Addio Mondo (1944) di Herman Hesse, poesia sul potere dell’amore per salvare il mondo

28 Luglio 2025

Scopri perché i versi della poesia "Addio Mondo" di Hermann Hesse possono salvare il futuro e sconfiggere la distruzione e la cattiveria umana.

Addio Mondo (1944) di Herman Hesse, poesia sul potere dell'amore per salvare il mondo

Addio Mondo di Herman Hesse è una poesia di grande attualità che mette al centro la fragilità umana, la distruzione, il crollo della fiducia, la crisi delle coscienza collettiva. Un poesia  dell’età più matura del poeta tedesco che evidenza con lucida realtà come i riferimenti vacillano, le certezze si sgretolano, e il mondo, così come lo conoscevamo, sembra diventare irriconoscibile.

In questi frangenti, il pensiero del distacco non spaventa più. Non perché si perda la speranza, ma perché si raggiunge una forma di lucidità superiore, quasi serena. È in questo stato d’animo che Hermann Hesse, nel pieno della Seconda guerra mondiale, scrive una poesia che suona come un commiato pacificato alla vita e alla civiltà.

La poesia non è una resa, né una condanna. È un saluto consapevole, intriso di gratitudine e di memoria, scritto da chi ha vissuto abbastanza da poter dire di essere sazio di gioia, di dolore, di amore. Una voce limpida che si leva tra le macerie per ricordarci che si può lasciare la vita senza odio, e che la bellezza del mondo, anche quando ferita, merita comunque uno sguardo d’amore.

Addio Mondo fu scritta nel 1944 e fa parte della raccolta di poesie Die Gedichte 1892–1962 di Hermann Hesse,  la cui prima pubblicazione è stata nel 1953. In Italia si può leggere in Poesie, con la cura di Mario Specchio, libro pubblicato da Ugo Guanda Editore, per la prima nel 1978.

Leggiamo questa profonda poesia di Hermann Hesse per scoprirne il significato e apprezzarne la contemporaneità.

Addio Mondo di Herman Hesse

(1944)

Giace il mondo in frantumi,
lo amammo molto un tempo,
adesso anche il morire
non ci fa più spavento.

Il mondo non va disprezzato,
screziato e selvaggio egli è,
malie antichissime spirano
ancora attorno a sè.

Vogliamo separarci
grati dal suo gran gioco;
ci dette gioia e pena
ci dette molto amore.

Addio mondo, rifatti
bello e smagliante, noi
siamo della tua gioia
e della pena sazi.

 

Leb wohl, Frau Welt, Hermann Hesse

(1944)

Es liegt die Welt in Scherben,
Einst liebten wir sie sehr,
Nun hat für uns das Sterben
Nicht viele Schrecken mehr.

Man soll die Welt nicht schmähen,
Sie ist so bunt und wild,
Uralte Zauber wehen
Noch immer um ihr Bild.

Wir wollen dankbar scheiden
Aus ihrem grossen Spiel;
Sie gab uns Lust und Leiden,
Sie gab uns Liebe viel.

Leb wohl, Frau Welt, und schmücke
Dich wieder jung und glatt,
Wir sind von deinem
Glücke Und deinem Jammer satt.

Il mondo merita sempre un altra opportunità

Addio Mondo è una poesia di Herman Hesse che si rivela come una sorta di vertice in cui coincide la parte più matura del pensiero del poeta tedesco. È una sorta di sintesi spirituale capace di riassumere tutto ciò che Hesse ha esplorato nei suoi romanzi, nei suoi diari, nella sua lotta interiore. Gioia e pena, passione e stanchezza, fiducia nell’esistenza e dubbio sul senso della vita: non sono semplici temi, ma vere e proprie lacerazioni. Sono fratture vitali, tensioni che generano la sua scrittura e ne formano la spina dorsale.

Hermann Hesse contempla i frantumi di un mondo amato, e che, nonostante tutto, può ancora rifiorire “bello e smagliante”. Ma quell’ultima luce, che ancora brilla negli occhi di chi saluta,  è anche velata da un pizzico di amarezza. Perché la vita, nel momento in cui si lascia, parla con la sua voce più trasparente, più seducente, più vera.

