I versi di Giacomo Leopardi sulla fugacità della vita

16 Giugno 2025

A ben interpretare la fugacità dell'esistenza e lo scorrere inesorabile del tempo è stato Giacomo Leopardi con uno degli incipit più famosi della letteratura mondiale: i primi versi della lirica "A Silvia"

I versi di Giacomo Leopardi sulla fugacità della vita

A volte non ce ne rendiamo conto, ma il tempo inesorabilmente scorre e con esso anche le tappe della vita. A ben interpretare la fugacità dell’esistenza e lo scorrere inesorabile del tempo è stato Giacomo Leopardi con uno degli incipit più famosi della letteratura mondiale: stiamo parlando dei primi versi della lirica “A Silvia“, il canto d’amore che il poeta di Recanati rivolge a Teresa Fattorini, figlia del cocchiere di casa Leopardi.

“Silvia, rimembri ancora
Quel tempo della tua vita mortale,
Quando beltà splendea
Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
E tu, lieta e pensosa, il limitare
Di gioventù salivi?”

La fugacità della vita

La poesia “A Silvia” parla della distruzione delle speranze e delle illusioni giovanili. Entrambi i protagonisti della poesia sono vittime della speranza che inesorabilmente si frantuma davanti alla disillusione della vita.

Una disillusione dovuta soprattutto allo scorrere inesorabile del tempo che, senza neanche accorgersene, ci porta a percorrere le diverse tappe della vita in modo rapido. Tralasciando il pessimismo leopardiano che nei versi successivi sfocerà in altre riflessioni esistenziali, i versi dell’incipit della poesia ben interpretano la fugacità della vita che caratterizza ancora oggi la società, costretta a ritmi molto più frenetici rispetto a quelli vissuti da Leopardi.

Ecco che prendere coscienza di questa fugacità dell’esistenza potrebbe aiutarci a vivere con maggiore coscienza le diverse età della vita, in particolare la giovinezza, quella che non si vede l’ora di superare ma che poi, voltandosi indietro, la si guarda con un po’ di nostalgia.

La poesia

A Silvia fu scritta a Pisa tra il 19 e il 20 luglio del 1828. È il XXI dei Canti, la principale raccolta di poesie di Giacomo Leopardi, pubblicata per la prima volta a Firenze da Guglielmo Piatti nel 1831.

Una poesia attuale e carica di significato, perché attraverso il ricordo della prematura morte di una giovane donna, il poeta di Recanati ci racconta, attraverso il dialogo interiore, la fine di ogni speranza terrena. Le aspettative e i sogni della giovinezza sono destinati a tramontare per sempre avanzando con l’età.

Chi era Silvia

Silvia aveva 16 anni, quando morì. Silvia, che in realtà sarebbe lo pseudonimo di Teresa Fattorini, la figlia del cocchiere di casa Leopardi, morì nel 1818 per tisi polmonare. Non sappiamo se Giacomo fosse innamorato di Teresa, ma dai versi che le dedica sembra proprio che fosse così. Lei popolana, lui nobile; lei spensierata e semplice, lui sempre chino sui libri, nella sua biblioteca.

Ma ad accomunarli la stessa esuberanza e la stessa identica voglia di vivere e di felicità. Felicità spezzata dalla morte prematura di Silvia, che a soli 16 anni abbandona il mondo terrestre, diventando uno degli emblemi della sofferenza che costella la poetica leopardiana.

Silvia rappresenta per Leopardi il desiderio di amore della propria giovinezza. In moti critici affermano che la figura di Silvia, è ideale da parte del poeta, anche perché nella poesia non c’è una rappresentazione fisica della stessa.

È l’amata spirituale, è la Beatrice di Dante che accompagna il “sommo poeta” nel Paradiso della sua Divina Commedia.

Scopri “A Silvia” (1828), la poesia di Giacomo Leopardi sulle fine della speranza e della felicità

Giacomo Leopardi

Giacomo Leopardi nasce il 29 giugno 1798 a Recanati, da una delle più nobili famiglie del paese. Affidato sin dalla giovane età alle cure di un precettore, Giacomo si rivela un bambino prodigio: a dieci anni riesce a tradurre all’impronta testi classici greci e latini.

È nel 1816 che Giacomo si appassiona finalmente alla poesia e invia i suoi primi versi a Pietro Giordani, che subito lo incoraggia a proseguire nell’attività. Da questo momento, Giacomo Leopardi compone moltissime opere, fra le più diverse: lo “Zibaldone di pensieri”, il diario che raccoglie le impressioni e gli appunti dell’autore sin dall’inizio della sua produzione, le “Operette morali”, le trentasei liriche inserite nella raccolta de “I Canti”.

Il poeta di Recanati moriva a Napoli il 14 giugno del 1837. Da quel giorno di fine primavera a oggi sono passati quasi 200 anni, ma la forza della sua poesia non si è mai indebolita e continua a toccare le corde più profonde dei nostri cuori.

Amato da generazioni di studenti, Leopardi ha fatto breccia nel cuore di giovani e adulti, grazie alla sua capacità straordinaria di parlare della vita, delle inquietudini dell’animo, di cogliere gli aspetti più reconditi della realtà.

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