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“Un gatto che dorme il pomeriggio” (1999), la singolare poesia di Patrizia Cavalli sull’amore

Con un’immagine singolare, Patrizia Cavalli ci guida attraverso una visione diversa dell’amore. La poesia si intitola “Un gatto che dorme il pomeriggio”.

Un gatto che dorme il pomeriggio” è una singolare poesia di Patrizia Cavalli che, partendo dalla descrizione di un momento caldo e avvolgente di vita domestica, giunge a una profonda riflessione sul significato di amare.

“Un gatto che dorme il pomeriggio” di Patrizia Cavalli

Un gatto che dorme il pomeriggio
nel larghissimo letto padronale
in un punto qualunque, però comodo,
che si sveglia in un’ora qualunque
perché qualcuno passa e lo carezza,
non si sveglia del tutto né si chiede
chi è che lo carezza, ma si sporge
dal sonno solo un po’
per stirarsi in arrendevole lunghezza
perché duri di più quella carezza.
Forse così potrebbe essere l’amore.

Il significato di questa poesia

Dove leggere “Un gatto che dorme il pomeriggio”

Patrizia Cavalli è una delle voci poetiche più intense e originali della letteratura italiana contemporanea, capace di trasformare il quotidiano in una materia di rara bellezza e profondità.

La sua poesia “Un gatto che dorme il pomeriggio” è racchiusa all’interno della raccolta “Sempre aperto teatro“, pubblicata nel 1999 e disponibile alla lettura sia singolarmente nella collana Einaudi poesia, sia insieme ad altri versi essenziali dell’autrice all’interno de “Il mio felice niente”.

In “Sempre aperto teatro” la poetessa continua il suo viaggio nell’animo umano, tra desideri, paure e slanci emotivi, senza mai perdere quella leggerezza che è cifra stilistica della sua opera.

“Sempre aperto teatro” è un luogo di incontri, di pensieri fugaci e di riflessioni, un palcoscenico in cui le emozioni si esprimono con parole precise eppure capaci di spalancare mondi. E tra questi mondi, la poesia dedicata al gatto che dorme emerge come una delicata metafora, un quadro di dolcezza che si carica di significato.

Lo stile della poesia

In questi versi, Patrizia Cavalli ci regala una scena semplice e quotidiana: un gatto che dorme, mollemente disteso su un letto padronale, che si risveglia appena quando una mano lo accarezza. La poetessa cattura la naturalezza del gesto, la dolcezza di quel risveglio parziale, il piacere che il gatto prova nel lasciarsi sfiorare.

La descrizione è precisa ma al tempo stesso leggera, perché non si limita a raccontare l’azione, ma riesce a trasmetterne il calore, la morbidezza.

Le immagini sono visive e tattili, ci parlano del pelo morbido del gatto, della sua arrendevole lunghezza quando si stira. Ogni verso sembra accarezzare a sua volta il lettore, accompagnandolo in un’atmosfera di quiete.

Un amore diverso

Ma è nell’ultimo verso che la poesia si trasforma e ci svela il suo intento: “Forse così potrebbe essere l’amore”.

Una frase semplice, quasi sussurrata, che cambia la prospettiva dell’intero testo.

Il gatto che dorme, che si lascia accarezzare senza domandarsi chi lo sfiora, diventa metafora di un modo di vivere l’amore: senza pretese, senza domande, abbandonandosi al piacere del contatto, alla tenerezza di un gesto che non ha bisogno di spiegazioni.

Patrizia Cavalli ci parla di un amore che non è possesso, che non è tormento, ma presenza dolce e accogliente. È l’amore come disponibilità, come abbandono alla carezza del momento. Ed è una visione sorprendente per la sua semplicità e la sua profondità: l’amore è qui, in quel tocco delicato, in quel risveglio appena accennato.

La poesia ci invita a ripensare l’amore non come qualcosa da inseguire o da capire, ma come qualcosa da vivere, come un atto di fiducia e di dolce abbandono.

Patrizia Cavalli

Patrizia Cavalli è stata una voce luminosa e imprevedibile nel panorama della poesia italiana del secondo Novecento, una donna che ha saputo fare della parola un gesto d’amore, di ribellione, di ironica meraviglia.

Nata a Todi nel 1947 e trapiantata a Roma, ha abitato la lingua con una grazia tagliente, raccontando il quotidiano con uno sguardo che sapeva trasformare l’attimo in eternità.

Le sue poesie, leggere come piume e potenti come rivelazioni, parlano di desiderio, di assenza, di corpi e di pensieri che si rincorrono — sempre con un’intelligenza limpida, una sensualità mai compiaciuta, e un’ironia che spiazza e consola.

Cavalli ha dato voce alla libertà dell’essere, al diritto di amare senza chiedere permesso, all’arte come necessità vitale. Nei suoi versi, anche il dolore prende forma lieve, come se fosse possibile danzare perfino nella malinconia.

Ha saputo farsi ascoltare persino da chi non amava la poesia, perché la sua voce era semplice e sofisticata insieme, quotidiana ma vertiginosa. È scomparsa nel 2022, ma resta tra le righe che ha lasciato, tra le pause e i respiri dei suoi libri: viva, audace, e infinitamente umana.

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