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“Prato d’aprile” (1895) di Ada Negri, una poesia per accogliere il mese della rinascita

Salutiamo il mese in arrivo con "Prato d'aprile", una bellissima poesia di Ada Negri che celebra le "piccole vite felici" che si risvegliano con la primavera.

“Prato d’aprile” è una poesia in cui Ada Negri racconta la vita che si risveglia dopo il gelo dell’inverno. Non possiamo che dare il benvenuto al mese ormai alle porte con questi splendidi versi, che sanno di gioia, vivacità, calore e di rinascita.

“Prato d’aprile” di Ada Negri

C’era un prato: con folte erbe, frammiste
a bianchi fiori, e gialli, e violetti;
e fra esse un brusio di mille piccole
vite felici; e se sull’erbe e i fiori
spirava il vento, con piegar di steli
tutto il prato nel sol trascolorava.

E volavan farfalle, uguali a petali
sciolti dai gambi; e si perdean rapidi
i miei pensieri in quell’aerea danza
ove l’ala era il fiore e il fiore l’ala.

Ma dov’era quel prato? Non so più.
E quel vento soave, che scendea
sull’erbe folte, a renderle
curve e beate, e me con loro, in quale
tempo io dunque l’intesi? Non so più.

Fu un sogno, forse. E che mai altro, o vita,
chiedere a te dovrei? Vita perduta,
nella tua verità non sei che un sogno.

Analisi della poesia

La poesia di Ada Negri utilizza la descrizione del risveglio della natura tipica del mese di Aprile non tanto per descrivere la primavera, ma piuttosto per approfittarne per creare un parallelismo tra essa e la condizione dell’anima. In questi versi, infatti, emerge il forte contrasto tra i colori primaverili del prato fiorito e la vita della poetessa ormai arrivata nella sua fase calante. In Prato d’aprile, la poetessa sembra rimproverarsi la sua incapacità di fiorire.

Ada Negri vorrebbe ancora “essere fiore”, avere la qualità di poter sbocciare come un fiore a primavera. Se da un lato la natura fiorisce, dall’altro la condizione esistenziale della poetessa sembra invece sfiorire. L’utilizzo dei verbi all’imperfetto sembra proprio indicare questa contrapposizione tra ciò che era e ciò che non è più. La natura che rinasce, tanto decantata nella prima parte della poesia, non è un paesaggio ammirato in tempo reale, ma un ricordo purtroppo lontano. Emblematici i versi conclusivi “Fu un sogno, forse”, ad indicare la meraviglia di un tempo che non tornerà purtroppo più.

La natura che si risveglia ad Aprile

Ma andando oltre la natura come metafora dell’esistenza, soffermiamoci sulla descrizione naturalistica della poetessa. In questi sublimi versi troviamo tutta la sensibilità e la vena poetica di un’artista come Ada Negri, capace di individuare il significato nascosto di ciò che ci circonda e che ai più sfugge.

Siamo sempre impegnati, di corsa, con lo sguardo rivolto verso il futuro. Se solo ci fermassimo un istante, ci accorgeremmo della meraviglia che ci circonda, dei prati in fiore, delle “piccole vite felici” che si risvegliano con la primavera.

La vita che cambia con l’alternarsi delle stagioni, la natura che si risveglia, il ritorno delle farfalle che si posano sui fiori che rinascono nei prati ad Aprile: tutto è visto come un sogno per la poetessa. Quindi, cos’altro chiedere di più alla vita? Nient’altro, se non il rivivere questo sogno ciclicamente e restarne comunque sempre meravigliati di fronte allo spettacolo della natura.

Le poesie e le prose di Ada Negri

È un universo tutto – o quasi – femminile quello nel quale si muove Ada Negri. Sin da “Fatalità”, la raccolta con cui, maestrina ventiduenne, esordisce nel 1892, propone l’immagine di una femminilità «ostile, armata, di razza diversa», inconsueta in un’epoca dominata dalla cultura maschile e maschilista: un io poetico caparbio e determinato nel rifiutare l’idea di una donna debole e sottomessa e nel rivendicare, tra l’altro, le proprie origini plebee.

Questa estrema consapevolezza del proprio ruolo e del proprio valore è un “fil rouge” che attraversa l’intera opera, in versi e in prosa, della scrittrice, e più in generale la sua attività di intellettuale. Prima e unica donna accademica d’Italia, socialista, amica e corrispondente di importanti pensatori e politici, Ada Negri ha vissuto sempre all’insegna dell’indipendenza: economica (si mantenne fin da giovanissima, prima lavorando come insegnante, quindi con i diritti delle sue opere); affettiva (dopo la rottura con il marito non esitò a lasciarlo trasferendosi in Svizzera, mentre coltivò un intimo rapporto con la figlia Bianca e poi con la nipote Donata); culturale (seguì sempre la propria ispirazione letteraria piuttosto che le mode del momento).

Questo volume permette di osservare l’evoluzione dei temi a lei più cari – la sensibilità per le ingiustizie sociali, lo spirito di sorellanza che accomuna le donne, il ricordo degli amati luoghi natii, l’importanza dei legami familiari, l’intensa religiosità degli ultimi anni –, ma soprattutto ci regala il ritratto a tutto tondo di un’artista complessa, sfaccettata eppure solidissima nel rivendicare la propria autonomia e libertà, una scrittrice e una donna la cui modernità ancora oggi sorprende.

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