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Taranto, Ilva e polo industriale: tribolazioni infinite, solo lacrime per i cittadini

Abbiamo chiesto al giornalista e scrittore tarantino Francesco Leggieri di raccontarci le reazioni a poche ore dalla sentenza sull'ex Ilva da parte della Corte d'Assise di Taranto

E’ di oggi la notizia della decisione da parte della Corte d’Assise di Taranto di condannare a 22 e 20 anni di reclusione Fabio e Nicola Riva, ex proprietari e amministratori dell’Ilva, tra i 47 imputati (44 persone e tre società) nel processo chiamato “Ambiente Svenduto” sull’inquinamento ambientale prodotto dallo stabilimento siderurgico. Rispondono di concorso in associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all’avvelenamento di sostanze alimentari, alla omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro. Inoltre la Corte d’Assise di Taranto ha inflitto tre anni e mezzo di reclusione sono stati inflitti dalla  all’ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola sempre nell’ambito del processo.

La reazione dei cittadini di Taranto alla sentenza

La decisione, non definitiva e che verrà ridiscussa nei prossimi due gradi di giudizio, è stata accolta con relativo successo da parte dei cittadini tarantini, in particolare da chi negli anni di cattiva gestione del siderurgico tarantino ha visto la scomparsa di amici, parenti, figli, ammalati a causa delle polvere sottili che venivano disperse nell’ambiente, in particolare nei pressi del quartiere Tamburi, a due passi dall’ex Ilva. Abbiamo chiesto al giornalista e scrittore tarantino Francesco Leggieri di raccontarci la situazione nel capoluogo ionico vista con gli occhi di chi vive lì.

La proprietà del polo siderurgico

Che a Taranto si muoia di cancro, più che in altre città, è ormai accertato. Il 4 novembre 2020 ArcelorMittal, la multinazionale che gestisce l’acciaieria ex Ilva di Taranto, aveva chiesto al Governo italiano la risoluzione del contratto di affitto dello stabilimento ed ha, di fatto, cercato una soluzione del problema che sembrerebbe irrisolvibile. Il 15 aprile 2021, con il versamento della relativa quota avvenuto è stato sancito l’ingresso di Invitalia, l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, nel capitale sociale di AM InvestCo Italy S.p.A., con una partecipazione del 38% del capitale sociale. La restante partecipazione del 62% resta in capo al Gruppo ArcelorMittal, che non esercita più attività di direzione e coordinamento su AM InvestCo Italy S.p.A. Il gruppo è stato di conseguenza rinominato Acciaierie d’Italia S.p.A. e tutte le società controllate hanno assunto una nuova denominazione.

La produzione nell’ex Ilva

Va detto che, ultimamente,  la produzione è stata  dimezzata e, ciò nonostante, il rischio sanitario resta inaccettabile. Il problema, oltre che per gli stessi lavoratori, è gravissimo soprattutto per i cittadini che vivono nei quartieri a ridosso dello stabilimento, come Tamburi e Paolo VI. Le attuali valutazioni sono state fatte in base agli 8 milioni di tonnellate per anno, praticamente la metà rispetto al 2015. Va aggiunto che, con effetto dal 3 novembre 2019, il Parlamento italiano ha eliminato la protezione legale necessaria alla Società per attuare il suo piano ambientale senza il rischio di responsabilità penale. In questa maniera, ArcelorMittal ha giustificato la comunicazione di recesso.

Quindi, la filiale italiana di ArcelorMittal ha ammesso, così, di non voler continuare a investire gli 1,15 miliardi promessi, sul sito pugliese, senza la garanzia della cosiddetta ‘immunità’. Che l’aveva esentata, finora, da qualsiasi responsabilità civile e penale nell’ambito della gestione dello stabilimento. E dei conseguenti danni ambientali e sanitari.

La situazione

L’ex Ilva è attiva dal 2012, nonostante il sequestro giudiziario. Proprio Arcelormittal aveva già ribadito, nei mesi scorsi, che “Lo stabilimento di Taranto è sotto sequestro giudiziario dal 2012 e non può essere gestito senza che ci siano le necessarie tutele legali fino alla completa attuazione del Piano ambientale”. Ed è proprio così. Nonostante l’iniziale sequestro messo in atto dalla Procura di Taranto nel luglio 2012  “senza facoltà d’uso degli impianti a caldo”, definiti “fonte di malattia e morte” dalla Gip Todisco, la produzione non si è mai fermata.

A permettere di proseguire la produzione ci hanno pensato 14 decreti Salva-Ilva, messi in campo dai vari governi da Berlusconi a Conte. Intanto, il processo “Ambiente svenduto”  relativo ai danni ambientali e sanitari, ha finalmente pronunciato le sue prime sentenze, da confermare in appello e cassazione.  Sul banco degli imputati i precedenti proprietari, la famiglia Riva, 44 persone tra i loro fiduciari, ex manager e rappresentanti della fabbrica, amministratori e funzionari pubblici e tre società.

