“Canto delle donne”, la poesia di Alda Merini contro la violenza di genere

24 Novembre 2024

Scopri la poesia "Canto delle donne" di Alda Merini, versi d'autore di una delle poche artiste a rendere bene a parole il disagio e le problematiche delle donne.

“Canto delle donne”, la poesia di Alda Merini contro la violenza di genere

Un “Canto delle donne” per denunciare la violenza di genere. Il femminicidio è un grande problema non ancora sradicato nelle società. Uno degli ultimi casi è stato quello di Francesca Deidda, donna di 42 anni, sparita da San Sperate, un paese a una ventina di chilometri da Cagliari, il 10 maggio scorso e i cui resti sono stati trovati il 18 luglio in un borsone nelle campagne tra Sinnai e San Vito. Dopo oltre sei mesi in cui si è sempre dichiarato innocente, solo due giorni fa il marito Igor Sollai ha ammesso le proprie responsabilità.

La storia di Francesca, come quella di tante altre donne, ci fanno tornare alla mente i versi di una celebre poesia di Alda Merini, una delle poche artiste capace di rendere bene a parole il disagio e le problematiche dell’universo femminile. Versi carichi di dolore e che non possono che farci riflettere in vista del 25 novembre, Giornata contro la violenza sulle donne.

“Canto delle donne” di Alda Merini

Io canto le donne prevaricate dai bruti
la loro sana bellezza, la loro “non follia”
il canto di Giulia io canto riversa su un letto
la cantilena dei salmi, delle anime “mangiate”
il canto di Giulia aperto portava anime pesanti
la folgore di un codice umano disapprovato da Dio,

Canto quei pugni orrendi dati sui bianchi cristalli
il livido delle cosce, pugni in età adolescente
la pudicizia del grembo nudato per bramosia,

Canto la stalla ignuda entro cui è nato il “delitto”
la sfera di cristallo per una bocca “magata”.

Canto il seno di Bianca ormai reso vizzo dall’uomo
canto le sue gambe esigue divaricate sul letto
simile ad un corpo d’uomo era il suo corpo salino
ma gravido d’amore come in qualsiasi donna.

Canto Vita Bello che veniva aggredita dai bruti
buttata su un letticciolo, battuta con ferri pesanti
e tempeste d’insulti, io canto la sua non stagione
di donna vissuta all’ombra di questo grande sinistro
la sua patita misura, il caldo del suo grembo schiuso
canto la sua deflorazione su un letto di psichiatra,
canto il giovane imberbe che mi voleva salvare.

Canto i pungoli rostri di quegli spettrali infermieri
dove la mano dell’uomo fatta villosa e canina
sfiorava impunita le gote di delicate fanciulle
e le velate grazie toccate da mani villane.

Canto l’assurda violenza dell’ospedale del mare
dove la psichiatria giaceva in ceppi battuti
di tribunali di sogno, di tribunali sospetti.

Canto il sinistro ordine che ci imbrigliava la lingua
e un faro di marina che non conduceva al porto.

Canto il letto aderente che aveva lenzuola di garza
e il simbolo-dottore perennemente offeso
e il naso camuso e violento degli infermieri bastardi.

Canto la malagrazia del vento traverso una sbarra
canto la mia dimensione di donna strappata al suo unico amore
che impazzisce su un letto di verde fogliame di ortiche
canto la soluzione del tutto traverso un’unica strada
io canto il miserere di una straziante avventura
dove la mano scudiscio cercava gli inguini dolci.

Io canto l’impudicizia di quegli uomini rotti
alla lussuria del vento che violentava le donne.

Io canto i mille coltelli sul grembo di Vita Bello
calati da oscuri tendoni alla mercé di Caino
e canto il mio dolore d’esser fuggita al dolore
per la menzogna di vita
per via della poesia.

Un canto universale e di denuncia

La poetessa dei Navigli in questi versi canta “l’impudicizia di quegli uomini rotti alla lussuria del vento che violentava le donne”, e il suo dolore personale per “esser fuggita al dolore per la menzogna di vita per via della poesia”; quest’ultima parte del componimento è un riferimento autobiografico. La violenza che Alda Merini racconta in questi versi, infatti, fa venire in mente alla poetessa tutte quelle viste personalmente da lei e subite da tante donne dentro ai manicomi, luoghi di prigionia fisica e mentale, situazioni che si riproducono tristemente anche in contesti diversi. Momenti tragici, da cui è riuscita a fuggire “per via della poesia”.

Quello della Merini è un canto universale, dedicato a tutte le donne vittime di violenza; donne “prevaricate dai bruti”, donne “colpevoli” soltanto della loro “sana bellezza” e della loro “non follia”, un tema da sempre molto caro alla poetessa milanese.

Giulia, Bianca, Vita Bello. Le donne cantate da Alda Merini in questa poesia urlante sono tutte vittime di assurde violenze. L’impudicizia di quegli uomini rotti alla lussuria del vento che violentava le donne, un grido di dolore contro tutti quegli uomini che troppo spesso vedono nella donna la nullità.

Il fenomeno della violenza sulle donne

La violenza di genere espressa in versi da Alda Merini vive nel contrasto tra la dolcezza e la bellezza che ogni donna porta o vorrebbe portare con sé e la disumanità che accompagna in queste situazioni il comportamento maschile.

Ci ripromettiamo sempre che le cose cambieranno e che migliorerà l’educazione maschile in modo che si comprenda davvero la parità tra la donna e l’uomo. Eppure ogni volta la notizia di uno stupro o di una violenza oppure di un omicidio rompono la promessa: secondo il XI Rapporto Eures, sono 99 le donne uccise in Italia tra il 1 gennaio e il 18 novembre di quest’anno. Gli omicidi sono avvenuti soprattutto nelle regioni del centro, mentre diminuiscono al nord e soprattutto al sud.

Di fronte a questi dati, lo sgomento pervade l’opinione pubblica; per fortuna, anche la voce di tanti uomini giusti si schiera contro la ferocia inaudita che trasforma il maschio in una bestia e rende le donne vittime inermi. Ma ancora, purtroppo, ciò non basta a ridimensionare il fenomeno della violenza di genere. E allora ben vengano parole di denuncia come il canto della Merini per destare le coscienze di tutti.

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