La raccolta dei frutti 4 (1916) di Tagore: la vera conoscenza ha bisogna di umiltà

15 Novembre 2025

Scopri il significato profondo di "La raccolta dei frutti 4" di Tagore. La conoscenza si rivela solo a chi sa ascoltare con umiltà e cuore aperto.

La raccolta dei frutti 4 (1916) di Tagore: la vera conoscenza ha bisogna di umiltà

La raccolta dei frutti 4 di Rabindranath Tagore è una poesia che mette in scena il dibattito antico quanto il pensiero umano. La conoscenza si trova nella ragione o nella percezione? Si apprende con il solo cervello o con l’anima?

Spesso si da’ per scontato che “sapere” significhi accumulare dati, analizzare fatti, e possedere la verità con l’intelletto. Ma cosa succede se questa stessa presunzione, questa arroganza del “sapiente”, fosse il più grande ostacolo alla vera conoscenza? E se la vera conoscenza richiedesse un passo indietro, un atto di profonda umiltà nel dichiararsi “incapaci di leggere”?

È questa la tesi provocatoria e rivoluzionaria che Rabindranath Tagore consegna in una delle sue poesie più potenti, la numero 4 della raccolta Fruit-Gathering, pubblicata per la prima volta a New York da The MacMillan Company, nel novembre del 1916.

Una poesia che evidenzia il principio assoluto della conoscenza grazie ad una “lettera” trovata al risveglio e dell’unica saggezza che serve per decifrarla: quella dell’anima.

Leggiamo questa meravigliosa poesia di Rabindranath Tagore per comprendere il profondo significato.

La raccolta dei frutti 4 di Rabindranath Tagore

Mi svegliai e trovai la sua lettera al mattino.
Non so che cosa dica, perché non so leggere.
Lascerò l’uomo saggio da solo con i suoi libri, non lo disturberò,
poiché chissà se saprà leggere ciò che la lettera dice.

Lasciami poggiarla sulla fronte e premerla sul cuore.
Quando la notte si farà quieta e le stelle verranno fuori una a una,
la stenderò sulle ginocchia e resterò in silenzio.
Le foglie che frusciano me la leggeranno ad alta voce,
il torrente che scorre me la canterà,
e le sette stelle sapienti me la canteranno dal cielo.

(Traduzione Libreriamo)

 

Fruit-Gathering 4, Rabindranath Tagore (testo originale)

I woke and found his letter with the morning.
I do not know what it says, for I cannot read.
I shall leave the wise man alone with his books, I shall not trouble him,
for who knows if he can read what the letter says.

Let me hold it to my forehead and press it to my heart.
When the night grows still and stars come out one by one
I will spread it on my lap and stay silent.
The rustling leaves will read it aloud to me, the rushing stream will chant it,
and the seven wise stars will sing it to me from the sky.

Per conoscere serve aprire l’anima all’ascolto

La raccolta dei frutti 4 è una poesia di Rabindranath Tagore capace di saper mostrare come la conoscenza, l’apprendimento, il percorso che conduce alla verità ha bisogno di un sano ascolto e di tantissima umiltà, che poi è il principio assoluto che conduce alla scoperta.

Il testo costruisce questo messaggio attraverso un simbolismo potente. Il punto di partenza è la “lettera” trovata al risveglio mattutino, metafora della creazione stessa e della verità che l’esistenza offre. La reazione del protagonista non è quella di analizzarla, ma di ammettere la propria incapacità: “Non so che cosa dica, perché non so leggere”.

Questa ammissione non è una dichiarazione di ignoranza, ma l’atto di umiltà fondamentale. È il “passo indietro” che svuota la mente dalla presunzione di sapere, rendendola ricettiva alla vera conoscenza.

Tagore rafforza questa tesi introducendo immediatamente un antagonista: “l’uomo saggio da solo con i suoi libri”.
Questi rappresenta l’intelletto arrogante, colui che crede di possedere la verità attraverso l’accumulo di dati. Con sottile ironia, il poeta dubita che il sapiente possa leggere la lettera, proprio perché la sua mente è piena di verità precostituite, quindi, chiusa all’ascolto.

Il protagonista mostra, invece, la via alternativa. Non cerca di capire la lettera, ma di assorbirla. La poggia “sulla fronte” (simbolo dell’intuizione) e la preme “sul cuore” (l’anima, l’amore).

La vera comprensione avviene solo quando la ragione si ferma. Nel “silenzio” e nella “notte quieta”, l’anima si apre. A quel punto, non è più l’individuo a sforzarsi di leggere, ma è l’universo stesso a parlargli. I veri maestri, i veri interpreti della lettera, diventano “le foglie che frusciano”, “il torrente che scorre” e le “sette stelle sapienti”. La natura, prima muta per l’intelletto, ora “canta” la verità direttamente all’anima che ha avuto l’umiltà di porsi in ascolto.

La verità arriva solo a chi sa fare silenzio

Il dono che Tagore offre con questa poesia è una riflessione che va oltre la letteratura e diventa un’autentica lezione di vita. Ricorda che la vera conoscenza non si conquista, ma si riceve.

L’insegnamento di Rabindranath Tagore è che l’arroganza dell’intelletto rende sordi. Per comprendere davvero, non bisogna sentirsi pieni, ma vuoti e pronti ad essere sempre più riempiti.

Questa non è solo un’idea poetica, ma è la stessa saggezza che si ritrova in tutte le grandi tradizioni di pensiero. Il “Non so leggere” di Tagore è il “So di non sapere” di Socrate. È l’atto di onestà intellettuale che apre le porte alla scoperta. È il famoso detto Zen dello “svuotare la tazza”. Se la nostra mente è già piena delle nostre certezze (come il “sapiente” con i suoi libri), non c’è spazio per nulla di nuovo.

In un’epoca in cui tutti si è convinti di avere il dono della verità assoluta,  Tagore invita alla rivoluzione del silenzio. Ricorda che per “leggere” la lettera della vita, le risposte non si trovano fuori (nei libri o negli schermi), ma dentro, in un’anima che ha avuto l’umiltà di zittirsi per ascoltare.

La vera conoscenza ha bisogno di un umile ascolto dell’esistenza.

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