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“La cura” (1996) di Franco Battiato, la canzone poesia sul valore dell’Amore universale

Scopri il significato de “La Cura” di Franco Battiato, canzone-poesia sull’amore assoluto e universale. Un viaggio nei versi di un brano senza tempo.

La Cura è un capolavoro della musica italiana. Un inno all’amore assoluto, universale. Franco Battiato è un amatissimo cantautore, compositore e regista siciliano, nato a Ionia il 23 marzo 1945 e scomparso a Milo il 18 maggio 2021. La sua virtù di cantautore è sempre stata quella di saper combinare molteplici stili musicali, combinandoli tra loro in un approccio eclettico, originale e sperimentale.

La poesia e la letteratura, come ci ha insegnato il buon Jean-Paul Sartre, vivono grazie a chi le legge e chi attribuisce loro un significato. E ognuno interpreta a suo modo un testo, in base a quello che sente, a quello che sa, alla sua esperienza di vita.

Il caso del brano La cura di Franco Battiato è emblematico, uscito per la prima volta nell’album “L’imboscata” nel 1996 e diventato quasi subito uno dei pezzi più amati della musica italiana. Scritta con Manlio Sgalambro, è spesso considerata una dichiarazione d’amore assoluto, un inno alla dedizione profonda e incondizionata verso un altro essere umano. Ma come spesso accade con Battiato, c’è molto di più sotto la superficie.

Leggiamo il testo di questa magica canzone poetica di Franco Battiato per coglierne la sensibilità e scoprirne il significato.

La Cura di Franco Battiato e Manlio Sgalambro

Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie
Dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo
Dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai
Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore
Dalle ossessioni delle tue manie
Supererò le correnti gravitazionali
Lo spazio e la luce per non farti invecchiare
E guarirai da tutte le malattie
Perché sei un essere speciale
Ed io, avrò cura di te
Vagavo per i campi del Tennessee
Come vi ero arrivato, chissà
Non hai fiori bianchi per me?
Più veloci di aquile i miei sogni
Attraversano il mare
Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza
Percorreremo assieme le vie che portano all’essenza
I profumi d’amore inebrieranno i nostri corpi
La bonaccia d’agosto non calmerà i nostri sensi
Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto
Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono
Supererò le correnti gravitazionali
Lo spazio e la luce per non farti invecchiare
Ti salverò da ogni malinconia
Perché sei un essere speciale
Ed io avrò cura di te
Io sì, che avrò cura di te
Testo La Cura © Universal Music Publishing Group

La canzone-poesia sull’amore universale

Non sbaglia chi in questa canzone scorge una canzone d’amore. Ma quello che canta Franco Battiato ne La Cura è l’amore nella sua forma più alta: la persona, l’io lirico, si rivolge a un “tu” indefinito, al quale promette di dedicare la propria vita. La proteggerà dalle “paure delle ipocondrie“, dagli ostacoli della vita, dalle ingiustizie, dalle cadute e dalle ossessioni.

Ne il testo la cura di battiato, si evince che chi ama  si prenderà cura di lei, aiutandola a fronteggiare i pericoli che vengono dall’esterno e le inquietudini che vengono invece dall’interno, più pericolose delle armi. Un tale desiderio di aiutare l’altra persona avrà effetti potenti in chi ha tali aspirazioni, perché lo renderà capace di superare i propri limiti: “supererò le correnti gravitazionali, lo spazio e la luce per non farti invecchiare“. Sì, perché “più veloci di aquile i miei sogni attraversano il mare“.

La cura, una preghiera al contrario

Ma c’è chi in questa canzone “La cura” vede una dedica al proprio io interiore, di cui l’artista promette di prendersi cura e chi, invece, ha visto nel brano una preghiera al contrario, perché non è l’uomo che si rivolge al Dio-amore ma è questo Dio-amore che parla all’uomo, che considera “un essere speciale” di cui si prenderà cura. All’uomo donerà “il silenzio e la pazienza“, lo condurrà per “le vie che portano all’essenza“, gli regalerà “le leggi del mondo“.

Un’interpretazione affascinante in cui molte persone credono, ma sta alla sensibilità di ognuno di noi, come dicevamo all’inizio, scegliere che cosa leggere in queste parole. In ogni caso, è una canzone che parla d’amore, che può essere quello per una figlia, un figlio, la moglie o il marito, un amico o una compagna, o quello di Dio per le sue creature.  Al centro c’è quella misteriosa spinta che ci porta ad accostarci a qualcuno e decidere di percorrere insieme un pezzo, se non l’intero, percorso della vita.

