“A mia figlia” (1910) di Umberto Saba, potente poesia sul vero amore di un padre

25 Febbraio 2025

Scopri un modo diverso d'intendere l'amore paterno, grazie "A mia figlia" poesia di Umberto Saba che condivide l'arrivo di Linuccia nella sua vita.

"A mia figlia" (1910) di Umberto Saba, poesia sul vero amore di un padre

A mia figlia di Umberto Saba è una poesia che evidenzia nella sua bellezza tutte le emozioni di un uomo che diventa padre e ha il bisogno di voler esprimere in modo autentico il suo modo di vivere la paternità.

Umberto Saba nella poesia rompe con la visione paterna tradizionale e rivela alla figlia la vera natura del suo legame e dei suoi sentimenti, senza idealizzazioni o retorica. L’amore per la figlia è incondizionato e privo di qualsiasi egoismo. Ma, allo stesso tempo è la dichiarazione di un amore diverso da parte di un padre che con l’arrivo della figlia finisce per veder mutata la sua vita.

A mia faglia fa parte della sezione Casa e Campagna (1909 – 1910) de Il canzoniere di Umberto Saba, pubblicato per la prima voltas nel 1921 in seicento esemplari col marchio Libreria Antica e Moderna, la libreria antiquaria aperta da Saba  a Trieste nel 1919.

Leggiamo questa bellissima poesia di Umberto Saba per apprezzarne il significato.

A mia figlia di Umberto Saba

Mio tenero germoglio,
che non amo perché sulla mia pianta
sei rifiorita, ma perché sei tanto
debole e amore ti ha concesso a me;
o mia figliola, tu non sei dei sogni
miei la speranza; e non più che per ogni
altro germoglio è il mio amore per te.

La mia vita mia cara
bambina,
è l’erta solitaria, l’erta chiusa
dal muricciolo,
dove al tramonto solo
siedo, a celati miei pensieri in vista.
Se tu non vivi a quei pensieri in cima,
pur nel tuo mondo li fai divagare;
e mi piace da presso riguardare
la tua conquista.

Ti conquisti la casa a poco a poco,
e il cuore della tua selvaggia mamma.
Come la vedi, di gioia s’infiamma
la tua guancia, ed a lei corri dal gioco.
Ti accoglie in grembo una sì bella e pia
mamma, e ti gode. E il suo vecchio amore oblia.

Quando l’arrivo di una figlia sconvolge la vita

A mia figlia è una poesia di Umberto Saba che mette in scena la confessione di un padre, che dichiara alla figlia tutto il suo amore, ma in modo autentico e in modo inaspettato.

Umberto Saba usa nei suoi versi una sincerità disarmante. L’amore per la figlia non nasce da un irrefrenabile attaccamento, ma dalla sua fragilità di bambina. Una poesia che rivela una cruda realtà, il cambiamento che può portare nella vita di un un uomo, nella relazione con la moglie, nel suo vivere la quotidianità da parte di un padre.

C’è sincerità nelle sue parole. Linuccia Saba, la figlia a cui è dedicata la poesia, nacque il 24 gennaio del 1910, e nella vita del poeta portò una tempesta che finì per riflettersi nel rapporto con la moglie. Linuccia fu subito coinvolta nei conflitti che si scatenarono nella relazione dei suoi genitori. Nel 1911 la madre Lina andò a rifugiarsi temporaneamente a casa dei genitori.

I versi della poesia finiscono per apparire più chiari se contestualizzati con la vita del poeta triestino.

Umberto Saba evidenzia la sua voglia di vivere immerso nella solitudine, fa parte del suo essere, la presenza della figlia, inevitabilmente, pur non essendo al centro di quei pensieri, ne modifica il modo di vivere. La bambina, finisce per riportare il poeta alla realtà, quella che lui vorrebbe magari non vivere.

Fin dai primi versi, il poeta precisa subito che il suo amore per lei non è dettato da un bisogno egoistico di continuità (“rifiorita” suggerisce l’idea della discendenza), bensì dalla sua stessa fragilità. Il verbo “concesso” sottolinea l’idea che la figlia sia un dono dell’amore, un evento quasi fortuito, un privilegio ricevuto senza meriti particolari.

Umberto Saba tende a sottolineare che la figlia non è la “speranza dei suoi sogni”, cioè non è una proiezione dei suoi desideri o delle sue aspirazioni, rompendo con l’idea tradizionale del figlio come erede del padre. L’amore per lei non è diverso da quello che si potrebbe avere per ogni altro essere fragile e bisognoso di cura. Qui emerge la visione umana e concreta di Saba, che si oppone all’idealizzazione della paternità.

Nella seconda strofa il poeta evidenzia il suo modo di essere un uomo che ama vivere la solitudine. E la bambina finisce per conquistare sempre più territorio domestico e Saba sente sempre più diminuire il suo spazio vitale. Ciò diventa ancora più evidente nel rapporto che il poeta vive tra la piccola e la moglie.

La bambina non è al centro delle sue meditazioni (“non vivi a quei pensieri in cima”), ma in qualche modo li influenza, facendoli “divagare”, cioè allontanandoli dalla loro direzione originaria. Questo suggerisce che la presenza della bambina, pur non modificando profondamente il carattere solitario del poeta, portandogli un’inevitabile distrazione.

Nella terza strofa l’attenzione si sposta sulla relazione madre-figlia. La bambina si appropria lentamente dello spazio domestico e dell’affetto materno. Sab a definisce la moglie “selvaggia” riferito al carattere passionale, istintivo, forse distante dalle convenzioni sociali e allo steso tempo dall’istinto che scatta nelle donne nel momento in cui devono proteggere la loro creatura.

La bambina corre verso la madre con entusiasmo. Il poeta osserva con tenerezza la relazione madre-figlia e ne coglie la bellezza, ma ciò sancisce il fatto che lui perde la centralità verso la moglie.

L’ultimo verso segna la poesia e il messaggio che il poeta vuol condividere. “E il suo vecchio amore oblia”, riferendosi proprio alla moglie. Questo suggerisce che l’amore per la figlia ha in qualche modo sostituito l’amore per il poeta stesso.

C’è una sottile sfumatura di esclusione e di accettazione da parte di Umberto Saba, che riconosce il potere totalizzante del legame materno. In quell’atto d’amore tra la mamma e la figlia, percepisce la fine della propria relazione, lui è destinato a farsi da parte.

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