I versi finali del Le Metamorfosi di Ovidio rappresentano una straordinaria dichiarazione di immortalità letteraria e di aspirazione all’eternità. Scritti dall’autore in esilio, in un periodo di profondo dolore e di riflessione sulla sua esistenza, questi versi concludono un’opera monumentale che ripercorre la storia del mondo dalla creazione fino alla trasformazione di Giulio Cesare in una stella.
Ovidio si rivolge alla sua stessa opera e al suo destino come poeta, confidando nella potenza eterna delle parole e nella sopravvivenza della sua fama attraverso i secoli.
“Quando vorrà, venga pure quel giorno, che solo sul corpo
ha potere, e ponga fine al corso della mia vita incerta:
con la parte migliore di me stesso volerò in eterno
ben oltre gli astri e il nome mio indelebile rimarrà.
E ovunque su terre assoggettate si estende il potere di Roma,
la gente mi leggerà e, se qualche verità è nel presentimento
dei poeti, di secolo in secolo per la mia fama vivrò.”
Ovidio, poeta coltissimo che renderà immortali le sue “Metamorfosi”
Quando Ovidio scrive “venga pure quel giorno, che solo sul corpo ha potere, e ponga fine al corso della mia vita incerta”, sta riconoscendo la mortalità fisica, ma rivendica anche l’immortalità dell’arte. Qui, egli sembra rassegnato alla fine del proprio corpo e, al tempo stesso, è consapevole che la sua anima, o meglio, la sua essenza creativa, troverà un’ulteriore vita attraverso la sua opera. Questa distinzione tra corpo e spirito rispecchia un tema classico della cultura latina e greca, in cui l’immortalità poteva essere raggiunta non solo attraverso gesta eroiche, ma anche attraverso la creazione di un’opera che durasse nel tempo.
Ovidio, infatti, afferma: “con la parte migliore di me stesso volerò in eterno ben oltre gli astri”. La “parte migliore” di sé non è il corpo destinato a perire, ma la mente, la creatività, l’immaginazione. Egli si identifica con il prodotto del suo intelletto, con ciò che ha plasmato attraverso la sua poesia, e prevede che essa supererà i limiti fisici della sua esistenza, librandosi oltre il tempo e lo spazio, “ben oltre gli astri”.
In un’epoca come quella di Ovidio, l’onore e la fama rappresentavano una delle poche forme di immortalità riconosciute. Per un poeta, la fama significava continuare a vivere nella memoria delle generazioni future. Ovidio si dichiara convinto che “ovunque su terre assoggettate si estende il potere di Roma, la gente mi leggerà”. È una frase che esprime la sua fiducia nella diffusione della cultura romana e nella capacità dell’impero di conservare e diffondere le sue opere. La Roma di Ovidio era un impero potente, il cui dominio si estendeva su gran parte del mondo conosciuto, e in questo senso egli si affida alla grandezza della città eterna per assicurarsi una vita eterna.
Questa proiezione verso il futuro, questo desiderio di “vivere di secolo in secolo” nella fama, rivela un tratto universale dell’essere umano: la volontà di lasciare una traccia, di non scomparire del tutto con la morte fisica. Ovidio, consapevole dell’impermanenza del corpo, si affida quindi all’impermanenza della parola e della poesia, credendo che queste abbiano il potere di sfidare il tempo.
Il ruolo del poeta come profeta e creatore
Ovidio conclude dicendo “e, se qualche verità è nel presentimento dei poeti, di secolo in secolo per la mia fama vivrò”. Questo verso è particolarmente interessante, poiché attribuisce ai poeti una sorta di capacità profetica. I poeti, secondo Ovidio, hanno una sensibilità particolare che permette loro di vedere oltre il presente, di intuire qualcosa del futuro. Il “presentimento” a cui fa riferimento non è soltanto un augurio, ma quasi una certezza: la convinzione che la poesia, se ben realizzata, possa effettivamente garantirgli una sorta di immortalità.
Ovidio si colloca, quindi, in una tradizione di poeti e pensatori che vedevano nella creazione artistica una forma di potere quasi divino. Così come le divinità romane trasformano uomini ed eroi in stelle nel corso delle Metamorfosi, anche il poeta ha il potere di trasformare se stesso in un’entità eterna, destinata a brillare nei cieli della letteratura.
Ovidio e l’immortalità attraverso la letteratura
La profezia di Ovidio si è avverata. Le Metamorfosi sono state lette e studiate per secoli e continuano a essere una fonte di ispirazione per artisti, scrittori, studiosi e lettori di tutto il mondo. La sua opera ha resistito al tempo, alle mode, ai cambiamenti culturali, confermando la sua intuizione di fondo: le parole possono sopravvivere alla morte del corpo e viaggiare attraverso i secoli.
L’immortalità letteraria di Ovidio è un esempio di come la letteratura possa trascendere i confini fisici e temporali, di come le idee possano continuare a vivere anche quando il loro autore non è più presente. Questo desiderio di durare oltre la morte, che accomuna molti autori, diventa in Ovidio una profezia compiuta, una vittoria sul tempo che solo l’arte può garantire.
Il significato delle Metamorfosi e il lascito di Ovidio
Le Metamorfosi rappresentano non solo una summa mitologica della cultura classica, ma anche un’opera profondamente innovativa e personale, in cui Ovidio ha riversato la propria sensibilità, il proprio umorismo, la propria visione della vita. Il tema della trasformazione, centrale nell’opera, non riguarda solo i personaggi mitologici, ma anche l’autore stesso, che attraverso la scrittura si trasforma e diventa eterno.
In questo senso, le Metamorfosi non sono solo un capolavoro della letteratura latina, ma anche una riflessione sul potere della poesia e dell’arte di modellare la realtà e di sfidare la morte. Quando Ovidio afferma che volerà oltre gli astri e vivrà nella fama, non sta semplicemente esprimendo un desiderio personale, ma sta delineando una visione universale: quella dell’arte come strumento di eternità, come mezzo per lasciare una traccia indelebile nel mondo.
I versi finali delle Metamorfosi di Ovidio sono un’autentica dichiarazione di immortalità, una rivendicazione del potere della poesia di sopravvivere al tempo e alla morte. Ovidio ci ricorda che, anche quando tutto sembra destinato a perire, le parole e le opere d’arte possono continuare a vivere, portando con sé un frammento dell’anima di chi le ha create. La sua profezia si è avverata, e oggi, più di duemila anni dopo, Ovidio continua a vivere “di secolo in secolo” attraverso le sue parole, confermando la potenza eterna della letteratura e della creatività umana.