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“La fila alle poste” di Chiara Valerio: un giallo esistenziale tra Scauri e l’anima

“La fila alle poste” di Chiara Valerio è un romanzo intenso che vive di misteri di provincia, enigmi interiori e una scrittura vibrante che fa riflettere e restare.

Quando una fila agli sportelli diventa occasione di introspezione, tu non puoi che fermarti a leggere. “La fila alle poste”, il nuovo romanzo di Chiara Valerio (Sellerio, giugno 2025), è questo meraviglioso paradosso: un giallo che non punta allo spettacolo, ma alla profondità del quotidiano e del desiderio umano. È un invito a guardare oltre lo sportello, dove accanto ai bigliettini numerati si nasconde l’anima di ognuno.

“La fila alle poste” di Chiara Valerio

La trama del romanzo

Tre anni dopo gli eventi raccontati in “Chi dice e chi tace”, l’avvocatessa Lea Russo torna a Scauri—tra Roma e Napoli—in un finale d’autunno che profuma d’inverno.

L’ultimo lunedì del mese, proprio il giorno del suo quarantatreesimo compleanno, una notizia la investe con la forza di un’onda: una bambina, Agata Palmieri, viene trovata uccisa, mentre la mamma stava preparando la zuppa di pesce. È un colpo secco, che rompe la quiete della filiale e della sua mente.

Le autorità sembrano certe, ma qualcosa pulsa nell’invisibile: rimarranno dubbi, sospiri, ossessioni. Chiara Valerio, con voce ironica e profonda, costruisce un romanzo che potrebbe apparire come giallo, ma è innanzitutto introspezione – una “storia di amore poliziesco”, come la definiscono, perché qui non si indaga solo il colpevole, ma un desiderio latente che segna tutte le vite coinvolte.

La provincia diventa teatro e specchio: gli sguardi si incrociano, le voci non dette pesano quanto i segreti. Il furto di vongole, la luce pallida della spiaggia deserta, le vite che si incontrano e si ignorano – tutto amplifica una tensione fatta di corpi e silenzi.

Una rappresentazione del paese-mondo

Concita De Gregorio, in una recensione su La Repubblica, parla di “musica sinfonica” nella scrittura di Chiara Valerio – lenta nel parlato, densa e limpida nella prosa. Questa doppia anima traspare anche in “La fila alle poste”: l’autrice dialoga finemente con quel senso comune che scorre lento tra uffici e affetti, e poi scocca momenti di accelerazione emotiva.

Chiara Valerio stessa, in presentazioni come quella tenutasi a Milano con Marco Missiroli, ha raccontato di un incontro tra il “vorticoso paese-mondo” e la luce interiore della protagonista: una leggerezza che non dimentica intensità.

L’autrice conferma che scrivere è sempre guardarsi scrivere, riflettere sui dubbi, senza paura di mettere i tentennamenti in prima pagina. Ed è forse questo che rende il libro originale: un omaggio al mistero, sì, ma soprattutto alle nostre contraddizioni e alle responsabilità che ci rendono umani.

Una trama avvolgente e stratificata

Il plot – tragico e lineare – è solo la superficie. A nutrire “La fila alle poste” sono vite e pensieri avvolti come in un caleidoscopio. Magiche sono le figure femminili: donne anziane, suore, madri e figlie che vivono come presenze sotterranee eppure esplosive.

Vittoria, defunta tre anni prima, per Lea è memoria, energia, febbrile novità: un’offerta di “eccitazione che va cercata altrove”.

In città si spargono illazioni, la comunità osserva e sussurra – e Valerio racconta tutto ciò con delicatezza, come ricorda Annalisa Cuzzocrea, sempre su La Repubblica: “si scopre tanto dell’essere figlie e dell’essere madri, dell’essere compagni… rivali oppure complici”. Il crimine ha un movente apparente, ma il vero assassino è l’inquietudine, il desiderio non nominato, la verità che stride nella coscienza di Lea.

La fila alla posta diventa così luogo di attesa e rivelazione: mentre il numero scorre, ognuno custodisce il proprio bagaglio di segreti. È qui, nel silenzio tra due sguardi, che germoglia il senso del libro. Chiara Valerio non ha paura di portare i dubbi in cima alla narrazione: lascia che ci abitino, e impara a conviverci.

Perché leggerlo (e ascoltarlo davvero)

In un panorama editoriale che sembra fatto di titoli urlati e storie immediate, “La fila alle poste” è un richiamo alla lentezza consapevole. Non è un giallo urlante, ma un giallo-sentimento. Non sacrifica la tensione, ma la intreccia con momenti di tenerezza, con pensieri che sfiorano la filosofia senza imporla.

Se analizziamo gli algoritmi odierni, notiamo che premiano articoli e libri che offrono contenuti originali, voci autorevoli e una capacità di sorprendere. Ecco: questo romanzo incarna esattamente il contrario della sicurezza consumistica.

È un libro che spiazza, che chiede di rallentare, di sentire. Perfetto per chi cerca una narrazione immersiva, ben scritta, capace di rimanere dentro anche quando la fila è finita.

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