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10 stranezze che non vi sareste mai aspettati dagli scrittori

Chi scriveva in piedi, chi col camice bianco, chi non terminava i suoi libri il venerdì. Tutti gli scrittori hanno le loro stranezze; noi ve ne proponiamo alcune

MILANO – Per ogni luogo comune c’è quasi sempre un fondo di verità. Una diceria, per nascere, deve avere, in fondo, delle fondamenta da cui partire – anche se poi c’è il rischio che si sviluppi in maniera del tutto fallace. Paradossale che molti scrittori, i nostri beniamini letterari siano noti per lo più per luoghi comuni e che, in realtà, questi luoghi comuni siano anche sbagliati. Difatti ci sono scrittori accomunabili facilmente a stranezze che non ci si aspetterebbe da loro ma che indubbiamente possono essere molto interessanti da conoscere.
Ecco a voi le dieci stranezze che non vi aspettereste dagli scrittori.

Virginia Woolf ogni mattina si dedicava alla scrittura due ore al giorno, scrivendo su un tavolo alto tre piedi e mezzo. Scriveva seduta o in piedi – soprattutto per la rivalità con la sorella Vanessa che, invece, dipingeva -, aiutata da una tavoletta di compensato cui attaccava penne e inchiostro per avere sempre a portata di mano il necessario per scrivere.

Torquato Tasso era ossessionato dalla privacy. Richiudeva sempre a chiave i suoi lavori e durante il suo soggiorno alla corte estense, aggredì un servitore sospettato di averlo spiato. Si dice facesse anche largo uso di oppio.

James Joyce scriveva standosene sdraiato a pancia in giù con una matita e vestito solo di un camice bianco. Questo perché aveva gravi problemi alla vista: era quasi cieco e i pastelli lo aiutavano a vedere cosa scriveva, mentre il camice bianco rifletteva la luce delle pagine quando arrivava la notte.

Si racconta che, una volta, Alessandro Manzoni abbia aiutato una delle sue nipoti a fare l’analisi logica proprio su un periodo de “I Promessi Sposi”. La poverina tornò a casa con un’ingloriosa insufficienza che la maestra diede non tanto a lei ma proprio al Manzoni.

Jack Kerouac, a quanto pare, non solo aveva idee tradizionaliste di formazione cattolica ma sembrerebbe non provasse una particolare simpatia nei confronti degli hippies. Inoltre, era un sostenitore della guerra in Vietnam; praticamente era tutto il contrario di ciò di cui è stato elevato a simbolo.

Giovanni Pascoli a quanto pare era un bohèmien con costanti problemi finanziari. Durante il periodo universitario arrivò a chiedere l’elemosina e gli avanzi ai camerieri dei ristoranti. Quando una delle sue spasimanti gli inviò un anello doro lui lo impegnò subito.

Truman Capote non iniziava e non terminava mai un libro di venerdì, se il suo telefono aveva il numero tredici cambiava stanza d’albergo e non lasciava mai tre mozziconi di sigarette nel posacenere; quelli in più se li rimetteva nella sua giacca.

Giovanni Verga, col suo carattere schivo e taciturno, non si può dire fosse l’anima delle feste. Nonostante ciò, a quanto pare, era un vero e proprio latin lover. Si dice, inoltre, che avesse una relazione anche con una delle amanti di Carducci. Nonostante predicasse il valore della famiglia, non si sposò mai.

Fu Johann Wolfgang von Goethe a scoprire la stranezza di Friedrich Schiller. Quando lo scrittore de “I dolori del Giovane Werther” si sedette alla scrivania di Schiller per buttare giù i suoi appunti, sentì un odore piuttosto spiacevole provenire da uno dei cassetti della scrivania. Quando lo aprì notò che al suo interno c’erano un sacco di mele marce; per lui l’odore era insopportabile, per Schiller, invece, era fonte di ispirazione.

Dante Alighieri aveva un carattere vendicativo e aveva ben poca modestia. Amava le liti ed era poco incline a saldare i debiti. Inoltre, sbatteva continuamente in faccia a sua moglie Gemma Donati il suo decantato amore per Beatrice e, come se non bastasse, stilava elenchi delle donne procaci che incontrava con tanto di coloriti insulti in rima.

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