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Poesia di Tagore sull’amore autentico “Amore, vieni nel mio giardino” (1917)

Scopri “Amore, vieni nel mio giardino”, una poesia di Tagore che possiamo considerare un vero dono d’amore, un invito a guardare oltre l’apparenza.

“Amore, vieni nel mio giardino”. Così inizia questa splendida poesia di Tagore, che possiamo considerare un inno all’amore puro, quello assoluto, universale. Una magica preghiera che il poeta libanese rivolge al Creatore, ma che può coincidere benissimo con l’amore rivolto alle persone che si amano davvero, quelle che sollecitano il cuore, che danno un fremito all’anima.

La poesia senza titolo è il secondo poema di una raccolta di 60 poesie Lover’s gift and Crossing di Rabindranath Tagore, pubblicato a New York da The Macmillan Company nel 1918. In Italia la raccolta è stata pubblicata con il titolo Dono d’amore, curata da Brunilde Neroni e pubblicata da Ugo Guanda Editore nel 2012.

Leggiamo questa meravigliosa poesia di Rabindranath Tagore per viverne le sensazioni, l’atmosfera, la sensibilità e comprenderne il significato.

Amore, vieni nel mio giardino di Rabindranath Tagore

Amore, vieni nel mio giardino.
Passa oltre i fiori che, accesi,
s’affollano ai tuoi occhi.
Passa oltre, fermandoti solo
per qualche gioia inattesa,
che come un improvviso, incantevole tramonto,
illumina ma subito svanisce.
Perché il dono d’amore è timido,
non rivela mai il suo nome,
si nasconde nell’ombra,
diffondendo un brivido di gioia
fino alla polvere…
Coglilo o sentine per sempre il vuoto,
anche se è un dono che può essere offerto
come un fragile fiore o una lampada
dalla fiamma tremante.

Una poesia di Tagore che è una preghiera di vero amore

Rabindranath Tagore ci dona una poesia di puro amore, ci offre una visione dell’amore come presenza silenziosa, un magico regalo che non si impone ma si manifesta nel mistero e nella fragilità. L’amore, per , non è un diritto né una pretesa, ma un evento sacro e inatteso, che può svanire se non lo si accoglie nel momento esatto in cui si manifesta.

Leggere Rabindranath Tagore oggi è come entrare in un giardino interiore fatto di silenzio, stupore e verità. Poeta, mistico, premio Nobel per la Letteratura nel 1913, Tagore è una voce che parla direttamente al cuore umano, senza mediazioni. Nella poesia “Amore, vieni nel mio giardino”, il poeta ci guida verso una comprensione più profonda dell’amore: non un sentimento da possedere, ma un dono che si offre solo a chi sa vedere oltre.

In realtà, in bengalese, la lingua originaria del grande poeta mistico, la raccolta che contiene la poesia fu pubblicata nel 1917 con il titolo originale Palataka (Dono d’amore) raccolta di sessanta poesie che completa il percorso iniziato da Rabindranath Tagore con Pushpanjali (Petali sulle ceneri). Le poesie furono scritte continuamente rimaneggiate tra il 1885 e il 1915, in ricordo dei grandi affetti perduti, accanto ai temi ricorrenti di tutta la sua opera come l’amore, il dolore, la solitudine, la natura, l’incontro con Dio.

Il significato profondo della poesia

L’amore è rappresentato come apparizione silenziosa. Tagore propone una visione spirituale e insieme intima dell’amore. Il sentimento non si manifesta con clamore, ma si cela nella discrezione, nella bellezza effimera delle cose. L’amore vero è quello che illumina per un istante e poi svanisce, lasciando però una traccia profonda nell’anima.

Tagore presenta l’idea di un amore che non si annuncia a gran voce, ma si rivela nei dettagli, nei gesti impercettibili, nelle emozioni che affiorano all’improvviso. Non è l’amore teatrale delle passioni travolgenti, ma quello del silenzio, dell’attesa e dell’ascolto.

“Passa oltre” dice il poeta bengalese. Con questa poesia il grande mistico invita a superare l’apparenza. Il poeta mette in guardia contro l’attrazione superficiale del bello visibile (“i fiori accesi”), esortando a cercare qualcosa di più sottile e profondo. L’amore autentico non è sempre appariscente: può celarsi dietro una parola non detta, un gesto lieve, un attimo di verità.

È un invito a superare le illusioni, le passioni esteriori, per accedere a uno spazio più intimo dove l’amore vero si cela. È una critica sottile alla superficialità dei sentimenti contemporanei, dominati dall’esteriorità.

“Coglilo o sentine per sempre il vuoto”. L’ultimo verso è di una potenza silenziosa: l’amore è un’occasione che passa. Se non siamo presenti, se non siamo ricettivi, il rischio è quello del vuoto, del rimpianto. E Rabindranath Tagore avverte con dolcezza ma fermezza: o lo accogli, o vivrai con il senso della sua assenza.

La poesia ricorda che l’amore, come un tramonto o un lampo, può illuminare all’improvviso ma anche sparire in un istante. Per questo deve essere colto, riconosciuto, custodito. Diversamente, si rischia di provare il vuoto per tutta la vita.

L’idea dell’amore come dono che passa attraverso di noi, ma non ci appartiene. L’amore non è possesso, ma comunione. È un’energia che fluisce, che si riceve e si dona senza condizioni. È anche un atto spirituale: chi ama davvero sa restare nell’ombra, senza chiedere nulla, solo offrendo ciò che ha dentro di sé.

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