Una storia ridicola, (Fazi editore), selezionato da El País come uno dei migliori dieci libri dell’anno, è l’ultimo romanzo di Luis Landero, che si conferma maestro della letteratura spagnola di oggi: tagliente, ingegnoso e capace di raffigurare tutta l’ineluttabilità e la tragicità dell’esperienza umana. E’ un romanzo che si presta a una lettura con bicchiere di vino in mano, sedia a dondolo e, se d’inverno, caminetto acceso, perché il lettore entra in modalità ascolto e segue ciò che il protagonista-narratore racconta attraverso pochi dialoghi e tante digressioni.
Perché leggere “Una storia ridicola”: storia di un amore irrealizzabile
E’ il racconto di un corteggiamento impossibile e il lettore non sa se parteggiare per i goffi e maldestri tentativi di seduzione di Marcial, il protagonista oppure per Pepita, bella, elegante e con i piedi per terra. Marcial, origini umili e un’infanzia difficile alle spalle, lavora in un’azienda di macellazione della carne e conduce un’esistenza piuttosto solitaria, ma è un ottimo conversatore, un orgoglioso autodidatta con una sua filosofia del mondo, in grado, all’occorrenza, di sfoderare un linguaggio forbito e una cultura tali da far invidia a chiunque e queste sue doti compensano il suo scarso fascino e la mancanza di un background accademico significativo.
La sua vita è perfettamente sotto controllo, finché un giorno l’incontro con Pepita lo sconvolge; elegante, colta e di buona famiglia, la donna rappresenta tutto ciò a cui Marcial ha sempre aspirato. E se ne innamora perdutamente ed è pronto a tutto: snocciolerà gli aneddoti di cui è più fiero, la inviterà a uscire con galanteria irresistibile, affronterà a testa alta gli altri pretendenti e sarà disposto a fingersi scrittore pur di partecipare al salotto letterario radical chic che si terrà a casa dell’amata. Sarà questa l’occasione che deciderà, in forma tragicomica, il suo destino.
Un narratore inattendibile e antipatico che alla fine conquista
“Non credo di peccare di orgoglio, come dimostrerò nel corso della mia esposizione, se comincio con il dire che sono un uomo dotato di svariate qualità. Forse non mi distinguo per la bella presenza, ma sono senz’altro educato, discreto, coscienzioso colto e un ottimo conversatore.
Chiunque mi abbia incontrato sa o dovrebbe sapere, della mia onestà e rettitudine. In passato ho avuto un buon lavoro e un appartamento di proprietà. La mia visione del mondo e della vita? Tragica e trascendente. La mia storia? Una storia d’amore, odio, vendette, derisioni e offese”.
Così si presenta Marcial Pérez Armel, che vive a Madrid e tiene in grande considerazione l’antico concetto dell’onore. Non è un personaggio forte o coraggioso ma audace nella sua vigliaccheria. All’inizio risulta quasi sgradevole perché prolisso e vanaglorioso, ma poi ci ritroviamo in lui perché ci assomiglia nei nostri momenti peggiori, quando, punti nell’orgoglio, lasciamo spazio ai nostri istinti. E sono le piccole situazioni quotidiane a sottolineare questa affinità: dall’infanzia quando Marcial si sente bullizzato fino all’ età adulta quando si sente bersaglio o vittima di piccoli soprusi.
Noi siamo con lui anche nelle interminabili assemblee condominiali dirette da Ibanez o nelle tapas inadeguate preparate dalla taverniera. Un antieroe, quindi, pieno di risentimento e di rabbia e pronto a screditare chiunque abbia incontrato nella sua vita: alla fine anche se non sappiamo quanto sia credibile ci conuista.
Ognuno ha le proprie manie: l’importanza dei dettagli
E’ il dottor Gomez a suggerire a Marcial di raccontarsi regalandogli un grande quaderno con la copertina rigida, un set di pennarelli e un registratore digitale così da mettere per iscritto la sua vita e la sua filosofia: un espediente letterario che ricorda da vicino il rapporto tra Zeno e il suo psicanalista.
A caratterizzare Marcial inoltre è l’attenzione quasi maniacale e compulsiva ai dettagli, non sempre nobili, anzi umili e prosaici- la cotenna o il mezzo uovo sodo della taverniera o lo scarafaggio- che lo trascinano inesorabilmente nel pantano della realtà più ignobile, in cui però si crogiola alla ricerca di un filo che lo aiuti a dipanare la matassa ingarbugliata della sua vita finché non incontra Pepita.
Le curiosità linguistiche: il doppio senso di mattatore
Con Pepita è amore a prima vista, ma unilaterale. Prima di lei, Marcial non si era mai innamorato e si era diviso tra Natalia, una prostituta e Merchez, l ‘infermiera della madre: due figure opposte che assumono un senso nella vita del protagonista solo perché svolgono un ruolo diverso, ma parallelo e l’una non può esistere senza l’altra. Pepita è diversa.
E così Marcial si inventa il carattere che più potrebbe compiacere agli interessi di Pepita, fingendosi scrittore in modo da poter partecipare alle serate da lei organizzate; allo stesso tempo però, quando si incontrano, sbaglia sempre qualche dettaglio e risulta goffo.
Del resto la duplicità parte dal doppio significato di mattatore: la sua professione: Romantico, poeta, bohémien e mattatore? Interiora di giorno e rime di notte? Mattatore è un termine infatti legato alla macellazione e agli animali, ma è anche il ruolo di chi sa far convergere su di sé, come nella scena finale, l’attenzione di tutto il pubblico e lo fa con un linguaggio incisivo, mirabolante e teatrale.
Saprà essere all’altezza delle circostanze? Potrà, alla fine un uomo tragico recitare con successo in una commedia. Riuscirà Marcial a divertire gli amici di Pepita e noi con loro? Davvero anche il lettore, alla fine del libro, si è divertito, travolto dalla magia e dal ritmo vorticoso della storia e delle prosa di Landero.