Carpe diem ovvero “Cogli il giorno”, o come è poi diventata “Cogli l’attimo” di Quinto Orazio Flacco è un’ode che invita a vivere l’esistenza in modo compiuto, sfruttando le occasioni che la vita sa offrire. Non farlo, dice il poeta latino, sarebbe peccato mortale.
La poesia ha generato la nascita di una locuzione, di un modo di dire, appunto Carpe Diem, molto diffuso e che ha stimolato anche un poeta come Walt Whitman, che ha dedicato al messaggio di Orazio, una poesia appunto dal titolo Carpe Diem, che è diventata protagonista del film L’attimo fuggente, interpretato da Robin Williams.
La poesia è l’undicesima del primo libro delle Odi (I, 11) di Quinto Orazio Flacco ed uno dei più celebri dell’intera letteratura latina, pubblicate al 23 a.C.
Leggiamo i versi della ode di Orazio per coglierne il significato.
Carpe diem di Orazio
Non indagare, saperlo è vietato, quale fine ad entrambi
abbiano dato gli dei, o Leuconoe, e non tentare neppure
i calcoli di Babilonia: quanto meglio accettare ciò che sarà!
Ci abbia Giove assegnato altr’inverni o sia l’ultimo questo
5 che fa ora spumare il Tirreno sugli scogli a lui posti davanti,
sii savia: filtra vini e in uno spazio così breve di vita
tronca lunghe speranze. Parliamo, e sarà intanto fuggito
l’invido tempo. Carpe diem, del domani fidandoti meno che puoi.
Carpe diem, Orazio – Il testo originale
Tu ne quaesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi
finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios
temptaris numeros. Ut melius, quidquid erit, pati!
Seu pluris hiemes seu tribuit Iuppiter ultimam,
5quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare
Tyrrhenum, sapias: vina liques et spatio brevi
spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit invida
aetas: carpe diem, quam minimum credula postero.
Cogli il giorno e fai del presente il dovuto piacere
Carpe diem di Orazio è una delle più belle e celebri del poeta latino e definisce il messaggio centrale della sua concezione poetica e filosofica. Lo studioso romano è convinto della precarietà e della caducità dell’esistenza umana, ed invita a far tesoro dei piccoli momenti della vita presente, senza nostalgia per il passato né speranze in un futuro imperscrutabile.
I versi sono rivolti a Leuconoe, donna il cui nome, dal greco, significa “dalla bianca coscienza”, alludendo all’ingenuità del personaggio, cuor semplice che vorrebbe conoscere il futuro, una prerogativa che all’uomo non è data. L’ode assume quindi la formula di un dialogo e il poeta suggerisce alla donna di lasciare andare le illusioni e di focalizzare un attimo dell’eterno fluire del tempo.
Riprendendo i concetti della morale epicurea, Orazio non presta attenzione, non sta offrendo un banale invito a godere del piacere fisico. Il poeta latino fa riferimento ad una più attenta etica della rinuncia.
È inverno, in una località del Tirreno dove molti Romani trascorrevano la stagione in un clima più mite. Il mare, infrangendosi sugli scogli, perde la sua forza. E domani? Lasciamo il destino agli dei. Afferriamo l’oggi, l’istante che ci è dato. Orazio ha fermato in una massima che riecheggerà nei secoli la serena, ma pur difficile, sapienza del vivere.
Nel mezzo dell’ode Orazio insiste sull’incertezza del futuro e di coscienza della fugacità del tempo e della vita, Orazio si rivolge alla donna stimolandola a mostrare saggezza e a godere delle poche cose concesse ai mortali perché la vita è davvero breve, per lasciarsela sfuggire.
“Filtra vini e in uno spazio così breve di vita tronca lunghe speranze.” Il poeta invita la sua “ingenua interlocutrice” a preoccuparsi del presente immediato, perché è inutile, impossibile mostrare preoccupazione per il futuro.
Il messaggio che ci dona Orazio, attraverso il suo “carpe diem” diventa evidente negli ultimi versi di questo breve capolavoro. Una riflessione sull’esistenza molto importante, che dovremmo saper cogliere, ovvero saper ascendere dal dolore, almeno per un attimo, dalla sofferenza che la vita porta inevitabilmente in sé.
E ad Orazio non resta altro che concludere logicamente l’ode secondo la più schietta e semplice concezione epicurea: “Carpe diem, del domani fidandoti meno che puoi.”.
Per cogliere ciò che la vita propone non bisogna contaminarsi di false illusioni o di profondi concetti filosofici. La via è un attimo breve nel fluire del tempo che va “colto” in tutta la sua essenza.
Carpe diem è un invito immortale a non farsi troppe domande nella vita, ma cercare la bellezza in ogni sua cosa, in ogni sua sfumatura. La vita, così breve, è bella proprio perché vissuta nella sua immediatezza.
La morte è qualcosa di sicuro, forse l’unica certezza che abbiamo. Perciò l’importante è saper godere di quel che “esiste”, seguire le proprie passioni, come la filosofia Epicurea insegnava (ed insegna).