Forse, come suggeriva lo stesso autore, solo allora la si vede davvero, nella sua interezza struggente: quando si è sazi di gioia e di dolore, eppure non pronti a lasciarla. E in quel momento, in quella crepa tra la fine e la memoria, tra ciò che svanisce e ciò che resta, Hesse lascia questo canto più intimo e definitivo.

Scritta nel 1944: quando la poesia è più forte della guerra

Il dato storico è cruciale. Il contesto di Addio mondo è il 1944. In quell’anno, l’Europa è in rovina, le città in fiamme, la civiltà occidentale sembra vicina al collasso. In questo scenario, Hesse sceglie di scrivere una poesia semplice, umana, spirituale. È come se dicesse: anche se tutto finisce, si può restare in pace con il mondo, con la vita, con sé stessi.

Questa poesia sembra rivelarsi come una testimonianza morale, un gesto di resistenza alla barbarie che gli umani sono in grado di scatenare. Un esempio di come la parola poetica possa ancora salvarci, anche quando tutto sembra perduto.

Sembra vivere in questa poesia il momento attuale, in cui il mondo appare ancora una volta fragile, diviso, violento. Malgrado ciò la voce di Hesse ricorda che si può dire addio senza odio. Che si può essere critici senza essere distruttivi, e che la maturità spirituale è l’unico vero antidoto al disincanto.

Addio mondo è una poesia da leggere come un salmo laico, come una meditazione per l’anima. Parla a chi ha sofferto, a chi ha vissuto, a chi cerca ancora bellezza nelle rovine.

Il mondo che cade in frantumi

Giace il mondo in frantumi,
lo amammo molto un tempo,
adesso anche il morire
non ci fa più spavento.

Il mondo è distrutto, non solo nel senso fisico, ma anche morale e spirituale. Hesse non parla solo della realtà esterna, ma di un mondo interiore andato in pezzi, di un’epoca che non regge più, di un crollo delle illusioni.

Ma si avverte che non c’è rancore. Il mondo è stato amato profondamente, vissuto intensamente. Questo verso porta con sé tenerezza e nostalgia. È la voce di chi ha attraversato la vita con pienezza, e ora può dire: “Abbiamo amato, con tutto quello che ciò comporta: gioia, dolore, bellezza, tradimenti, speranza.”

È il culmine della consapevolezza. Il poeta descrive l’uomo maturo, che non teme più la morte. Non perché sia diventato cinico, ma perché la vita lo ha già nutrito a sufficienza. Il morire è visto non come perdita, ma come naturale conclusione di un percorso. Una fine quasi serena.

Questa quartina esprime una lucidità radicale. Riconoscere la rovina del mondo, non rinnegarla, eppure non rinnegare neppure l’amore provato per esso. È come dire: “Sì, tutto sta finendo, ma ne è valsa la pena. Non mi aggrappo, non mi lamento. Accolgo anche la fine.” Non è disfattismo, ma accettazione matura del ciclo della vita, della caducità delle cose, della precarietà della condizione umana.

Il mondo non merita disprezzo

Il mondo non va disprezzato,
screziato e selvaggio egli è,
malie antichissime spirano
ancora attorno a sè.

Anche se è ferito e in rovina, il mondo non merita disprezzo. È ancora pieno di fascino, con la sua natura selvaggia, imprevedibile, screziata di luce e ombra. Intorno a lui soffiano ancora antiche magie, simbolo di un mistero profondo e millenario che continua ad affascinare l’anima umana. Hesse invita a guardare con rispetto anche ciò che sta finendo, perché la bellezza e l’incanto non scompaiono del tutto, nemmeno nel declino.

Il gran gioco della vita

Vogliamo separarci
grati dal suo gran gioco;
ci dette gioia e pena
ci dette molto amore.

In questi versi, Hermann Hesse esprime un distacco consapevole e grato dalla vita. Non c’è ribellione né rancore: “il gran gioco” della vita, con le sue contraddizioni, è stato vissuto fino in fondo. Il poeta riconosce di aver ricevuto tutto ciò che conta: gioia e dolore, ma soprattutto amore. È un addio maturato nell’esperienza, in cui la gratitudine prevale sul rimpianto. Un congedo sereno, da chi ha vissuto davvero.

L’amore è il principio guida per guardare al terrore, alla sofferenza, alla cattiveria umana. È l’unico atto veramente rivoluzionario per reagire allo disfacimento generato dagli umani. La vera forza per cambiare le cose nasce dal principio assoluto dell’amore. I sentimenti, le emozioni negative generano solo danni, morte, distruzione.

