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Jovanotti al Salone del Libro, “Voglio stare attaccato alla vita, è l’unica cosa che mi interessa”

Jovanotti al Salone del Libro di Torino: "All’inizio i libri costringono a una fatica ma poi ti ripagano con una bellezza che non ti aspettavi"

TORINO – Migliaia di persone in coda per l’evento clou della giornata di sabato al Salone del Libro di Torino: l’incontro con Jovanotti, il re della musica pop italiana nonché appassionato lettore, intervistato da Gaetano Meacci.

Jovanotti arriva in una Sala Oro gremita di gente, soprattutto ragazzi, vestito di verde smeraldo e con un sorriso a trentadue denti: si vede che è a suo agio. Il dialogo con Meacci è serrato, si parla di libri, di poesia, di musica, delle passioni di Lorenzo Cherubini.

«Ho un’infinita voglia di scrivere canzoni, è lo scopo definitivo di ogni mia giornata. Siccome ho conosciuto la forza di una canzone, l’ho vista staccarsi da me e diventare qulacosa piu forte di me. Per me è come una fede. Credo nella forza delle canzoni. Sono un mezzo strano, devi fare il triplo sforzo per scrivere, cercare di sentire le cose come le sentono gli altri ma allo stesso tempo sentirle come le senti solo tu. Voglio stare attaccato alla vita, perché è l’unica cosa che mi interessa».

Credo nella forza delle canzoni.

La musica, secondo Jovanotti è un universo a sé stante, diverso da quello poetico. «Non credo che la musica sia poesia. Per me la canzone è una canzone, il testo è fuso con la musica. Quando Sorrisi e Canzoni pubblica i miei testi non li leggo mai, perché i testi delle canzoni da soli sono sempre imbarazzanti. Ci sono alcune eccezioni, ad esempio Fabrizio de André, la cui parola è altissima, ma è un caso anomalo. Io cerco orgogliosamente di comporre canzoni pop in cui cerco di non essere mai enfatico e sempre leggero».

Voglio stare attaccato alla vita, perché è l’unica cosa che mi interessa.

Si parla non solo di musica, ovviamente, ma anche di libri. Jovanotti è un lettore eclettico, e sa quello che vuole. Innanzitutto non crede nei consigli letterari: «Non si possono consigliare libri, perché sono come le fidanzate, e non si consigliano le fidanzate».
I suoi gusti spaziano da Joseph Conrad, soprattutto il Conrad di Cuore di Tenebra, ma anche tanta letteratura spagnola e sudamericana, ad esempio il Julio Cortazàr de Il gioco del mondo (il libro che dà il titolo al Salone del Libro di quest’anno).

Non si possono consigliare libri, perché sono come le fidanzate, e non si consigliano le fidanzate

Ama molto anche un eccezionale classico della letteratura italiana cinquecentesca, Ludovico Ariosto, che accosta a un grande regista contemporaneo: Parlando con un amico erudito gli ho detto che mi piacevano i film di Quentin Tarantino, e lui mi disse “leggiti Ariosto”. Ho comprato l’Orlando Furioso e ho capito: la grande invenzione di Ariosto è una lingua viva che scappa fuori dalla pagina, capace di creare un movimento continuo ed eccitante. Io seguo che cose che brillano, non le cose morte, e nell’Orlando Furioso tutto ferve di eccitazione».

La letteratura è vita, è emozione, è movimento, eccitazione, scoperta continua per Jovanotti. Per questo vale la pena compiere la fatica di leggere, perché il premio è inestimabile: «All’inizio i libri costringono a una fatica ma poi ti ripagano con una bellezza che non ti aspettavi. Ti ripagano con qualcosa che non sapevi, che è un dono, è la cosa più bella del mondo. Io non cerco mai certezze nella lettura, io cerco cose che non so».

Io non cerco mai certezze nella lettura, io cerco cose che non so.

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