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Trinacria Park, il romanzo di Massimo Maugeri dalla forte potenzialità civile e morale

In questo romanzo 'Trinacria Park', Maugeri ha saputo fondere in maniera magistrale le esigenze realistiche della narrazione con una tonalità fantastica, addirittura visionaria...

In questo romanzo ‘Trinacria Park‘, Maugeri ha saputo fondere in maniera magistrale le esigenze realistiche della narrazione con una tonalità fantastica, addirittura visionaria. In tutta l’opera infatti si avverte sempre un attrito tra la voce narrante e la cosiddetta realtà oggettiva, da cui si crea come un’atmosfera di sospetto, di diffidenza, quasi l’attesa di una rivelazione che dovrà manifestarci la “verità”, mettendo in crisi l’apparente “vero” dei fatti.

 

Siamo cioè in una dimensione che si potrebbe chiamare lo stadio della “fragilità della normalità”. Le cose rischiano sempre di rompersi, di mostrare incrinature, di rivelare qualcosa che non funziona; tutta la storia, pur così concreta e geometricamente definita, è costruita su di un magma sotterraneo, che minaccia di esplodere (non per nulla siamo nei pressi dell’Etna, che è un po’ uno dei numi tutelari di tutta la storia), creando un clima di incertezza e di ambiguità, che penetra tutti gli eventi. Anche i personaggi sono figure psicologicamente fragili, persone che nascondono quote di mistero, qualcosa di sfuggente e di impalpabile, una vita nascosta, che postula l’esistenza di una sfera ulteriore, perturbante. Subito nelle prime pagine, ad esempio, troviamo un aedo misterioso, che canta sulla nave, con un inquietante cappello nero, che si ripropone fatalmente nei momenti cruciali della narrazione.

 

Utile poi ad accentuare questo status emotivo è la creazione spaziale dell’isola di Montelava, invenzione fantastica di un microcosmo, nel quale vengono concentrati tutti gli elementi fondanti della storia, in modo che interagiscano tra loro in uno spazio ristretto e chiuso, quasi costretti a spremere lì, su una piccola superficie, tutte le loro forze energetiche – buone e cattive – , a scontrarsi gli uni con gli altri e a far erompere le loro tensioni e il loro psichismo inconscio. Efficace, in questo senso, è anche il richiamo mitologico delle Gorgoni, in cui si rispecchiano le figure delle tre donne più importanti del romanzo: esse, come portatrici delle profondità dell’inconscio, servono ad  ancorare la modernità del romanzo ad archetipi fantastici primordiali e a quelle esperienze primigenie – quali la lotta per il potere, l’amore, l’odio, la vendetta, il delitto – che ritornano continuamente nella Storia umana, e che si ripropongono con la loro forza devastante nelle vicende qui narrate.

 

E’ un magma di forze psicologiche, di elementi inquietanti, di immagini archetipiche, che sfocia alla fine in un accadimento travolgente, di inafferrabile profondità, a cui partecipano insieme uomini e natura, quale appunto è un evento visionario. Maugeri insomma ha raccontato una visione: ha inventato uno spazio e delle figure, che rappresentano la vita psichica dell’umanità contemporanea nella lotta perversa per la propria affermazione, perseguita senza freni morali, sfruttando debolezze, fragilità, paure e desideri – gli uni degli altri – fino alla distruzione (e all’autodistruzione).

 

A 20 chilometri dal litorale catanese l’autore ha immaginato un’isola, Montelava, che, dopo essere stata rovinata dall’assalto selvaggio di un’edilizia irresponsabile, supportata da una politica senza scrupoli, ora diventa il centro di un grandioso progetto di rinascita. La regione, con l’appoggio di esponenti della politica nazionale, l’ha trasformata in un grandioso parco tematico, appunto il “Trinacria Park”, destinato a diventare il primo polo turistico d’Europa. L’isola avrà spazi per studi cinematografici e televisivi, i più grandi d’Europa, giardini, parchi; ci sarà la riproduzione in scala di tutte le bellezze panoramiche e artistiche della Sicilia. Non mancheranno alberghi, ristoranti, luoghi di divertimento, sale attrezzate per ogni passatempo, l’ospedale, zone tematiche, con rappresentazioni dal vivo dei grandi eventi di storia siciliana, e vasti spazi per attività di tutti i generi. Anche l’alta cultura avrà un posto importante: già all’inaugurazione del Parco ci sarà l’annuncio di un ritrovamento sorprendente, quale la scoperta nell’isola di un antico poema che tratta delle Gorgoni.

