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“Poesia 14” (1971) di Eugenio Montale, il canto di un poeta salvato dall’amore

Un amore che “non è più forma, ma essenza”, un amore che salva: questo canta Eugenio Montale nella poesia n.14 di “Satura”.

Eugenio Montale ha scritto moltissime poesie. Le sue raccolte, ricche e numerose, affrontano una varietà di temi in una varietà di forme diverse. Quella che scopriamo oggi, appartenente alla sua produzione più matura, è un inno all’amore e, in particolare, alla donna da lui amata, Drusilla Tanzi. È la “Poesia 14”.

“Poesia 14” di Eugenio Montale

Dicono che la mia
sia una poesia d’inappartenenza
Ma s’era tua era di qualcuno:
di te che non sei più forma, ma essenza.
Dicono che la poesia al suo culmine
magnifica il Tutto in fuga,
negano che la testuggine
sia più veloce del fulmine.
Tu sola sapevi che il moto
non è diverso dalla stasi,
che il vuoto è il pieno e il sereno
è la più diffusa delle nubi.
Così meglio intendo il tuo lungo viaggio
imprigionata tra le bende e i gessi.
Eppure non mi dà riposo
sapere che in uno o in due di noi siamo una cosa sola.

Il significato di questa poesia

Dove leggere “Poesia 14”

A differenza di altre raccolte poetiche di Eugenio Montale, Satura si caratterizza per una varietà di temi e forme. È stata pubblicata nel 1971 e si articola in quattro sezioni diverse: Xenia I e Xenia II sono dedicate alla moglie ormai scomparsa, Drusilla Tanzi, e al suo ricordo.

Satura I e Satura II, invece, si caratterizzano per la portata satirica dei versi, oltre che per il loro contenuto più socio-politico-culturale. Xenia I, i cui componimenti sono numerati senza titolo, è la sezione da cui è tratta la poesia che abbiamo appena letto, la numero 14, appunto.

Legame indissolubile e ispirazione poetica

Sono sedici versi di lunghezza diversa in cui le assonanze e le consonanze consentono grande fluidità. Fluidità di cui è permeato anche il pensiero dell’autore, che si trova a riflettere sul senso della vita, sul valore che essa aveva quando la sua amata era ancora presente ma, soprattutto, sul legame indissolubile che li lega l’uno all’altro, anche ora che lei non c’è più.

La poesia di Montale è stata definita da più di qualcuno una poesia di “inappartenenza”. Ed è vero. Ma se proprio egli dovesse legarla a una persona, questa sarebbe senza ombra di dubbio Drusilla, la sua adorata “Mosca”, che prima era “forma”, essere definito in un mondo indefinito, e che ora è “essenza”, sostanza di giorni che non passano senza il pensiero di lei, del suo modo di vivere la vita, del suo modo di vedere le cose con occhi attenti e disposti alla verità.

L’amore e la poesia

Insieme a Drusilla, protagonista di questi versi è la poesia stessa, che tante volte, insieme alla presenza della donna amata, ha costituito l’unico appiglio, l’unica àncora di salvezza per resistere al reale.

La poesia, che è capace di incanalare il “tutto in fuga”, di renderlo eterno nell’inchiostro e nella carta, non è diversa dalla moglie che sapeva “che il moto non è diverso dalla stasi, che il vuoto è il pieno e il sereno è la più diffusa delle nubi”.

Sembra quasi che Eugenio Montale canti, nella sua poesia, la visione di Drusilla, che egli sia la penna prestata alla mente della donna, e che con questi versi egli tenti di imprigionare la fuggevole essenza della moglie per l’eternità.

I versi finali di “Poesia 14” scivolano, introdotti da un “così” che sa di conclusione e di presa di coscienza, nella malinconia dell’assenza e della nostalgia.

Perché, sebbene l’autore Montale capisca e colga ispirazione per i suoi versi dall’amore, ormai unilaterale, per la “Mosca”, l’uomo Eugenio non si dà pace, perso nell’assenza di un talismano necessario per sopravvivere, di una persona che era tutto, e che ora non c’è più.

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