“Carme 13”, la poesia indimenticabile e ironica di Catullo sull’amicizia

29 Luglio 2025

Catullo, poeta ironico e sensuale dell'antichità romana, è stato un grande amico per molti. Nel "carme 13" ironizza su un invito a cena indimenticabile...

"Carme 13", la poesia indimenticabile e ironica di Catullo sull'amicizia

Il “Carme 13” è uno dei testi più noti di Gaio Valerio Catullo, poeta veronese vissuto nel I secolo a.C., celebre per i suoi versi dedicati alla passione per Lesbia, ma anche per l’abilità nel trattare temi più quotidiani, con una voce personale e diretta.

In questo componimento, Catullo si rivolge all’amico Fabullo con un tono scherzoso e affettuoso, e lo invita a cena, ma a una condizione fuori dagli schemi dell’epoca: che sia lui, l’ospite, a portare tutto il necessario per divertirsi.

L’amicizia e l’ironia di Catullo in un carme

Dietro la leggerezza di questo invito si cela molto di più: il ritratto di una amicizia intesa come complicità, dove l’ospitalità non è ostentazione di ricchezza, ma condivisione sincera. E, come sempre in Catullo, non manca una punta di sensualità, che qui si concentra nel dono promesso: un profumo raro, legato all’immagine di Venere e dell’amore.

“Carme 13” di Catullo

Se dio vorrà, uno di questi giorni,
mio Fabullo, da me cenerai bene:
ma con te porta una cena abbondante
e squisita, una ragazza in fiore,
vino, sale e tutta la tua allegria.
Solo così, ripeto, amico mio,
cenerai bene, perché il tuo Catullo
ha la borsa piena di ragnatele.
In cambio avrai un affetto sincero
e tutto ciò che è bello e raffinato:
ti darò un profumo che la mia donna
ha avuto in dono da Venere e Amore.
Quando l’odorerai, prega gli dei,
Fabullo mio, di farti tutto naso.

 

“Carme 13”, Catullo (il testo originale in latino)

Cenabis bene, mi Fabulle, apud me
paucis, si tibi di favent, diebus,
si tecum attuleris bonam atque magnam
cenam, non sine candida puella
et vino et sale et omnibus cachinnis.
Haec si, inquam, attuleris, venuste noster,
cenabis bene; nam tui Catulli
plenus sacculus est aranearum.
Sed contra accipies meros amores
seu quid suavius elegantiusve est;
nam unguentum dabo, quod meae puellae
donarunt Veneres Cupidinesque,
quod tu cum olfacies, deos rogabis,
totum ut te faciant, Fabulle, nasum.

Versi d’autore tra ironia e affetto

“Se dio vorrà, uno di questi giorni, mio Fabullo, da me cenerai bene”

L’incipit stabilisce subito il tono: un invito familiare, ma velato di ironia. Il “se dio vorrà” sembra una formula di cortesia, ma Catullo la usa per giocare con l’idea della precarietà — anche quella economica, come si vedrà più avanti.

“Ma con te porta una cena abbondante e squisita, una ragazza in fiore, vino, sale e tutta la tua allegria”

Qui esplode la vena umoristica. Chi invita non si offre di preparare nulla: è l’ospite che deve portare cibo, vino, persino una donna e il buonumore.

L’eccesso volutamente grottesco — una ragazza in fiore inclusa nella lista — smaschera la funzione reale del carme: non tanto organizzare una cena, quanto celebrare il legame di amicizia attraverso il gioco verbale e la provocazione affettuosa.

“Perché il tuo Catullo ha la borsa piena di ragnatele”

Il poeta non nasconde la sua povertà, anzi la esibisce con autoironia. Il dettaglio delle “ragnatele” trasforma la mancanza di denaro in immagine vivida e quasi comica.

Qui emerge un tratto tipico di Catullo: il rifiuto della pompa sociale e della formalità che caratterizzavano i circoli aristocratici di Roma.

“In cambio avrai un affetto sincero e tutto ciò che è bello e raffinato”

Dopo il registro scherzoso, il carme rivela il suo cuore: la promessa di sincerità. Catullo non può offrire lusso, ma ciò che dà è più raro: un legame autentico, un senso di bellezza interiore.

È il suo modo di affermare che la vera ricchezza dell’amicizia non sta nella tavola imbandita, ma nell’intesa profonda.

“Ti darò un profumo che la mia donna ha avuto in dono da Venere e Amore”

Il tono torna malizioso: il profumo, oggetto legato alla sfera sensuale, porta in scena Lesbia, la donna amata e cantata da Catullo in molti carmi. L’allusione a Venere e Amore eleva il dono a simbolo di piacere e desiderio. È come se Catullo volesse dire: non posso offrirti banchetti, ma posso donarti un frammento di divinità, un segno di bellezza assoluta.

“Quando l’odorerai, prega gli dei, Fabullo mio, di farti tutto naso”

Il congedo è una battuta irresistibile. L’immagine iperbolica — “fatti tutto naso” — chiude il testo in modo giocoso, lasciando nell’aria una risata amica. Qui, l’amicizia diventa un terreno di libertà, dove le convenzioni cedono il passo all’ironia condivisa.

Catullo e l’arte di dire l’intimo

Gaio Valerio Catullo (84-54 a.C.) è uno dei poeti più moderni della classicità latina. Nato a Verona e vissuto a Roma durante l’età tardo-repubblicana, rifiutò il tono solenne della poesia epica per abbracciare la lirica breve, personale, vibrante di emozioni quotidiane.

I suoi carmi, raccolti in un “Liber” di 116 componimenti, spaziano dall’amore all’amicizia, dalla satira alla riflessione esistenziale. Catullo fu un rivoluzionario: in un’epoca in cui la poesia celebrava le gesta politiche, lui mise al centro la vita privata, le passioni, i legami, perfino la fragilità.

Per capire fino in fondo il “Carme 13”, bisogna considerare che nell’antica Roma l’amicizia (amicitia) era spesso un patto di mutuo sostegno politico ed economico, regolato da obblighi e convenzioni. Catullo ribalta questa prospettiva: la sua è un’amicizia libera, senza calcoli, fatta di scherzi, di confidenza, di piccoli doni simbolici. L’invito paradossale (“porta tutto tu”) è una caricatura del lusso ostentato nei banchetti aristocratici; al posto dell’abbondanza, il poeta offre qualcosa di impalpabile ma prezioso: l’affetto sincero e un profumo “divino”, pegno di sensualità e bellezza.

Questa idea di amicizia, intima e ironica insieme, ci appare sorprendentemente vicina. È il segno di un Catullo che, oltre duemila anni fa, parlava già la lingua della modernità: quella dei sentimenti autentici, sottratti alla logica del potere e consegnati alla libertà del cuore.

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