 

Durante l’inaugurazione il Presidente della Regione parla infatti di un grande sogno, che ha potuto realizzarsi grazie al coinvolgimento di potenti soci internazionali, come una delle più importanti case mondiali di produzione cinematografica, che hanno investito enormi capitali e qualificate personalità nella realizzazione del progetto. Da quest’isola deriverà la trasformazione della Sicilia destinata a diventare il centro di un crocevia culturale, inserito in un grandioso disegno politico euromediterraneo, con cui si potrà sconfiggere anche il terrorismo.

 

La vicenda inizia con l’inaugurazione del favoloso progetto, nella quale interagiscono alcuni dei personaggi più importanti del romanzo – Monica Green, grande produttrice americana, Marina Marconi, giornalista della TV, Angela Metis, attrice che partecipa a un film da realizzarsi negli spazi dell’isola, Gregorio Monti, famoso regista, Manuel Vetri, attore di origine siciliana, in crisi professionale e umana, Vincenzo di Bartolo, simpatico regista romano, col suo aiutoregista, Mauro D’Andrea – di cui Maugeri, con un procedimento a frammenti, svela lentamente, con caute approssimazioni, la trama della loro vicenda esistenziale, e soprattutto il rapporto, spesso stridente, tra l’apparenza della loro vita e la verità delle loro coscienze. Ma proprio durante i giorni della festa per l’inaugurazione, quando l’isola è piena di vip e di grossi personaggi della politica, dell’economia e della cultura, inizia la tragedia: si sviluppa una letale epidemia di colera, che inizia a mietere vittime. Si parla di atto terroristico, con cui i terroristi islamici, usando armi batteriologiche, avrebbero voluto ancora una volta far sentire la loro potenza e mostrare la loro volontà di distruzione. La situazione naturalmente precipita, degenerando in una vera e propria angoscia collettiva. Il centro ospedaliero non ha strutture né mezzi sufficienti per far fronte ad una crisi del genere. L’isola viene messa in quarantena e cessano i rapporti con la Sicilia: l’isolamento è totale. Come non bastasse, in questo caos  si  svolge pure una vera, folle azione di natura terroristica, che coinvolge alcuni dei personaggi più importanti: un piccolo comando di esaltati da ideologie estremistiche penetra nella Direzione Generale e si dispone a compiere una strage. Anche la natura partecipa alla follia generale, scagliando su quella bolgia infernale in cui ormai si è ridotta la piccola isola, tutta la violenza di cui dispone: si scatena un vento furioso, da cui si genera un uragano che devasta l’isola, distruggendo tutto.  

 

L’isola sembra come ribellarsi e reagire, per scuotersi di dosso tutto l’apparato macchinoso e artificiale che l’ha violentata , alterandone la natura, e per guastare quelle finte immagini di bellezza e di felicità che vorrebbero nascondere una realtà di miseria e di inefficienza.

