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“Io qui vagando” (1835) di Leopardi, poesia sul potere dell’innamoramento

Cosa si prova quando ci si innamora? Scoprilo con "Io qui vagando", la poesia del giovani Leopardi che scopre il desiderio per la cugina Geltrude Cassi.

Io qui vagando di Giacomo Leopardi è una poesia che mette in scena la sofferenza che può creare l’amore, quello stato di incontrollata disperazione che può creare il desiderio di un amore impossibile.

La poesia, come fu anche Primo amore (i due componimenti hanno la stessa nascita), prende vita dall’innamoramento del diciannovenne poeta, per la ventiseienne cugina Geltrude Cassi, sposata col cinquantasettenne Giovanni Giuseppe Lazzari. Quella figura femminile scatena le pulsioni del poeta, soprattutto dopo la partenza della donna, che danno vita ai versi della poesia.

Io qui vagando ebbe una prima stesura nel dicembre del 1817 ed  è il XXXVIII dei Canti di Giacomo Leopardi, fa parte dei tre Frammenti in coda alla celebre raccolta del poeta di Recanati.

Leggiamo questa breve ma intensa poesia di Giacomo Leopardi per viverne l’atmosfera e le emozioni del poeta.

Io qui vagando di Giacomo Leopardi

Io qui vagando al limitare intorno,
Invan la pioggia invoco e la tempesta,
Acciò che la ritenga al mio soggiorno.

Pure il vento muggia nella foresta,
E muggia tra le nubi il tuono errante,
Pria che l’aurora in ciel fosse ridesta.

O care nubi, o cielo, o terra, o piante,
Parte la donna mia: pietà, se trova
Pietà nel mondo un infelice amante.

O turbine, or ti sveglia, or fate prova
Di sommergermi, o nembi, insino a tanto
Che il sole ad altre terre il dì rinnova.

S’apre il ciel, cade il soffio, in ogni canto
Posan l’erbe e le frondi, e m’abbarbaglia
Le luci il crudo Sol pregne di pianto.

Gli effetti dell’innamoramento in un film di parole

In Io qui vagando, Giacomo Leopardi riesce a trasferire l’incontrollabile pulsare delle emozioni del poeta. Il genio marchigiano non comprende cosa stia accadendo al suo animo, alla sua psiche.

D’istinto reclama che la natura, le forze devastanti del meteo, affinché la donna di cui si è innamorato possa restare bloccata nella casa paterna, affinché possa ancora rimanere vicino alla sua vista. 

Come nasce Io qui vagando, il XXXVIII dei Canti

La donna è la cugina Geltrude Cassi arrivata con il marito a Recanati, per collocare la figlioletta in un educandato. saranno ospiti a “Casa Leopardi” per quattro giorni, da giovedì 11 a domenica 14 dicembre 1817. Bastano quei pochi giorni ad infiammare il cuore del giovane Leopardi, che scopre delle emozioni fino ad allora mai sperimentate.

Alla partenza di Geltrude, proprio la mattina dopo che poeta racconta nella poesia, Leopardi inizia a scrivere il Diario del primo amore, nel periodo tra il 14 e il 23 dicembre. In parallelo, tutto quel travaglio interiore lo spinge a scrivere l’Elegia I (14-16 dicembre).

Il ritorno di Geltrude alla fine del 1818 stimola ancora il poeta a rimettere mani al lavoro e genera Elegia II. Le due “Elegie” vedono la luce nell’edizione bolognese dei Canti del 1826. La pubblicazione fiorentina della raccolta del 1831 salva solo la prima, che assume il titolo definitivo de Il primo amore. La successiva edizione napoletana dei Canti del 1835 recupera le cinque terzine della seconda “Elegia” e diventano Io qui vagando.

Le incontrollabili pulsioni di quando ci si innamora

La poesia di Giacomo Leopardi sembra filmare cosa accade quando si vive l’innamoramento. Leggendo i versi si avverte lo squilibrio sconcertante del suo autore. Non riesce a decifrare cosa gli stia accadendo, ma, in lui c’è la speranza che quella tempesta interiore possa bloccare la partenza della desiderata cugina.

È palese la sua disperazione, in chiave puramente romantica, l’ambiente che lo circonda è l’immagine della sua anima. Invoca pioggia, persino la tempesta, affinché lei non possa partire.

Il poeta entra in simbiosi con la natura che lo circonda, un’immensa energia sembra scatenarsi nella sua stanza e nello spazio che avvolge la sua finestra. Anche il vento e e il tuono contribuiscono ad esprimere iol suo tormento interiore. Ma, il meteo continua a non essere un problema, ma la speranza.

Giacomo Leopardi appare implorante che possa venire giù tutto, compreso il cielo. Emerge tutta la sua impotenza man mano che le ore della notte passano e il nuovo giorno sta per iniziare. Il sole non è così desiderato, il suo arrivo segna l’ora del risveglio dell’amata Geltrude e dei preparativi della partenza.

Il giovane Leopardi conclude la sua poesia prendendo coscienza che la tempesta, la pioggia, il vento lo hanno tradito. Le prime luci9 del giorno iniziano a mostrare un’atmosfera diversa. Tutto sembra essersi calmato, e questo toglie ogni speranza, l’amata cugina lascerà Casa Leopardi.

La calma che arriva dalle ore insonni, identificano da un lato la stanchezza emotiva dl poeta e dall’altro la rassegnazione espressa dal pianto del verso finale.

Io qui vagando è una poesia densa di malinconia, le immagini potenti della natura in tempesta sono la metafora perfetta per denunciare l’incomprensibile tormento. È chiaro che il poeta esprime in modo chiaro il “primo amore” quello che fa perdere la testa e fa fare delle cose assurde.

La sua grandezza è che è riuscito a donarci la rappresentazione in lettere di uno stato d’animo. In più, ciò che colpisce è l’indifferenza del mondo esterno alla sua disperazione, che rispecchia il pensiero leopardiano.

Il pessimismo del poeta emerge anche in questa poesia. Il poeta è solo e impotente, desidera che la natura agisca in suo favore, ma essa rimane indifferente.

Il contrasto tra il tumulto interiore e la quiete esteriore è un tema tipico di Leopardi. L’ultimo verso evidenzia come il dolore umano non abbia alcun effetto sul corso della natura, che continua il suo ciclo incurante della sofferenza individuale.

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