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“Una preghiera” (1924) di James Joyce, poesia sull’autentico potere soggiogante dell’amore

Scopri tutto il potere che può avere l'amore, grazie ai versi di "Una preghiera" poesia di James Joyce che ci fa fluttuare nelle emozioni generate da questa dominante forza.

Una preghiera di James Joyce è una poesia che mette al centro gli effetti controversi che genere nel cuore nella mente l’amore. Una poesia geniale perché il poeta ci fa vivere la parte più intima degli effetti che l’amore può avere per il singolo e per la coppia.

Una preghiera, come si evince dallo stesso titolo, è un appello all’amore, che diventa una sorta di entità suprema e “soggiogatrice”, affinché possa evitare i suoi devastanti effetti sul cuore e sulla mente.

Una poesia in cui l’introspezione e l’emotività sono gli assoluti protagonisti. L’originalità è che il tema principe sia proprio l’amore

James Joyce scrisse A prayer, questo il titolo originale della poesia, durante un lungo soggiorno a Parigi nel 1924. È l’ultima poesia ad apparire nella raccolta Pomes Penyeach, la seconda dell’autore, pubblicata il 7 luglio del 1927, da Shakespeare and Company, la stessa casa editrice dell’Ulisse (1920).

È l’unica scritta mentre viveva in Francia. In precedenza, la famiglia Joyce aveva trascorso alcuni anni a Zurigo prima di tentare di riprendere la propria residenza a Trieste.

Leggiamo questa originale poesia sul potere dominante che può avere l’amore sul condizionare sentimenti ed emozioni.

Una preghiera di James Joyce

Ancora!
Vieni, dai, dammi tutta la tua forza!
Da lontano una parola bassa soffia nel cervello che si spezza
La sua calma crudele, la miseria della sottomissione,
La tranquillizza come un’anima predestinata.
Cessa, amore silenzioso! Mio destino!

Accecami con la tua oscura vicinanza, O abbi pietà, amato nemico della mia volontà!
Non oso resistere al freddo tocco che temo.
Allontana da me ancora
La mia lenta vita! Piegati di più su di me, testa minacciosa,
Orgoglioso della mia caduta, ricordando, compiangendo
Colui che è, colui che era!

Ancora!
Insieme, piegati dalla notte, giacevano sulla terra. Io sento
Da lontano la sua bassa parola alita nel mio cervello che si spezza.
Vieni! Mi arrendo. Piegati di più su di me! Sono qui.
Soggiogatore, non lasciarmi! Solo gioia, solo angoscia,
Prendimi, salvami, placami, Oh liberami!

(Traduzione Libreriamo)

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A Prayer, James Joyce

Again!
Come, give, yield all your strength to me!
From far a low word breathes on the breaking brain
Its cruel calm, submission’s misery,
Gentling her awe as to a soul predestined.
Cease, silent love! My doom!

Blind me with your dark nearness, O have mercy, beloved enemy of my will!
I dare not withstand the cold touch that I dread.
Draw from me still
My slow life! Bend deeper on me, threatening head,
Proud by my downfall, remembering, pitying
Him who is, him who was!

Again!
Together, folded by the night, they lay on earth. I hear
From far her low word breathe on my breaking brain.
Come! I yield. Bend deeper upon me! I am here.
Subduer, do not leave me! Only joy, only anguish,
Take me, save me, soothe me, O spare me!

Scopriamo la forza dominante dell’amore

Una preghiera è una poesia di James Joyce in cui lo scrittore irlandese sembra riv olgersi all’amore come una forza superiore, una divinità dominatrice e soggiogante, che può generare effetti devastanti sul cuore e sulla mente.

Il bisbiglio dell’amore si fa sentire

A prayer si apre nella prima strofa con l’autore che sembra invocare gridando: “Ancora!”. Sembra rivolgersi ad un entità superiore, una forza demoniaca che può avere assoluto potere su chi ama e sugli amanti.

Questa forza “bisbiglia” i suoi effetti come una parola pronunciata a bassissima voce è il “cervello che si spezza”. Una forza che agisce con una calma crudele calmo e chi è sottoposto alla sua influenza è costretto a vivere la “miseria della sottomissione”.

Viene poi introdotta un’ambigua figura femminile a cui l’anima dell’autore irlandese si sente “predestinata”, suscitando un altro grido che gli proibisce di perseguire questo amore fatale.

