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L’emozione del cinema raccontata attraverso il linguaggio dei segni

"Minimal Film" è il libro di Matteo Civaschi che celebra le grandi pellicole cinematografiche la sintesi estrema e la semplicità delle forme tipiche di segni e pittogrammi

MILANO – Rappresentare l’emozione del cinema attraverso la sintesi estrema e la semplicità delle forme tipiche di Shortology, un linguaggio immediato in grado di raccontare qualsiasi cosa attraverso i pittogrammi. Nasce così Minimal Film, una via di mezzo tra un libro di cinema ed un’opera di graphic design ideato da Matteo Civaschi. Il libro verrà presentato domenica 18 novembre alle 12.00 all’Anteo Palazzo del cinema (Sala Obraz) in Piazza XXV Aprile 8. Abbiamo intervistato l’autore per farci raccontare meglio la tecnica di Shortology e le sue diverse applicazioni.

 

Dai pittogrammi nelle caverne a Shortology: come si è evoluto il linguaggio dei segni nel corso degli anni?

Io sono uno dei pochissimi sostenitori a pensare che non è cambiato fondamentalmente nulla. L’unica grande rivoluzione è il movimento di questi segni. La tecnologia ha permesso di animare ciò che è rimasto fisso per migliaia di anni. Il bello dell’infografica sta proprio nel fatto che è un linguaggio scarno e sintetico. Ed è proprio nella sua semplicità che il suo fascino è rimasto immutato per tutto questo tempo. Con l’arrivo degli smartphone questo linguaggio si è fatto più colorato e sofisticato. Ma alla fine, i segni, esprimono sempre gli stessi concetti, esattamente come accadeva 32.000 anni fa.

 

Come nasce Shortology?

Shortology nasce fondamentalmente dal caso. Avevo ricevuto un invito a partecipare ad un blog di creatività, per il quale avrei potuto inventarmi qualsiasi contenuto creativo fosse pop e divertente. Una delle tante idee che proposi fu quella di raccontare le storie di vari personaggi famosi attraverso la semplicità dell’infografica, la stessa che si può trovare nell’omino e la donnina delle toilette. Questa idea venne alla luce mentre stavo leggendo un articolo su Michael Jackson e sul fatto che ogni volta che compariva in TV era sempre più bianco. Per caso mi trovavo di fronte ai bagni del locale in cui mi trovavo. E zac! Arrivò l’ispirazione. In quel momento nacque Shortology.

 

Come scegli i simboli con i quali rappresentare film, serie tv e personaggi? E come hai scelto i contenuti da inserire in Minimal Film?

La prima fase della rappresentazione di un film è quella che chiamo “l’arte di buttare via tutto”, e cioè sbarazzarsi di tutto ciò che è inutile per la stesura di una sintesi divertente ed incisiva. Butto giù uno scarabocchio che solo io capisco, ma che già contiene delle icone semplici, al limite della banalità visiva. Più gli oggetti sono “basici” e più avviene l’opera di “maltrattamento del film in questione. L’esempio perfetto è la sintesi del “Signore degli Anelli”, si poteva visualizzare con centinaia di icone e ramificazioni di storie e incroci. Ma alle fine di tutto cos’è l’essenza di quel film? Un anello che finisce in un vulcano! Fine. A volte ovviamente c’è bisogno di creare delle icone ad hoc, che richiamino delle forme immediatamente riconoscibili, legate ad esempio a veicoli, astronavi, insegne, strutture, mostri. Questo è necessario se parliamo di film come Star Wars, Pulp Fiction, La Città Incantata, Il Cavaliere Oscuro etc etc. Minimal Film nasce dalla creazione di un’icona di Breaking Bad, il sacchetto trasparente contente i cristalli di metanfetamina. Ai tempi avevo “disegnato” delle forme troppo semplici e geometriche, ma molto interessanti. In quel momento capii che quell’icona sbagliata, troppo geometrica, poteva essere il seme di un nuovo progetto fatto di forme semplici ed elementari. Mesi dopo quell’incidente visivo incominciai a sintetizzare qualche film con triangoli, cerchi, quadrati e altri elementi basilari. Nacque Titanic, Star Wars (la copertina di Minimal Film), Alien e molti altri ancora che si prestavano perfettamente a questo “gioco” visivo. La scelta dei contenuti dipende dalla rilevanza del film e dalla possibilità che possa venir sintetizzato attraverso forme semplici, ma soprattutto che il risultato finale sia altrettanto interessante.

 

Quali sono le regole principali di Shortology?

Poche regole: sintesi estrema, molta ironia, riconoscibilità stilistica (essere fedeli ai propri colori e forme, creati negli anni) e capacità di evolversi verso nuovi “meccanismi creativi” di comunicazione.

 

Oltre film e serie tv, secondo te Shortology può diventare uno strumento di comunicazione universale alla pari di altri linguaggi come le emoticon? 

Stiamo lavorando perchè sia così. Per l’appunto stiamo creando una App Shortology che dia l’opportunità di condividere tutti i contenuti di Shortology, ma soprattutto che attraverso tutte le nostre icone si abbia l’opportunità di creare le proprie “storie” visive, una Shortology su misura per chiunque. Il percorso è ancora molto lungo, abbiamo in cantiere diverse idee, ogni giorno cerchiamo di far sì che questo linguaggio sia fonte di ispirazione o puro intrattenimento per tutti. Poi chissà se diventerà molto altro.

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