Un viaggio nei versi de La Cura di Franco Battiato e Manlio Sgalambro

La canzone di Franco Battiato e Manlio Sgalambro si apre con una promessa proteggere, sollevare, guarire. È un linguaggio da “angelo custode”, da amore che trascende il comune, che non è solo umano ma quasi divino. L’“io” si fa carico non solo delle difficoltà quotidiane, ma delle fragilità più intime dell’altro: le ansie, le paure, i fallimenti.

“Perché sei un essere speciale” è la frase-chiave, l’essenza della canzone. Il significato di questo magico verso afferma che l’altro non è solo importante, è “speciale”. Ma la specialità non è qualcosa di assoluto, contempla il tutto, coinvolge ogni cosa. L’amore si fa contemplazione, si entra nel territorio del misticismo.

La dichiarazione d’amore più bella di sempre

La prima parte de La cura di Franco Battiato è un inno all’amore protettivo, compassionevole e incondizionato. Si apre come una preghiera laica, un giuramento d’anima in cui la voce narrante si fa scudo, sostegno, cura. Vediamola verso per verso, con un’analisi poetica e simbolica.

L’amore qui si confronta subito con la vulnerabilità. L’ipocondria non è solo timore per la salute, ma paura della fragilità umana. Chi ama non giudica queste paure, le accoglie, le protegge.
È già un gesto di tenerezza, di cura autentica, che non si limita a grandi gesti, ma si muove nella sfera dell’intimo e dell’invisibile.

L’amore è cura, nel senso letterale del prendersi carico delle difficoltà, delle sofferenze, del dolore altrui, come farebbe un guaritore dell’anima.

La vita è un cammino irto di inquietudini. L’amore promesso è una guida, una compagnia che non può evitare il dolore, ma può renderlo più sopportabile. È la presenza che fa la differenza: non sarai solo.

Non solo dolori interiori, ma anche le ombre della società: il tempo in cui si vive è imperfetto, traditore. L’amore qui si fa rifugio etico, uno spazio dove ci si può sottrarre alla durezza del mondo esterno.
Chi ama diventa riparo, diventa giustizia intima.

Battiato parla di un amore che conosce l’altro fino in fondo, che accetta persino i suoi inevitabili inciampi.
È un amore che non idealizza, non ama “nonostante” le fragilità, ma anche perché ci sono. È la cura che non si ritira davanti ai limiti, anzi, li abbraccia.

Gli autori siciliani entrano con delicatezza nel quotidiano dell’anima: i dolori, gli sbalzi d’umore, le oscillazioni emotive. Chi ama profondamente non giudica l’instabilità, ma si fa forza dolce. È un amore che solleva, non schiaccia, che si mette al servizio del benessere dell’altro.

Battiato rompe la logica della fisica per far parlare la spiritualità. La gravità, lo spazio, la luce: tutto viene sfidato per amore. Questa immagine ha una potenza quasi cosmica: l’amore come forza che sfida le leggi dell’universo.

È un gesto poetico e metafisico insieme. Amare significa anche fermare il tempo, evitare che l’altro invecchi, in una sorta di eternità affettiva.

L’altro è “speciale” senza condizione, senza spiegazione. È un essere unico, e solo per questo merita tutto.
E la risposta dell’“io” è assoluta, dolce, determinata:

“Io avrò cura di te”

Non è un favore, è una missione. È la forma più alta di amore: non possesso, ma dedizione.

Il viaggio spirituale di chi ama in modo assoluto

Vagavo per i campi del Tennessee
Come vi ero arrivato, chissà
Non hai fiori bianchi per me?
Più veloci di aquile i miei sogni
Attraversano il mare

È un’immagine surreale, onirica. Potrebbe essere un sogno, un ricordo, una visione. Il Tennessee, terra lontana, simbolo forse di un viaggio interiore, di un processo meditativo, tipico del percorso esistenziale di Battiato e della filosofia di Manlio Sgalambro. La canzone si apre alla dimensione del sogno e del mito. I “fiori bianchi” diventano simbolo di purezza, di offerta, di assenza forse: “non ne hai per me?” è una domanda colma di malinconia.

I sogni diventano una trasposizione dell’io che grazie al percorso di amore riesce a viaggiare alla velocità della luce, senza freni e limiti riesce ad osservare ogni cosa.

