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5 parole della lingua italiana ormai divenute rare

Scopri queste cinque parole della lingua italiana ormai poco utilizzate, termini relegati nelle più sperdute pagine dei dizionari.

Ecco un approfondimento sulla lingua italiana e sui significati di cinque termini italiani rari e poco conosciuti: “caffo,” “capillizio,” “drusiana,” “rabula,” e “rabino.” Si tratta di parole provenienti da ambiti specifici, come la botanica, la religione, la storia e il diritto, che offrono uno sguardo interessante su aspetti insoliti dell’italiano

5 parole della lingua italiana ormai desuete

Caffo

Il termine “caffo” è molto raro e viene usato in alcune zone del Sud Italia per indicare qualcosa di “dispari,” cioè non accoppiato o fuori da una simmetria numerica o visiva. Ad esempio, un oggetto o una persona che si trovano isolati, oppure un numero dispari di elementi, può essere definito “caffo.” Questo uso è di origine dialettale e tende a non comparire nei dizionari principali della lingua italiana, ma resiste ancora in alcune aree del Meridione, dove è sinonimo di “singolo” o “solitario.”

Il termine “caffo,” inoltre, può avere connotazioni simboliche, legate al concetto di mancanza di equilibrio, associando il numero dispari a un senso di incompletezza o disarmonia. L’etimologia della parola è poco chiara, ma potrebbe derivare da un termine arabo o greco, testimonianza dell’influenza culturale e linguistica che il Sud Italia ha avuto nel corso dei secoli.

 

Capillizio

“Capillizio” è una parola tecnica utilizzata in botanica e micologia per descrivere una struttura presente nei funghi. Si tratta di un insieme di filamenti sottili, simili a capelli, che si trovano all’interno della gleba, la parte interna e fertile dei funghi. Il capillizio svolge un ruolo importante nella disseminazione delle spore, facilitandone la fuoriuscita e la dispersione nell’ambiente.

Oltre alla micologia, il termine “capillizio” può anche essere usato in biologia per riferirsi a strutture simili a capelli che si trovano in alcuni organismi. Deriva dal latino capillitius, che significa “relativo ai capelli” (da capillus, “capello”). In un senso figurato, la parola può anche indicare qualcosa di molto sottile e fine, come appunto i capelli.

Inoltre può significare anche “alone”.

 

Drusiana

“Drusiana” è un termine che trova le sue radici nella storia e nella mitologia cristiana. Nella tradizione cristiana, Drusiana è una figura associata a San Giovanni Evangelista e compare negli Atti di Giovanni, un testo apocrifo del II secolo. Secondo la leggenda, Drusiana era una donna pia e devota, discepola di Giovanni, la cui purezza di fede la rese un simbolo di castità e di fermezza spirituale. La sua storia include episodi miracolosi, come il suo ritorno alla vita grazie all’intercessione di Giovanni dopo essere stata assalita da uomini malvagi.

Il termine “drusiana” può quindi essere utilizzato per indicare una donna di grande fede e purezza morale, sebbene il suo uso sia oggi molto raro e circoscritto alla letteratura religiosa. La storia di Drusiana è simbolo della perseveranza nella fede e di un modello di virtù, temi ricorrenti nella cultura cristiana antica.

 

Rabula

“Rabula” è un termine che risale all’antica Roma e si riferisce a un avvocato, ma in un senso non del tutto lusinghiero. Nell’antichità, “rabula” indicava un avvocato di bassa categoria, spesso caratterizzato da un eloquio aggressivo e da una condotta poco etica, che cercava di influenzare giudici e giurie con mezzi retorici piuttosto che con argomentazioni solide. Il termine deriva probabilmente dal latino rabula, che significa “urlatore” o “ciarlatano,” e suggerisce l’immagine di un avvocato poco professionale, spesso al limite della legalità.

Nel tempo, il termine ha perso gran parte della sua diffusione, ma la sua connotazione negativa è rimasta come eco nelle lingue neolatine. Anche in italiano moderno, riferirsi a qualcuno come “rabula” (sebbene sia ormai poco usato) implica l’accusa di essere un avvocato senza scrupoli, più interessato a manipolare il sistema giuridico che a perseguire la giustizia.

 

Rabino

Rabino’, agg. Tosc. Che si lascia prendere facilmente dalla rabbia e dalla stizza. – Anche sostantivo

Uso toscano ‘Rabino’: usato come aggettivo per rabbioso, stizzoso, chi di nulla nulla monta in ira. E un rabino, che ci vuol la pazienza de’ santi a star con lui’. Tommaseo [s. v.]: ‘Rabino’: rabbioso, stizzoso, che di nulla, monta in furia. P. Petrocchi [s. v.]: ‘Rabino’: chi si lascia pigliar facilmente dalla rabbia, ma non di durata.

Una seconda accezione è “Prepotente”. Vocabolario pistoiese [s. v.]: ‘Rabino ‘:… prepotente. = Deriv. dal lat. rabies (v. RABIE).

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La bellezza della lingua italiana

Questi cinque termini – “caffo,” “capillizio,” “drusiana,” “rabula,” e “rabino” – rappresentano uno spaccato interessante della ricchezza e varietà della lingua italiana. Ogni parola ha un significato specifico e spesso un’origine storica o culturale ben definita. Mentre alcuni di questi termini sono ormai relegati a usi specifici o sono considerati arcaici, offrono uno sguardo affascinante sulle radici della lingua e sui cambiamenti semantici che ha attraversato. Approfondire parole meno comuni come queste arricchisce non solo il nostro vocabolario, ma anche la nostra comprensione delle tradizioni e delle influenze che hanno plasmato l’italiano che parliamo oggi.

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