La lettera dei genitori tarantini

Insomma, alla fine, in attesa delle sentenze definitive, tutto in resta in alto mare, con prospettive ancora difficili da comprendere, senza mai dimenticare la salute dei cittadini di Taranto che continuano a soffrire, a morire e comunque a lottare contro il sistema che  non prospetta nulla per un eventuale sostituzione di lavoro per i lavoratori che, presto, si potrebbero trovare disoccupati. I “Genitori Tarantini”, comitato di cittadini che vogliono la chiusura dell’ex Ilva, in una recente lettera rivolta a Lucia Morselli, attuale amministratore delegato di Acciaierie d’Italia S.p.A., sono intervenuti così sulla questione ambientale nel capoluogo ionico.

“Gentile Lucia Morselli,

dalla sua bocca sono uscite parole per noi tarantini molto rassicuranti.

“L’aria di Taranto è venti volte più pulita di quella di Milano”, ha dichiarato durante un convegno tenutosi all’Università di Pisa.

Da questo deduciamo che i milanesi più intelligenti, i più attenti alla salute dei propri figli stiano già preparando le valigie, mentre, telefono in mano, cercano di contattare le agenzie immobiliari del capoluogo jonico.

Sappiamo, però, quanto siano “ballerine” le sue affermazioni, spesso in contrasto l’una con l’altra. Per esempio, il 15 novembre 2019 definì “criminale” la produzione a caldo dell’acciaieria tarantina, ma solo sette mesi dopo, in una puntata di “Porta a porta” (17 giugno 2020), confessò a Bruno Vespa (e a qualche milione di italiani) di essere quasi “innamorata” dello stabilimento tarantino affermando che “Tutti dobbiamo essere orgogliosi di questo impianto, il più bello d’Europa, il più moderno, il più potente. Un impianto che tutti ci invidiano. Credo sia un privilegio lavorare lì.”

Ci permetta di dire che questo appassionato slancio ci lascia seri dubbi sul suo gusto estetico. Lei potrà obiettare che non si sta parlando di un vestito di alta moda o di una Ferrari (automobili che, da quanto apprendiamo, sembrano piacerle particolarmente). Ha ragione, perché se fosse un vestito di alta moda, sarebbe già strappato quasi totalmente, e se fosse una Ferrari, lo sfasciacarrozze l’avrebbe già smontata per recuperare i pochi pezzi recuperabili. Per quanto riguarda il privilegio di lavorare in quella acciaieria, suona strana la richiesta dell’epoca di esuberi per 5.000 unità lavorative. Sì, dottoressa Morselli, lavorare lì deve essere davvero un privilegio, al punto da chiedere ai dipendenti di rinunciare a diritti essenziali quali salute, salubrità ambientale, sicurezza e dignità. Diritti, questi, ai quali tutti i tarantini devono rinunciare anche se non lavorano all’interno dell’acciaieria, anche se sono ormai pensionati, anche se sono solo neonati!

Tornando alla sua ultima uscita, anche il più scarso tra gli studenti presenti all’incontro nell’Università di Pisa si sarebbe dovuto alzare e andare via, dopo le sue parole, ben sapendo che il pm10 prodotto dall’industria tarantina è carico di benzo(a)pirene, un IPA classificato come cancerogeno dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, emesso per oltre il 99% del totale dalla produzione a caldo delle Acciaierie d’Italia (cambia il nome, ma non le percentuali di danni alla salute e all’ambiente). Studi epidemiologici in numero importante ci informano di quella pericolosità che lei sola non vuole vedere: aumento della mortalità per cause naturali, tumori, malattie cardiovascolari e renali dei residenti.

Per quanto riguarda la Co2, lei è persino arrivata a dire, senza che alcuno sollevasse obiezioni, che la colpa è dell’uomo e che sul pianeta siamo troppi. Sono queste le affermazioni che fanno più male. Se per lei gli umani sono troppi, stia tranquilla: a Taranto, grazie anche alla sua acciaieria, stiamo dando il nostro bel contributo per diminuirne il numero.

Più onestamente, però, noi pensiamo che i beni di prima necessità bastino a sfamare tranquillamente l’intera popolazione mondiale, visto quanto degli alimenti acquistati nei Paesi industrializzati viene poi gettato nella spazzatura. Da qui, la domanda: forse siamo troppi perché in pochissimi possono permettersi una Ferrari con la quale sfrecciare davanti a cassonetti circondati da esseri umani che cercano qualcosa da mangiare, non crede?

La smetta di offendere l’intelligenza del popolo italiano, in generale, e del popolo tarantino, in particolare, perché le sue battute saranno forse apprezzate in certi ambienti a lei vicini (pensiamo alla lobby degli industriali del Nord), ma dalle nostre parti non fanno ridere. Probabilmente perché siamo impegnati a piangere i nostri cari ogni maledetto giorno, da sessanta anni a questa parte. Stato.” 

Francesco Leggieri

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