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Sicilia, i 5 luoghi (insoliti) da visitare

Cosa rende unica l'isola? Quali sono i luoghi da visitare? La risposta dell'autore e giornalista siciliano Ottavio Cappellani

MILANO – Raccontare l’isola al di fuori dell’infinitamente ripetuto e falso, delle banalità da serie televisive, dei personaggi macchiettistici, dei siciliani come “oggetti folkloristici”. Nasce così “La Sicilia spiegata agli Eschimesi“, il nuovo libro dello scrittore e giornalista Ottavio Cappellani. Cosa rende unica la Sicilia? Quali sono i luoghi da visitare dell’isola? La risposta dell’autore in questa intervista.

Come nasce “La Sicilia spiegata agli eschimesi”?

Da due esigenze. La prima quella di sperimentare un linguaggio moderno (si badi bene: “moderno”, non “postmoderno”) per raccontare il luogo che è propriamente del “mito”. In questo ispirato in qualche maniera da Manlio Sgalambro e dal suo “Del pensare breve”: per primo immaginò un’epoca dal linguaggio “corto”, aforistico, frammentario, come quella che stiamo vivendo oggi a causa dei social, ma nella quale – appunto – il “pensare breve” non rinunciasse a farsi sistema, non abbandonasse l’idea di capire il mondo. La seconda esigenza era quella di raccontare l’isola al di fuori dell’infinitamente ripetuto e falso, delle banalità da serie televisive, dei personaggi macchiettistici, dei siciliani come “oggetti folkloristici”. Non siamo così. Tra noi passeggiano gli déi. Questo può dare fastidio a qualcuno che si sente – come diciamo noi – una minchia e mezza perché ha una fabbrichetta o una ditta. Ma è così. Il divino abita in Sicilia. Nel resto del mondo ci sono solo umani.

Quali sono i punti di incontro della cultura siciliana con altre apparentemente agli antipodi, come quella giapponese?

Lo scintoismo dovrebbe essere una religione siciliana e non escludo che lo sia. L’idea dell’Imperatore, noi abbiamo Federico II, loro hanno Akihito. Che l’imperatore giapponese sia vivo e il nostro morto non cambia l’idea dell’Impero, che per forza di cose è astratto. Certo, anche la cultura del pesce crudo, dell’amore per le lame, dell’insularità vulcanica, del perverso senso dell’onore e della vendetta, e soprattutto del riso: arancino e sushi. Ma queste sono trappole per attirare il lettore contemporaneo, il lettore gastronomico, quello che mangia e digerisce, all’interno dell’Impero del Mito.

Nel libro parla dell’impossibilità di spiegare il termine “sicilianitudine”. Perché tale definizione resta un tabù?

Nessuno ci riesce. Abbiamo questi scrittori, soprattutto vecchi, molto vecchi, quasi morti direi, che mimano la sicilitudine con gesti inconsulti delle braccia ed espressioni facciali come se avessero bisogno di qualcuno che gli cambi il pannolone. La sicilitudine invece è il barocco, nel senso di uno “stile” inventato per nascondere e fare sopravvivere qualcosa, se vuole un pensiero “latitante”. Se vuole sapere questo segreto, bé non posso dirglielo, altrimenti che segreto sarebbe.

In modo ironico ed originale, il tuo è un omaggio alla terra siciliana. Quali sono i 5 luoghi che a suo parere si devono visitare assolutamente dell’isola?

Non sono d’accordo sull’ironia e sull’originalità. Io mi vedo ultraserio e iperclassico. Voi sorridete a questo modo di scrivere perché vi si spappola il cervello e lo spappolamento neuronico vi fa solletico all’interno della scatola cranica, il che fa piacere sia all’autore che al lettore. Per quanto riguarda i luoghi: 1) Il castello di Re Artù sull’Etna 2) La pantofola di Elisabetta I d’Inghilterra sul versante vulcanico di Bronte 3) La sepoltura di Maria Maddalena in territorio di Rosolini (la linea della Rosa) 4) Una qualsiasi delle grotte dove vivono i giganti cannibali 5) Una taverna gestita da Berserker dove si beve ottimo sidro che sa di urina di mula .

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