Amare è il dono più grande

Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza
Percorreremo assieme le vie che portano all’essenza
I profumi d’amore inebrieranno i nostri corpi
La bonaccia d’agosto non calmerà i nostri sensi
Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto
Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono

Qui l’amore si spoglia di ogni clamore, di ogni parola superflua. Il dono non è materiale, ma esistenziale. Il silenzio è spazio interiore, è ascolto profondo, è presenza che non invade.
La pazienza è ciò che permette all’amore di durare nel tempo, di accogliere l’altro nei suoi tempi, nelle sue fragilità. Amare è saper stare.

Battiato parla di un cammino condiviso verso l’essenziale. Non le apparenze, non i ruoli, ma l’essenza dell’essere, ciò che davvero conta.
È un richiamo alla ricerca spirituale, al senso dell’esistenza, fatta non da soli, ma “assieme”. Amare è cercare insieme la verità.

Dopo il silenzio, la pazienza e la ricerca, arriva l’esperienza sensoriale, carnale, estatica.
L’amore è anche corpo, è anche desiderio, ma non è mai ridotto solo a quello. Il “profumo” richiama qualcosa di sottile, volatile, che non si può afferrare: è il mistero stesso dell’attrazione. Amare è lasciarsi attraversare anche dal piacere, con rispetto e meraviglia.

La bonaccia è l’assenza di vento, una calma piatta. Ma in questo amore non c’è mai quiete completa: i sensi restano vivi, vibranti, anche nel cuore dell’estate, anche nella calma apparente. L’amore vero non si spegne nella routine, ma resta acceso, vigile, presente.

Tèssere i capelli significa accarezzarli, prendersene cura, ma anche intrecciarli con senso e bellezza. Come si tesse una melodia, un poema.
Il corpo dell’altro diventa materia di arte e poesia. Amare è fare dell’altro un canto, non un possesso.

Chi ama deve sempre saper condividere la propria conoscenza, che diventa per l’altro il dono più grande. Amare è donare senza chiedere nulla in cambio.

La dichiarazione di amore assoluto ed eterno

Supererò le correnti gravitazionali
Lo spazio e la luce per non farti invecchiare
Ti salverò da ogni malinconia
Perché sei un essere speciale
Ed io avrò cura di te
Io sì, che avrò cura di te

La canzone-poesia di Franco Battiato e Manlio Sgalambro si chiude con la più grade dichiarazione d’amore, in cui la parola “cura” si carica di significati spirituali, cosmici e profondamente umani. È una promessa che sfida le leggi del tempo e dello spazio, e che allo stesso tempo consola la fragilità dell’essere. Vediamola verso per verso, nella sua ricchezza poetica.

Amare diventa un’esplosione di immagini cosmiche e metafisiche. La “gravità” rappresenta il peso del tempo, della materia, del decadimento. Lo “spazio e la luce” sono le dimensioni dell’universo, strumenti del divenire.

L’amore, qui, si fa forza che sconfigge la fisica, un’energia talmente potente da opporsi all’invecchiamento, al passare del tempo. C’è il desiderio immortale di preservare l’altro, di proteggerlo dal logorarsi, dal decadere, dal consumarsi. È una dichiarazione che sfida l’impossibile, come solo un amore vero può fare.

Ma la cura serve per combattere il dolore più umano: la malinconia. Questa è una delle ferite più sottili e silenziose dell’esistenza, che spesso si annida senza clamore ma toglie luce alla vita. L’amore si fa balsamo dell’anima, salvezza dall’ombra, promessa di luce. È un amore che riconosce i vuoti interiori e li colma con presenza, ascolto e delicatezza.

“Perché sei un essere speciale” ovvero l’amore vero non ha bisogno di motivazioni razionali. È un riconoscimento profondo e misterioso, come un’illuminazione. È l’equivalente poetico di un abbraccio eterno. È identità e accoglienza insieme.

Il brano si chiude con la ripetizione di una promessa, ma più intima, più determinata. Quel “io sì” è dolce ma deciso, quasi un sussurro che diventa giuramento. È come se dicesse: nessuno lo farà come me. Io ci sarò, io resterò. Questa cura non è solo affetto: è una missione d’anima, una forma di devozione laica, sacra, piena.

Tutta la bellezza di questo brano è che Franco Battiato e Manlio Sgalambro hanno dato voce a ciò che tutti cerchiamo: un amore che sappia aver cura di noi, quando tutto il resto del mondo dimentica come si fa.

 

 

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