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Silvana Gandolfi, ”Ecco come nel mio libro ho raccontato ai bambini la realtà della mafia”

I bambini vedono e capiscono molte più cose di quanto gli adulti possano credere, a volte troppe. È il caso dei piccoli testimoni di mafia: per loro la criminalità organizzata è una dura realtà con cui si sono già scontrati. A loro ha avuto il coraggio di dare una voce la scrittrice Silvana Gandolfi...
L’autrice affronta con noi il tema drammatico dei bambini testimoni di mafia, di cui parla nel suo romanzo “Io dentro gli spari”, e insegna come si possono trattare argomenti così delicati e dolorosi con i lettori più piccoli
MILANO – I bambini vedono e capiscono molte più cose di quanto gli adulti possano credere, a volte troppe. È il caso dei piccoli testimoni di mafia: per loro la criminalità organizzata è una dura realtà con cui si sono già scontrati. A loro ha avuto il coraggio di dare una voce la scrittrice Silvana Gandolfi, che con “Io dentro gli spari” ha voluto raccontare le loro storie agli altri bambini. A lei abbiamo chiesto come si possano affrontare questi temi, su cui purtroppo per molto tempo si è mantenuto un colpevole silenzio, con i più piccoli. L’autrice – firma di numerosi libri per ragazzi di successo – ci racconta com’è nata la storia di Santino, un bambino che vive nella provincia di Palermo, che il padre porta sempre con sé quando incontra “certi amici”, e quella di Lucio, che vive a Livorno e ha solo 11 anni, ma è l’uomo di famiglia. 
Nel suo libro “Io dentro gli spari”, lei ha affrontato un tema molto delicato, quello dei ragazzi testimoni di mafia. Come si può raccontare un argomento così drammatico ai più piccoli, quali parole si scelgono?
Scegliendo di raccontare la mafia dal punto di vista del bambino, con i suoi occhi – nel caso del mio libro si tratta di un bambino davvero piccolo, 7 anni –, in modo che il lettore si possa identificare del protagonista. 
Bisogna evitare in ogni maniera di fare un libro didattico – ci deve essere avventura, movimento, una storia – e cercare di entrare il più possibile nella sensibilità di una piccola vittima. Alcuni particolari cruenti vanno dati, senza però calcare troppo la mano, senza entrare in descrizioni troppo dettagliate.
Perché ha scelto di affrontare questo tema nella sua opera?
In verità ho scelto di parlare della mafia e dei bambini testimoni di mafia perché è la storia che ha trovato me. Anni fa ho conosciuto un amico che era appena diventato magistrato: è stato lui a raccontarmi la storia vera di un bambino molto piccolo, cui mi sono ispirata per il personaggio di Santino, che aveva assistito a delitti in cui erano coinvolti suo padre e suo zio – che nella mia finzione diventano suo padre e suo nonno. Lui si sentiva molto toccato dalla vicenda e ha saputo trasmettermi un’emozione e un coinvolgimento forte,  la voglia di raccontare. All’inizio non mi sentivo adatta al compito, ho impiegato molto tempo a decidermi. Sono dovuta partire da zero, ho dovuto documentarmi. Ho letto molti libri sulla mafia, resoconti di magistrati e di pentiti, studiando la vita quotidiana di chi vive vicino alla mafia, e sono andata sia a Palermo sia a Livorno, le città che ho scelto come ambientazione delle due storie del mio libro. Il mio amico magistrato mi ha aiutata molto e mi ha rassicurata sulla scelta di farne un libro di fiction.
Lei di recente ha parlato di mafia e dei ragazzi testimoni di mafia a Tuttestorie, il festival di letteratura per ragazzi organizzato in Sardegna, di cui è stata ospite. Qual è stato il riscontro del giovane pubblico?
È stata un’esperienza molto gratificante per me. I ragazzi avevano tutti letto il libro, erano molto interessati e attenti, hanno partecipato con interventi e domande intelligenti.
Un’ultima domanda, più personale: perché ha scelto di diventare un’autrice per l’infanzia?
Sono sempre stata molto affascinata dall’inconscio infantile, dalla linea di demarcazione, così sottile per i bambini, tra realtà e immaginario. I bambini sono più vicini al loro inconscio di quanto non lo siano gli adulti, agiscono di più guidati dalle loro pulsioni. Molti anni fa desideravo proprio diventare psicoterapeuta infantile.
24 ottobre 2013
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