Primavera di Gianni Rodari è una poesia semplice e profonda, che con un tocco ironico, evidenzia un tema molto attuale come l’artificialità della vita che gli umani sono sempre più costretti a vivere. Il maestro d’Omegna con i suoi versi dipinge una città in cui la natura è una mera illusione, dove non può esserci spazio sulla primavera, se non attraverso immagini sempre più artificiali.
Gianni Rodari come sempre si rivela un rivoluzionario. Con una filastrocca dedicata ai bambini riesce a toccare temi di grande interesse sociale. Lo fa con una convinzione. La scuola e i bambini sono il futuro e attraverso dei versi semplici da imparare a memoria si possono educare i più piccoli a sviluppare una coscienza e una sensibilità sociale, civica, ambientale.
I bambini attraverso la scuola possono aiutare anche i genitori a cambiare. La forza pedagogica della scuola è proprio quella di poter sensibilizzare ad una maggiore civiltà la nostra società.
Primavera è una poesia tratta dalla raccolta Filastrocche lunghe e corte, pubblicata da Editori Riuniti nel 1981 e rieditata da Einaudi nel 2010. Comprendiamo che affrontare temi del genere in quel periodo significava avere una visione del futuro, significava avere le antenne riguardo grandi alle problematiche della società.
Leggiamo e impariamo a memoria la poesia di Gianni Rodari, lo dobbiamo ai bambini, lo dobbiamo a noi tutti e lo dobbiamo alla Terra.
Primavera di Gianni Rodari
Conosco una città
dove la primavera
arriva e se ne va
senza trovare un albero
da rinverdire,
un ramo da far fiorire
di rosa o di lillà:
Per quelle strade murate
come prigioni
la poveretta s’aggira
con le migliori intenzioni:
appende un po’ di verde
ai fili dei tram, ai lampioni,
sparge dei fiori
davanti ai portoni
(e dopo un momentino
se li riprende il netturbino).
Altro da fare
non le rimane,
per settimane e settimane,
che dirigere il traffico
delle rondini, in alto,
dove la gente
non le vede e non le sente.
Di verde in quella città
(e dirvi il suo nome non posso)
ci sono soltanto i semafori
quando non segnano rosso.
La primavera, il significato della poesia.
Primavera è una poesia di Gianni Rodari che ci offre uno spunto molto importante, stiamo costruendo città e vivendo la nostra esistenza dimenticando la bellezza e il valore terapeutico della natura.
Primavera dovrebbe essere un modello per tutti coloro che si occupano di sociale e di ambiente. L’educazione dei bambini e prima ancora delle famiglie dovrebbe avvenire coinvolgendo in modo ludico e creando interesse e appartenenza. Tutto ciò che “anti” genera contrapposizione e non unione.
Il Maestro d’Italia inizia la poesia parlando di una città che lui conosce dove la primavera fa difficoltà a vivere. Quando arriva, parla della Primavera come una persona, è costretta ad andarsene, perché la città che la ospita è inospitale, è ostica.
È come una prigione, grigia e artificiale. Impera il cemento, non c’è spazio per la natura. Questa non serve all’uomo è un problema in più da gestire.
Dice Gianni Rodari, “non ci sono gli alberi da far rinverdire e rami da far fiorire”. La Primavera arrivata in città non è in grado di donare la sua vitalità, la sua bellezza, la sua magia. Le persone che vivono l’urbanità non la vogliono.
Rodari mette in scena uno scenario distopico. Quel poco verde che in grado di far attecchire, la natura tende sempre a trovare uno spazio dove poter vivere, in realtà per le persone diventa un problema da risolvere. Ci penseranno i netturbini a togliere quel po’ di verde dai fili del tram e dai lampioni.
I petali dei fiori che il vento trasporta, magari dai balconi delle case, dove qualcuno mette dei vasi per dare un po’ di estetica all’abitazione, rappresentano un fastidio. Si posano davanti ai portoni delle case “sporcando” l’architettura urbana.
La Primavera e quindi la natura sono un problema per la vita di questa città. La natura per l’urbanizzazione è andata in contrasto per decenni. La natura andava estirpata perché la città non accetta ciò che è selvatico, che non può controllare. Crea problemi.
Quindi, la povera Primavera è costretta a lasciare la città, perché i suoi abitanti non accettano il verde, la natura deve farsi da parte.L’unico elemento che lascia una traccia del risveglio primaverile sono le rondini che volano in cielo. La possono ancora stare, l’importante è che non sporchino i balconi delle case.
Una filastrocca che sembra anticipare l’artificialità della vita contemporanea
Di verde in quella città
(e dirvi il suo nome non posso)
ci sono soltanto i semafori
quando non segnano rosso.
Nessun albero, nessun ramo, nessun profumo di lillà. Solo muri, cemento, fili elettrici e semafori. La primavera, con la sua grazia gentile, prova comunque ad arrivare — ma si trova spaesata, fuori posto, quasi invisibile.
Questa poesia, scritta decenni fa, sembra oggi più attuale che mai. È un ritratto poetico, ma lucidissimo, dell’artificialità della vita contemporanea. Le nostre città e le città del futuro sempre più Smart sembrano essere progettate e costruite più per dare spazio all’artificialità, che alla vera essenza dell’umanità. Le città si propongono più simili a reti meccaniche, a circuiti elettronici, a macchine digitali che a organismi viventi.
E nella frenesia del quotidiano, tra notifiche sullo smartphone e smog da respirare, anche la natura sembra diventare un effetto speciale, qualcosa da “applicare” qua e là per rendere le cose più belle: un giardino verticale, una pianta da interno, un filtro Instagram con i fiori.
La “primavera”, nella visione di Gianni Rodari, non è solo una stagione. È un simbolo del naturale che tenta di farsi spazio nell’artificiale. Ma non trova casa. Appende un po’ di verde sui lampioni, dirige il traffico delle rondini, prova a ricordarci che esiste ancora una bellezza spontanea, fragile, autentica — ma noi siamo troppo occupati per vederla.
Viviamo in città dove l’unico verde garantito è quello del semaforo, quando non segna rosso. Un’immagine poetica, ma profondamente inquietante.
Gianni Rodari in modo leggero ci spinge a reagire, la primavera è una reazione all’artificio delle macchine e all’annullamento dell’identità umana. Grazie Maestro!