Agonia di Giuseppe Ungaretti è una poesia sulla che spinge ad osare, a prendere l’iniziativa, a non rimanere immobile e lamentevole nella speranza che le cose possano arrivare da sole senza nessuno spirito d’iniziativa. Un poema che sprigiona una voglia di libertà, di prendere in mano la vita, senza essere in balia degli altri o del destino.
La poesia di Ungaretti è un inno al libero arbitrio, alla volontà di diventare padroni di sé stessi, al potere di agire liberamente seguendo i principi della scelta e della forza di volontà.
La poesia fu scritta nel dicembre del 1915 quando il poeta ha già deciso di dare il proprio contributo a favore dell’indipendenza dell’Italia e al relativo ingresso del Belpaese alla prima Guerra Mondiale.
Agonia fa parte della sezione Ultime, Milano 1914-1915 della raccolta di Giuseppe Ungaretti L’allegria pubblicata, con più titoli e aggiornamenti, nel 1931 e poi nella versione definitiva nel 1942.
Leggiamo la poesia di Giuseppe Ungaretti per condividerne i valori e comprenderne il significato.
Agonia di Giuseppe Ungaretti
Morire come le allodole assetate
sul miraggioO come la quaglia
passato il mare
nei primi cespugli
perché di volare
non ha più vogliaMa non vivere di lamento
come un cardellino accecato
L’agonia di assistere alla vita senza agire
Agonia è una poesia di Giuseppe Ungaretti che mette in scena attraverso una geniale metafora la voglia di libera azione del poeta. Gli uccelli rappresentano per definizione il volo, il cielo, l’aria, sono liberi di muoversi in balia di loro stessi. Tranne i poveri cardellini costretto a cinguettare chiusi in gabbia.
E il cardellino con il suo cinguettio lamentoso, diventa la metafora dell’umano che non ha il coraggio o la volontà di agire e continua la sua vita a lamentarsi di ogni cosa senza fare mai niente per cambiare le cose. Per Ungaretti meglio un’esistenza vissuta con pienezza, pur se rischiosa, piuttosto che una lenta “agonia” vissuta nel lamento.
La poesia è contestualizza alla volontà del poeta di intervenire nella Prima Guerra Mondiale e per la definitiva indipendenza e liberazione dell’Italia dai territori ancora occupati dall’impero austro-ungarico. Per Ungaretti non prendere posizione e fare qualcosa diventa simile all’agonia del “cardellino accecato”. Proprio per questo la poesia prende il titolo di “Agonia”.
Meglio morire come le allodole…
Non a caso, il poeta nato ad Alessandria d’Egitto, inizia la poesia con una chiara dichiarazione d’intenti:
Morire come le allodole assetate
sul miraggio
Ungaretti afferma che si può anche morire di sete come le allodole illuse da un miraggio. Il poeta fa riferimento ad un sistema di caccia, proibito dalla legge, che si usava per le allodole. Di soleva usare un rimedio proibito, ovvero un congegno formato da uno o più palette che si fanno girare coperte da frammenti di specchio e mosse da un congegno meccanico. Il riflesso degli specchi illudeva le allodole che ciò che stavano vedendo fosse il luccichio dell’acqua. Non dimentichiamo che da ciò è nato il modo di dire “specchietto per le allodole”.
E il poeta è disposto a fare la fine delle allodole pur di avere la loro opportunità di poter volare verso la loro meta, anche a costo di cadere vittime del bracconaggio.
…o come le quaglie
Nella seconda strofa, protagoniste diventano le quaglie:
O come la quaglia
passato il mare
nei primi cespugli
perché di volare
non ha più voglia
Anche loro sono espressione di una vita libera e pronta ad esplorare nuovi mondi, nuove esperienze, anche al costo della morte. Le quaglie emigrano frequentemente e riescono ad adattarsi a qualunque luogo purché non non ci siano condizioni di vita estreme, e che a volte per la stanchezza del viaggio si accasciano sfinite.
Esplorare e vivere liberamente, seguendo la voglia di scoprire nuove esperienze per Ungaretti è una condizione importante per poter vivere con gioia e benessere.
Ma mai come il cardellino accecato in gabbia
Chiude la poesia dando senso alle due strofe precedenti. Il poeta infatti l’unica morte che non è disposta ad accettare è quella del cardellino accecato e lamentoso.
Per comprendere il senso bisogna sempre capire il senso della metafora. Il cardellino non fa altro che emettere striduli lamenti perché non è in grado di vedere la luce. Era usanza dei cacciatori accecare i cardellini, perché si credeva che così cantassero meglio, potessero fare da richiamo per altri uccelli e si sarebbero adattati meglio alla vita in gabbia.
È proprio questa la fine che il poeta non vuole fare. Per lui la libertà e la volontà di potersi esprimere sono importanti, fondamentali. Sarebbe disposto a morire per garantirsi la libertà di poter agire liberamente. Non c’è dignità nella sicurezza di una gabbia e cosa ancora peggiore passare i giorni della vita lamentandosi delle cose non vanno senza fare niente.
La poesia di Ungaretti rappresenta una lezione di vita. In molti attendono che le cose possano cambiare senza fare nulla per favorire il reale mutamento. Passano la loro vita a lamentarsi che tutto va male e non intervengono in nessun modo. L’assistere è la loro unica esistenza senza mai reagire.
È proprio questa l’agonia di cui parla Giuseppe Ungaretti, che lui inquadrava in coloro che non volevano lottare per l’indipendenza dell’Italia e la sua giovane età e le sue idee invece chiedevano libertà.