Secondo Jung le componenti di un’opera d’arte si possono pienamente rivelare in un’“immagine”, che è in grado di condensare e di rilanciare la portata dell’esperienza simbolica della narrazione. L’ “immagine” che emerge da quest’opera è quella dell’Inferno, declinato dall’autore in maniera realistica e in forma simbolica. Possiamo individuarne almeno tre diverse prospettive: innanzi tutto l’inferno naturalistico, cioè la bolgia infernale in cui si tramuta l’isola in seguito all’epidemia, con i cadaveri che si accumulano, gli orrori, le grida, la follia e il caos generale; poi, l’inferno storico-antropologico, quello cioè creato dagli uomini con le loro folli ideologie, con la violenza, col terrore, con la loro resa incondizionata a desideri assurdi, alle menzogne, alle macchinazioni e alle speculazioni del potere;  e infine l’inferno psicologico, ossia l’inferno che abita nell’anima e nelle coscienze, nei livelli profondi della psiche umana, complessata e tormentata da nevrosi, paure e patologie schizofreniche. Quasi tutti i personaggi che vivranno l’esperienza devastante della bolgia infernale, in realtà sono persone che soffrono già per le loro sanguinanti cicatrici dell’anima, con alle spalle storie di colpe segrete, sofferenze, perdite, frustrazioni, che cercano di rimuovere con alibi e compensazioni alternative, con strategie adattive, continuamente messe in crisi dalla realtà effettuale delle cose.

 

Questa analisi forte delle coscienze, che è la cifra autentica di Trinacria Park, continua l’interessante ricerca esistenziale che Maugeri aveva iniziato col suo libro di racconti Viaggio all’alba del millennio (Ed. Perdisa, 2011), un viaggio dentro l’inferno quotidiano della nostra contemporaneità, dove, tra dramma e ironia, ci venivano raccontate la casualità, l’assurdità e la follia dei nostri giorni, su cui pende minacciosa l’oscura nube del fato. E ciò vale a dimostrare la coerenza e la chiarezza teoretica del vero scrittore, che assume la letteratura in senso problematico e critico, non come svago e passatempo, né come espressione di bella scrittura, ma come strumento di indagine e di ricerca, recuperandola nei suoi valori etici e conosciti. In entrambe le opere siamo sempre di fronte a una visione inquietante (pessimistica) della dimensione privata e collettiva, che in Trinacria Park viene declinata in maniera più complessa e sofisticata: non a caso le pieghe del romanzo sono percorse dal mito delle tre Gorgoni, che rappresentano appunto il disegno latente dell’opera, la sua sinopia,  e simboleggiano una forza malefica o un sentimento thanatologico, o forse anche una nevrotica libido, che rendono impotente il pensiero a controllare le tensioni irrazionali della natura umana. Tutti i personaggi hanno infatti una Gorgone che ne devasta l’anima, un mostro che li turba e li affascina, e opera su di loro un perverso maleficio, sdoppiandoli tra interno ed esterno.

 

Da qui viene appunto l’altro grande tema del romanzo: il “doppio”, cioè l’idea di una verità fittizia, per cui ciò che sembra non è ciò che è. I personaggi sono “altri” da quello che appaiono, perché tutti sono tormentati da un mostro che vive sotto la loro pelle, e in tutti abitano verità nascoste dalle incrostazioni del reale – menzogne, compromessi, alibi, ecc. -: Monica Green, persona di potere e di successo, è devastata dal dramma famigliare e dalla sua compromettente sessualità; Angela Metis è la famosa attrice che nasconde una perversione ideologica; Manuel Vetri, balbuziente nella vita quotidiana, non lo è più quando recita (bellissima questa simbolica strategia della recitazione che copre la verità), e vive i postumi di una tragedia famigliare dalla quale la sua personalità è come strozzata; l’aiuto regista è pure un folle piromane, e il suo doppio è anche negli occhi, di colore diverso; il grande regista Monti cela segreti inconfessabili, che esploderanno alla fine, ecc. Ma il “doppio” riguarda non solo le persone, ma anche le cose, gli eventi. Il grandioso progetto del “Trinacria Park”, presentato come l’evento straordinario che risolverà i mali della Sicilia, facendola rinascere – un progetto che visto dall’alto, dall’elicottero su cui si trovano la Green e Monti, appare come un regno fatato, un sogno incredibile, con una sensazione di potere e di onnipotenza – in realtà è una grandiosa speculazione economica, una strategia politica per ottenere consenso, dove si incrociano interessi privati, organizzazioni potentissime, disposte a tutto, pur di ottenere potere e denaro.