Il senso della rinascita non svanisce quando si ama

Addio mondo, rifatti
bello e smagliante, noi
siamo della tua gioia
e della pena sazi.

Hermann Hesse saluta il mondo senza rancore, senza pessimismo. Gli augura persino di rinascere: che si rifaccia bello, luminoso, rinnovato. Non c’è spirito di vendetta, né disprezzo verso ciò che è stato. Anzi, è un augurio quasi benevolo, come se il poeta lasciasse la scena, ma volesse che il mondo continui e migliori. la bellezza terrena non può in nessun modo esaurirsi, qualsiasi cosa sia stato, c’è sempre il mopdo per rinascere migliori.

Il poeta tedesca utilizza il noi, evidentemente indicando la propria generazione, che ha gustato e sofferto la vita fino in fondo. Emerge il senso della “pienezza” interiore, non si desidera più nulla, perché tutto è già stato vissuto, accolto, metabolizzato. Gioia e pena, che spesso ci sembrano inconciliabili, qui si fondono in un’unica esperienza esistenziale completa.

Siamo sazi, cioè appagati, come chi ha partecipato a un grande banchetto, non sempre dolce, ma vero. Il poeta ha assaporato tutto e ora può lasciare il mondo in pace, con una dignità che nasce dalla gratitudine.

L’addio di Hermann Hesse al mondo non è una fuga, né una condanna dell’esistenza. È una dichiarazione di amore maturo, si lascia il mondo, perché è stato vissuto e amato in tutte le tue sfumature. È un atteggiamento mistico in cui no0n c’è più nulla da trattenere e nulla da rimpiangere. Un pensiero che attinge evidentemente dalle filosofie e dalle religioni orientali e che prende vita e forma in questi pochissimi versi.

Un messaggio che dovremmo far nostro e condividere

Addio mondo lascia un messaggio profondo e universale, valido non solo per chi è alla fine di un percorso, ma per chiunque si interroghi sul senso della vita, sull’equilibrio tra bellezza e dolore, e sul modo più autentico di abitare il mondo. Ci sono alcune cose che si possono imparare da questa poesia.

Accettare la vita nella sua interezza
Hermann Hesse ci insegna che non esiste felicità piena senza aver attraversato anche la sofferenza. La gioia e la pena sono entrambe parti essenziali del vivere. Solo chi ha provato entrambe può dirsi davvero sazio, cioè compiuto. La vita non va selezionata, ma accolta per intero.

Coltivare la gratitudine anche nel distacco
Pur trovandosi di fronte alla rovina, il poeta non disprezza il mondo. Lo saluta con riconoscenza. Questo atteggiamento — né rassegnato né cinico — suggerisce una maturità spirituale rara, che ci invita a lasciare andare con amore, non con rabbia. Gratitudine e lucidità possono convivere anche nei momenti più difficili.

La bellezza resiste, anche tra le rovine
Anche se il mondo è “in frantumi”, Hesse riconosce che vi spirano ancora “malie antichissime”. C’è ancora mistero, poesia, luce. Questa è una lezione fondamentale: la bellezza non muore mai del tutto, nemmeno nei tempi più bui. Allenarsi a cogliere la bellezza anche nel dolore è un atto di resistenza interiore.

Il vero distacco non è fuga, ma pienezza
La poesia parla di una sazietà esistenziale: non si fugge dal mondo per stanchezza, ma lo si lascia dopo aver vissuto davvero. È un invito implicito a non rimandare la vita, a viverla in profondità, perché solo così sarà possibile, un giorno, lasciarla senza rimpianti. Vivere intensamente, per poter dire addio con leggerezza.

La vita diventa più chiara proprio quando la stiamo per lasciare
Si apprezza la vita nella sua forma più pura e luminosa solo quando sta per sfuggirci. È un invito a non aspettare la fine per guardare con occhi limpidi, ma ad allenarci ogni giorno a uno sguardo più consapevole. Ogni istante può essere l’ultimo: per questo ogni istante merita rispetto e presenza.

Grazie Hermann Hesse per l’ennesima immensa lezione che tutti dovremmo imparare soprattutto nel periodo che stiamo vivendo.

© Riproduzione Riservata