Luigi Pirandello, noto soprattutto per la sua produzione teatrale e narrativa, è stato anche un poeta capace di esprimere con intensità la natura dell’essere umano attraverso il solito amaro umorismo. La sua poesia “Comiato” rappresenta un momento di riflessione disillusa sulla vita, sull’amore e sulla percezione della realtà. I versi in esame mostrano un dialogo interiore con la “vecchia Terra”, a cui il poeta confessa il proprio pentimento e il senso di estraneità rispetto al mondo.
O vecchia Terra, è vero, e me ne pento;
riconosco che il torto è tutto mio.
Se da tant’anni il cor piú non mi sento
se non come un fastidio, anzi un rodío
continuo in petto, e piú non amo, e sono
quasi un tizzone spento, in abbandono,come puoi tu sembrarmi bella? – “ Pensa,
(potresti dirmi) quando, innamorato
d’una donnetta pallida melensa,
che ti pareva un angelo calato
dal ciel, dicevi ch’ero tutta un gajo
riso… Eppure, ricordi? era gennajo…”Si, si, ricordo. Tu, povera Terra,
eri, qual veramente sei, di mali
piena, dilaniata dalla guerra
perpetua de’ tuoi tristi animali,
e vecchia e stanca di volgere in tondo
nella stupida macchina del mondo.
Luigi Pirandello e le brutture causate dall’uomo
Fin dai primi versi, emerge il riconoscimento di un cambiamento profondo nell’animo del poeta:
O vecchia Terra, è vero, e me ne pento;
riconosco che il torto è tutto mio.
Qui Pirandello non attribuisce la causa del suo tormento alla realtà esterna, bensì a se stesso. Il poeta avverte un senso di colpa per aver smarrito la capacità di sentire il proprio cuore, un cuore ormai ridotto a “un fastidio, anzi un rodío continuo in petto”. L’uso della parola “rodío” suggerisce un tormento incessante, un logoramento interiore che lo ha reso incapace di amare e di provare emozioni genuine. L’immagine del “tizzone spento, in abbandono” rafforza la sensazione di un’anima svuotata, priva di calore e passione.
Pirandello si chiede allora come possa ancora trovare bella la Terra, quando ormai la sua sensibilità si è atrofizzata. La risposta implicita sta nel contrasto tra il presente di disillusione e un passato in cui l’amore e l’entusiasmo coloravano il mondo di una luce diversa:
“Pensa,
(potresti dirmi) quando, innamorato
d’una donnetta pallida melensa,
che ti pareva un angelo calato
dal ciel, dicevi ch’ero tutta un gajo
riso… Eppure, ricordi? era gennajo…”
Questi versi evidenziano il ruolo determinante della percezione soggettiva nel determinare la nostra visione della realtà. Un tempo, la Terra gli sembrava un luogo ridente e gioioso, ma non perché fosse effettivamente tale, bensì perché il suo stato d’animo di innamorato la colorava in quel modo. L’immagine della “donnetta pallida melensa”, che allora appariva un angelo, oggi appare sotto una luce diversa, quasi ridicola nella sua ingenuità sentimentale. Il poeta, quindi, riconosce il potere deformante dell’illusione amorosa: la bellezza del mondo non è un dato oggettivo, ma una proiezione del nostro stato interiore.
Gli ultimi versi qui passati in rassegna assumono un tono ancora più amaro e sconsolato:
Si, si, ricordo. Tu, povera Terra,
eri, qual veramente sei, di mali
piena, dilaniata dalla guerra
perpetua de’ tuoi tristi animali,
e vecchia e stanca di volgere in tondo
nella stupida macchina del mondo.
Qui Pirandello svela la verità nuda e cruda: la Terra non è cambiata, era e resta un luogo pieno di sofferenza, segnato da una lotta continua tra gli uomini. La metafora della “guerra perpetua” sottolinea la visione pessimistica della condizione umana, fatta di conflitti incessanti. Inoltre, l’immagine della Terra “vecchia e stanca” che si muove meccanicamente nel cosmo, “nella stupida macchina del mondo”, evidenzia l’idea di un’esistenza priva di significato profondo, regolata da leggi cieche e insensate.
“Comiato”, di Luigi Pirandello
Questa poesia è un esempio perfetto del pensiero pirandelliano, che spesso ruota attorno al contrasto tra apparenza e realtà, tra le illusioni che nutriamo e la crudezza dell’esistenza. Il poeta si congeda dalla Terra non con rabbia, ma con un’accettazione amara della sua vera natura. La sua disillusione non riguarda solo il mondo esterno, ma anche la propria capacità di emozionarsi e di vivere intensamente.
I versi di “Comiato” rappresentano una sorta di resa esistenziale: Pirandello ammette che il passato, con le sue illusioni, non tornerà e che ora non gli resta che guardare il mondo per quello che è realmente. Il sentimento di perdita non riguarda solo l’amore, ma anche la fede nell’esistenza di una bellezza oggettiva, indipendente dalle nostre percezioni soggettive.
In conclusione, questa poesia ci offre una riflessione profonda sulla condizione umana e sul rapporto tra il nostro stato d’animo e la visione della realtà. Pirandello ci insegna che spesso non è il mondo a cambiare, ma noi stessi, e che il disincanto è il prezzo inevitabile della consapevolezza. Il “comiato” di cui parla il titolo non è solo un addio alle illusioni giovanili, ma anche un congedo dall’ingenuità, che lascia spazio a una visione più lucida, sebbene dolorosa, della vita.
Ma, per capire davvero il senso della poesia la si deve leggere nella sua interezza:
Comiato
O vecchia Terra, è vero, e me ne pento;
riconosco che il torto è tutto mio.
Se da tant’anni il cor piú non mi sento
se non come un fastidio, anzi un rodío
continuo in petto, e piú non amo, e sono
quasi un tizzone spento, in abbandono,
come puoi tu sembrarmi bella? – “ Pensa,
(potresti dirmi) quando, innamorato
d’una donnetta pallida melensa,
che ti pareva un angelo calato
dal ciel, dicevi ch’ero tutta un gajo
riso… Eppure, ricordi? era gennajo…”
Si, si, ricordo. Tu, povera Terra,
eri, qual veramente sei, di mali
piena, dilaniata dalla guerra
perpetua de’ tuoi tristi animali,
e vecchia e stanca di volgere in tondo
nella stupida macchina del mondo.
Eppure bella – è vero – mi sembravi,
e gli uomini, per quanto esperti e istrutti
d’ogni saggia perfidia, onesti e bravi
pareanmi – è vero – che prodigio! tutti.
Sí, sí, ricordo, vecchia Terra: vieta,
se puoi, vieta che canti ogni poeta,
se prima innamorato non si sia,
tal che gli orrori tuoi non veda, sotto
la ridente d’amor dolce malia.
Io che mi sono senza cuor ridotto.
d’ora innanzi, ti giuro, starò muto;
questo, ti giuro, è l’ultimo saluto.