 

La stessa isoletta di Montelava perde i suoi connotati naturali, per trasformarsi in una grottesca scenografia, attraverso strutture imposte dalle necessità mediali e cinematografiche, che falsificano e deturpano la bellezza naturale con una “mascherata” di stile hollywoodiano. Tutto è imbroglio, falsificazione, “doppio”, in nome del potere e del successo. Lo stesso poema delle Gorgoni, presentato dai media come una grande scoperta archeologica, si rivela invece un imbroglio mediatico, supportato dall’intervento di accademici prezzolati.

 

Il romanzo di Maugeri ha quindi una forte potenzialità civile e morale, se lo si legge come la storia di un’isola tradita da menzogne, da sprechi, da interessi particolari di consorterie, che non pensano affatto a salvaguardare l’identità  di una terra né a generare vere opportunità di crescita e di rinascita. Pur adottando altri mezzi espressivi e compositivi, Maugeri ricorda tanto uno dei grandi Maestri siciliani, Sciascia, quando affondava il bisturi della sua ricerca letteraria nella crosta della realtà, per mostrare le falsificazioni, le imposture, le trame, la corruzione insite nelle strutture del potere e della cosiddetta vita civile, che arrivavano anche a contaminare i valori cattolici.

 

La figura che meglio rappresenta tutto questo discorso etico-civile è certamente quella di Manuel Vetri: la figura più intensa e più elaborata del romanzo (Maugeri è bravissimo nel tratteggiare le figure maschili, come Verga e Brancati, Maestri a cui deve molto). Manuel è veramente la poetica metafora della Sicilia: è stato tradito da tutti quelli che dicevano di amarlo, è ridotto a recitare in uno spot pubblicitario per i pannoloni per cani, e per questo è denigrato e offeso. Egli vive continuamente silenzioso, accettando con pazienza quanto le tristi vicende dell’esistenza gli impongono di sopportare, ma dentro di lui cova un dolore incommensurabile per un destino che sembrava offrirgli tante possibilità, e poi gli ha tolto tutto. Nel suo desiderio di annullarsi c’è stratificato tutto il pessimismo storico che grava sulla Sicilia, e quel senso di pietà che avvolge la descrizione di questa figura è certo la rappresentazione del sentimento che Maugeri ha per la sua terra, per una bellezza e una potenzialità, che vengono sempre compromesse dagli inganni e dalle truffe dei poteri politici ed economici. Manuel che è balbuziente nella vita quotidiana, è la voce della Sicilia che fa fatica a esprimersi, a manifestare tutta se stessa nel rapportarsi con il mondo reale, è la Sicilia che trova sempre inciampi quando vuole esprimersi; ma Manuel, che quando recita, improvvisamente non è più balbuziente e procede spedito, è ancora la voce della Sicilia quando invece può recitare la sua storia, le sue bellezze artistiche e paesaggistiche: allora il discorso scorre fluido, ricco, grandioso, non ci sono più traumi né inciampi che ostacolino il racconto meraviglioso.

Forse, in fondo, nel romanzo si apre però uno spiraglio di luce e di speranza: come nel romanzo manzoniano, anche qui l’uragano ha portato via tutto il male (finzioni, falsificazioni, truffe, speculazioni, violenze) e l’esperienza di un dolore estremo ha certamente inciso sulle coscienze di tanti protagonisti; alla fine si può ritornare all’isola madre e ricominciare, azzerando il passato e predisponendosi ad una “vita nova”, rinnovata appunto da quella discesa agli Inferi che è stata l’esperienza del “Trinacria Park”. Manuel lancia in mare le 314 lettere scritte alla moglie morta, significando appunto con quel gesto la distruzione dei suoi fantasmi ossessivi, e forse una personale rinascita. Nel mare finirà pure quello spettrale cappello nero dell’aedo, che sulla nave canta il sonno storico e ancestrale della Sicilia, a significare forse il segno di una speranza, o anche solo l’auspicio bene augurante per il futuro.

Paolo Vanelli

24 dicembre 2014

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