Lo stile della poesia si allinea al movimento modernista del periodo. Utilizza il flusso di coscienza e si basa molto sull’immaginazione. Il linguaggio è frammentato e disarticolato, e riflette il tumulto interiore dello scrittore. L’uso della ripetizione e dell’esclamazione “Ancora!” aumenta l’intensità emotiva della poesia.

Sempre nella prima strofa di A Prayer, l’autore cerca di rendere evidente la forte angoscia per i suoi incontri con l’amore. Gran parte della poesia è intrisa di ambiguità, a causa del flusso di coscienza che Joyce usa per inserire il lettore intimamente nel suo “cervello a pezzi”.

Di conseguenza, è difficile decifrare a chi si rivolge nei primi due versi. “Vieni, dai, dammi tutta la tua forza!” esclama con implorante urgenza. La “parola bassa” come pronunciata da lontano, forse da un amante, causa un profondo danno emotivo.

Gli ultimi tre versi della strofa supportano questa interpretazione. Essi menzionano una donna verso la quale l’autore gravita con la soggezione “di un’anima predestinata”, nonostante l’apparente effetto deleterio che avverte.

La richiesta di poter essere dominato dall’amore

Nella seconda strofa, James Joyce chiede a questo “amato nemico” di accecarlo con la sua oscurità. Esprime anche la paura di qualsiasi tentativo di resistere al suo “freddo tocco”. Ma Joyce cede e immagina che la loro vitalità venga prosciugata in questo processo.

Mentre una “testa minacciosa” si piega verso di loro, essi riflettono sulla loro “caduta, ricordando, compatendo” la persona che sono ed erano.

La seconda strofa di Una preghiera sembra approfondire il lamento dell’oratore per la natura un po’ sadica del suo amore. Inizia con un’altra supplica, anche se questa volta si tratta del desiderio di essere accecati dalla “oscura vicinanza” dell’amato. Un’immagine che sottolinea i modi oscuri e confusi in cui l’amore ostacola più di quanto illumini.

L’oratore continua anche a rivelare la sua incapacità di resistere a questa persona, riferendosi a lei come all’“amato nemico della volontà” , a cui “non osa resistere”.

Un’altra immagine avvincente la ritrae addirittura come una presenza inaridita che succhia loro la vita: “Allontana da me ancora La mia lenta vita!”.

Essi acconsentono ardentemente prima di sprofondare in un pietoso oblio.

Il desiderio di abbandonarsi totalmente

L’ultima strofa di Una preghiera vede James Joyce raggiungere l’apice dell’agonia e dell’estasi. L’amore sembra aver rivelato tutti i suoi effetti, è al suo culmine. James Joyce dipinge un’altra scena avvolta nell’ambiguità, quella in cui due amanti sono raffigurati “insieme, piegati dalla notte…sulla terra”.

O si tratta dell’autore e della sua amata. Potrebbe anche essere una febbrile manifestazione di infedeltà stimolata dalle ansie del poeta.

La “parola bassa” riappare per “spezzare il cervello” dell’autore, anche se questa volta è attribuita direttamente alla donna. In una netta inversione di tendenza rispetto alla prima strofa, annunciano di essere loro a “cedere” tutta la loro forza.

Implorano il loro amato, ovvero l’amore, che diventa il loro “soggiogatore”, di non abbandonarli. “Solo gioia, solo angoscia”, scrive James Joyce, sostenendo le due polarità da cui è definito il loro amore, accettandole entrambe con devozione.

Una poesia dal contenuto geniale

Il genio di James Joyce e il suo originale modo d’intendere la scrittura, rivela in questa poesia tutta la sua grandezza. Si viaggia nel corso di questa “preghiera” dal singolo alla coppia, dall’attesa dell’amata, a loro due che stanno insieme.

L’amore diventa il soggetto che controlla ogni cosa, guida emozioni e sentimenti e se non fa valere il suo dominate influsso, le emozioni diventano niente.

C’è l’esigenza dice Joyce di diventare martiri dell’amore. Se non si avvertono i suoi “feroci artigli” e la sua “forza dominatrice” tutto diventa sterile privo di quella passione fondamentale per vivere la relazione amorosa e il rapporto intimo di coppia.

Tutti dovremmo recitare o meglio vivere la preghiera di James Joyce.

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