C’è una certa inclinazione di luce di Emily Dickinson è un poesia che offre una rappresentazione sensoriale del dolore che spinge ad una riflessione sulla natura profonda della disperazione che colpisce l’anima.
Quando la gelida luce della sofferenza fa sentire i suoi effetti le conseguenze diventano sconvolgenti per la mente e per il fisico, genera un vuoto assoluto che spinge verso l’abisso assoluto dell’esistenza. Una poesia utile per condividere cosa si prova quanto l’infelicità prende il sopravvento e per certi versi controllarne gli effetti, nella convinzione che la luce cambierà sicuramente la sua inclinazione.
There’s a certain Slant of light fu scritta nel 1861 e fa parte della raccolta The Poems of Emily Dickinson, curata da Thomas Herbert Johnson e pubblicata nel 1955.
Leggiamo questa originale e profonda poesia di Emily Dickinson per coglierne il significato.
C’è una certa inclinazione di luce di Emily Dickinson
C’è una certa inclinazione di luce,
i pomeriggi d’inverno —
che opprime, come il peso
di musiche di cattedrale —Una ferita celeste, ci apporta —
non ne troviamo cicatrice,
ma un’interna differenza,
dove stanno i significati —Nessuno può insegnarla — altrui —
è il sigillo della disperazione —
un’imperiale afflizione
inviataci dall’aria —Quando viene, il paesaggio ascolta —
le ombre — trattengono il fiato —
quando va, è come la distanza
nell’aspetto della morte –
There’s a certain Slant of light, Emily Dickinson
There’s a certain Slant of light,
Winter Afternoons –
That oppresses, like the Heft
Of Cathedral Tunes –Heavenly Hurt, it gives us –
We can find no scar,
But internal difference,
Where the Meanings, are –None may teach it – Any –
‘Tis the Seal Despair –
An imperial affliction
Sent us of the Air –When it comes, the Landscape listens –
Shadows – hold their breath –
When it goes, ‘tis like the Distance
On the look of Death –
Emily Dickinson dà voce al dolore dell’anima
C’è una certa inclinazione di luce è una poesia di Emily Dickinson che guida in un viaggio interiore che offre un’interpretazione lucida delle sensazioni che generano le zone d’ombra dell’anima, quella in cui dolore sconvolge ed emoziona in modo sconvolgente.
È una poesia che parla direttamente a chi ha conosciuto il silenzio della malinconia, la solennità della solitudine, il peso invisibile della rivelazione.
In questa poesia di Emily Dickinson, che si compone di 4 strofe, la protagonista principale è proprio la luce del primo verso, che dà anche il titolo al componimento. Si tratta di una luce strana, che appare solo nei bui pomeriggi invernali. È un bagliore opprimente, che pesa sullo sguardo e sulle cose come pesano le “musiche di cattedrale”, che con l’organo riempiono asfissianti l’atmosfera.
Intuiamo subito che questa “certa inclinazione di luce” è metafora di qualcos’altro, di un sentimento che si diffonde nell’animo dell’autrice e che la opprime tanto quanto la luce invernale.
Ciò che colpisce è che il componimento è quasi un’ode al dolore, un modo per esorcizzarlo e accettarlo, perché anch’esso, come l’inverno e il suo buio, è parte integrante della natura. Perché cercare di allontanarlo, allora? Non resta che viverlo e aspettare che passi, come passano le stagioni, come si alternano i mille volti della luce.
I versi che toccano l’anima
Emily Dickinson nei suoi versi ci svela che c’è una luce che non illumina, ma incombe. Non è la luce che scalda, ma quella che ci mette di fronte a ciò che siamo, senza difese. I pomeriggi d’inverno, con la loro calma sospesa, diventano lo spazio in cui l’anima avverte qualcosa di invisibile ma profondo.
È un dolore spirituale, che non lascia segni visibili. Ma chi l’ha provato, lo riconosce. Dickinson ci mostra quanto siano forti i dolori che non si vedono, quelli che segnano l’interiorità.
L’afflizione è nobile, “imperiale”: è come se fosse inviata da un potere superiore, ineluttabile. È il peso della coscienza, il momento in cui la vita si rivela nella sua fragilità e profondità.
Il mondo stesso si ferma, in silenzio. Le ombre diventano testimoni di qualcosa che ci supera. È quel momento sospeso in cui capiamo di essere in contatto con qualcosa di più grande, eppure dolorosamente intimo.
Una poesia sulla consapevolezza invisibile
Questa poesia è un inno alla trasformazione interiore. Non racconta una storia, ma un sentimento. Emily Dickinson ci dice che la vera comprensione della vita non arriva con rumore, ma con una luce inclinata, silenziosa, che attraversa l’anima come un sussurro divino e crudele insieme.
Un invito a non avere paura del dolore che ci cambia, a riconoscere quelle ferite che, pur invisibili, sono il luogo in cui nascono nuovi significati.
Emily Dickinson
La poetessa statunitense Emily Dickinson nacque il 10 dicembre 1830 ad Amherst, una cittadina del Massachusetts, da una famiglia di estrazione borghese e di solidi principi puritani. Il clima familiare era molto rigido e soprattutto il padre assumeva atteggiamenti austeri e severi con i figli.
Il temperamento insofferente e individualista portò Emily Dickinson a distaccarsi dalla religione di famiglia e a compiere viaggi a Boston e a Filadelfia. Ritornata nella città natale iniziò un progressivo ritiro nella casa paterna, dove visse per i successivi trent’anni, quasi in clausura, non uscendo addirittura più dalla camera da letto e comunicando con gli amici e i familiari attraverso le pareti della camera, poi, attraverso affettuosi bigliettini che inviava loro.
Paradossalmente, però, quei muri che la escludevano dal contatto fisico con il mondo esterno finirono per diventare vetri trasparenti dai quali guardare al mondo con occhio limpido e curioso, e fu in quella situazione di volontario isolamento che Emily Dickinson prese a rifugiarsi nella contemplazione della natura, nella meditazione sul senso della vita e, soprattutto a partire dal 1860, nella composizione di versi.
Scrisse 1775 poesie, delle quali solo sette furono pubblicate mentre era in vita e senza il suo consenso. Sarà la sorella, dopo la morte della scrittrice (15 maggio 1886), a trovare chiuse in un cassetto le sue liriche, scritte su piccoli fogli, cuciti a mano a formare un libriccino segreto. Le poesie, così come le numerose lettere, furono pubblicate postume.