Ci sono vite che sembrano romanzi scritti da un autore crudele, pronto a infliggere colpi di scena, cadute e tormenti. Paul Verlaine ne fu protagonista. Poeta, insegnante, marito infelice, amante maledetto e spirito errante, fu uno degli autori simbolo di quel decadentismo francese che non sapeva, e non voleva, distinguere tra arte e distruzione. Nel libro Scrittori maledetti di Santiago Posteguillo, edito da Piemme, la sua figura emerge tra fiamme e rovine, tra genio e sregolatezza, tra versi luminosi e scelte autodistruttive. Una vita che sembra un monito e al tempo stesso un inno: a vivere, a scrivere, a perdersi, forse.
Curiosità su Paul Verlaine: Lo sapevi che…
Fu nominato “principe dei poeti” a Parigi nel 1894, quando era già in rovina, malato e povero.
Rifiutò spesso l’accademia: fu insegnante e funzionario, ma la sua vera scuola fu la strada.
Scrisse versi anche in carcere, dove ritrovò la fede cattolica per un periodo.
Il suo legame con Rimbaud ispirò romanzi, film e graphic novel, tra cui Poeti all’inferno con Leonardo DiCaprio.
Morì solo e dimenticato nel 1896, ma è oggi sepolto nel cimitero dei grandi: il Cimetière des Batignolles.
Paul Verlaine e la vita difficile di un poeta maledetto
Verlaine oggi ci appare come un avvertimento e una consolazione. Non ci insegna a vivere bene, ma a vivere comunque, scrivendo anche tra le macerie. Con Scrittori maledetti, Santiago Posteguillo ci restituisce il volto più umano, e per questo eterno, della letteratura: quello in cui le parole cercano di salvare, anche quando è troppo tardi. E forse proprio per questo brillano di più.
L’allievo e il carnefice: la storia con Rimbaud
Impossibile parlare di Verlaine senza evocare il suo legame con Arthur Rimbaud. Il poeta diciassettenne entrò nella sua vita come un fulmine: giovane, impertinente, geniale. Verlaine lo accolse a casa sua, lo amò, lo seguì in un viaggio tra Bruxelles, Londra e l’abisso. I due formarono una coppia distruttiva: si alimentavano di parole e di alcool, di sberleffi e di carezze taglienti. Fino a che Verlaine, disperato per un amore che gli sfuggiva, gli sparò. Non lo uccise, ma finì in carcere.
Quell’episodio, raccontato da Posteguillo con ritmo e passione da romanziere, è uno dei punti di svolta della sua parabola. In carcere Verlaine si converte al cattolicesimo, scrive alcune delle sue poesie più profonde, come le Sagesse. Ma non smette mai davvero di essere un irregolare.
Verlaine e il fascino della rovina
La grandezza di Verlaine non sta solo nella sua poesia — che tocca il cuore con un lessico semplice, fatto di malinconia, pioggia e silenzi, ma nella sua stessa esistenza. È stato un artista che ha trasformato la caduta in estetica, che ha saputo rendere poetico il fallimento, il tradimento, l’errore. Ha fatto della debolezza un gesto letterario.
Posteguillo lo racconta come “uno scrittore bruciato due volte”: prima dalla società, poi da se stesso. Un uomo che visse ai margini, spesso letteralmente, nei vicoli, nei bordelli, nelle bettole, ma che sapeva creare meraviglie dal fango. Tra i suoi versi più celebri c’è Il pleut dans mon cœur comme il pleut sur la ville (“Piove nel mio cuore come piove sulla città”), una delle immagini più struggenti mai scritte del dolore quotidiano.
La voce dolente della modernità
Verlaine è uno degli autori che ci parlano ancora oggi, perché il suo sguardo sul mondo è già moderno: non assoluto, non trionfale, ma frantumato. Scrive come si respira in una stanza chiusa: con fatica, ma con necessità.
In Scrittori maledetti, Posteguillo sottolinea come Verlaine sia stato anche un esempio di quanto la società possa essere feroce con chi non si adegua: incarcerato per la sua relazione con Rimbaud, emarginato, ridotto in miseria, deriso. Ma sempre, ostinatamente, poeta.
Una poesia che sopravvive al caos
Nonostante tutto, i fallimenti, le dipendenze, l’autodistruzione, i versi di Verlaine restano. Le sue raccolte, da Romances sans paroles a Fêtes galantes, sono letture immortali. Le sue parole sono delicate come il vetro e taglienti come un rasoio. Parlano dell’amore e della sua perdita, della sensualità e della desolazione. Sono poesia pura, che ha saputo attraversare secoli e convenzioni.