore facilitazione d’accesso al bene culturale.
Ci interessa creare, sperimentandola, una comunicazione culturale che riduca la frattura tra chi fa/sa e chi riceve/non sa abituandoci ad abitare in una cultura del ‘fare insieme’ che serva a crescere, tutti e tutte, come cittadini e come persone: un network reale.
Ci muoviamo essenzialmente sul recupero dell’oralità come forma di narrazione del sapere e come modalità di costruzione di relazioni sociali, e sull’itineranza delle persone e delle idee. Ogni progetto /evento/ fa i conti con territori diversi  e alleanze differenti: viaggia, è trasportabile. Le attività si esplicano attraverso le performance multidisciplinari dell’Accademia della lettura (teatro, musica, fotografia) e attraverso gli interventi più mirati ai libri delle Persone libro.

Perché, a suo parere, le donne hanno una sensibilità maggiore nei confronti della lettura?
Più che altro hanno una tradizione come lettrici più duratura e forse più motivata perché leggere ha rappresentato per buona parte delle giovani donne dell’800 l’unico modo per evadere. L’impossibilità per le donne di accedere al mondo del lavoro e alla vita della polis ha alimentato a lungo una pratica solitaria e domestica come è la lettura che consente di esercitare al massimo e al meglio quelle libertà, pericolose, che la realtà sociale impedisce. Basta rileggere in questa direzione le pagine stupende dedicate alla lettura e ai libri di Madame Bovary. L’accesso poi sempre più crescente delle donne alla scrittura ha consolidato questa pratica.  E il mondo editoriale attuale lo conferma almeno come massiccia presenza femminile in tutte le mansioni, direttive e operative.

In cosa consiste la Carta dei diritti e della lettura che state portando in Europa?
Nel rovesciamento etico e pratico di un pregiudizio: leggere non è né un dovere (scolastico, di studio) né un privilegio ma un diritto della persona che attraverso la lettura cresce come persona in ogni momento della vita (in salute e in malattia, in libertà e in reclusione). Leggere non si riduce alla lettura del libro ma alla comprensione delle realtà, plurali, multilinguistiche, storiche che ci circondano e che abitiamo. Se leggere è un’attività necessaria alle persone ogni accesso al bene culturale deve essere garantito; ogni pluralità di idee, saperi, credenze deve essere tutelata; ogni lingua ha diritto di esistenza perché portatrice della storia dei legami di appartenenza degli individui a una comunità.  Cosa portiamo in Europa? L’idea che una democrazia reale si basi sulla capacità delle persone di essere cittadini consapevoli, critici, abituati a pensare possibili i cambiamenti, ad accogliere il diverso da sè. Cittadini-lettori.

Ci può presentare, infine, il Progetto delle persone libro?
Eravamo prontissime ad accogliere la novità del progetto spagnolo che traduceva in realtà una profezia letteraria (si rifà infatti a quel Fahrenheit 451 di Bradbury-Truffaut) perché in sintonia sulla necessità di recuperare la forza dell’oralità e sulla convinzione profonda che leggere possa essere una relazione, un moto verso l’altro non solo metaforici. Recuperare allora anche la memoria come arte, come tecnica, come motivazione emotiva è stato facile. Le persone libro scelgono di imparare a memoria solo i testi che amano perché il tempo che dedicano e la mobilità fisica dell’andare ovunque a dirli si giustificano solo in nome del piacere di condividere qualcosa che si ritiene importante. Qualcuno di noi chiama questo dire un dono, per ciascuno è un’esperienza di messa IN GIOCO DIRETTA, dove comunque il dire è importante quanto l’ascolto che va costruito, cercato e mai imposto. Ecco perché le persone libro guardano in faccia le persone a cui dedicano quel dire. Non hanno filtri. E le parole che prendono in prestito dai libri sono quelle che avrebbero voluto dire o saper dire o ricevere in tante situazioni della propria vita e le dicono con una voce che non declama non recita ma il più possibile naturale e intima perché la condivisione anche ad alta voce non grida. La lettura vera, quella che si fa da soli e per se stessi, è così. E quindi portata all’esterno non cambia.
Siamo nate in 7, tutte romane, per diventare in questi anni più di 120 in 15 città italiane. Un progetto che ha come obiettivo sempre il contagio, che abita piazze, mercati, locali di ritrovo: i luoghi dove non esistono i libri o i luoghi, come le biblioteche comunali, in cui la cultura è ancora intesa come un bene comune da  condividere. Dal Veneto alla Sardegna ogni persona libro si ritrova e si riconosce in un gruppo in cui impara a muovere i primi passi con la voce e la memoria e con il quale poi costruisce l’itinerario sul territorio. Ad oggi la Toscana supera di gran lunga ogni altra regione in quantità di persone libro e di città coinvolte.

4 maggio 2014

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