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“Soldati” di Ungaretti, la precarietà delle foglie in autunno come metafora di vita

Le foglie che stanno aggrappate al ramo, consapevoli della loro imminente caduta. Ecco l'immagine di "Soldati", la celebre poesia in cui Ungaretti ci regala una descrizione della precarietà della nostra vita.

Nel 1919 esce “Allegria di Naufragi” di Giuseppe Ungaretti. “Soldati” è tra i componimenti più noti della raccolta. Con la tipica brevità ermetica, Ungaretti ci regala una descrizione della precarietà della vita umana, paragonata alle foglie in autunno che attendono di cadere.

“Soldati” di Giuseppe Ungaretti

Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie.

Allegria di Naufragi

“Soldati” è una delle liriche più celebri di Ungaretti, racchiusa in “Allegria di naufragi”, un’opera pubblicata nel 1919, dopo l’esperienza brutale della prima guerra mondiale.

In quella che è probabilmente la sua raccolta più celebre, l’autore dà spazio alla sperimentazione attraverso una poesia davvero innovativa. Il verso diventa breve e incisivo, il linguaggio si fa più enigmatico e la punteggiatura scompare. Le regole formali “classiche” vanno sempre più scomparendo, dando avvio alla corrente dell’ermetismo. “Soldati” è uno degli esempi più noti.

Il trauma della guerra e la precarietà della vita

Ungaretti ha vissuto con la morte durante la grande guerra. Ha visto i suoi amici morire, ha sentito il fiato corto dei suoi compagni farsi sempre più silenzioso, ha osservato immobile, sdraiato a terra, il cielo farsi buio.

La poesia, unica salvezza e possibilità di testimonianza, dal carattere autobiografico, da voce all’orrore di quegli anni. Nonostante la brevità di “Soldati”, il messaggio di Ungaretti arriva forte e chiaro: la guerra ci fa sentire precari, instabili, piccoli, pronti a cadere da un momento all’altro come le foglie d’autunno.

L’immagine che evoca “Soldati” è proprio quella della caduta naturale delle foglie in autunno. Secche, spezzate, stanche, prive della loro linfa, che cadono per giacere poi a terra. E il poeta si sente così, precario, sull’orlo della vita.

Le foglie in autunno

Per Ungaretti la poesia diventa l’unico strumento per cercare di svelare il mistero della realtà e così i suoi componimenti si caricano di significati simbolici. È ovviamente stretto il legame tra la sua poesia e il simbolismo Francese.

Ciò che Ungaretti riesce a creare in soli quattro, brevissimi versi è pura magia: a noi non basterebbero decine di pagine per raccontare il senso di precarietà che ci invade pensando all’esistenza e alla nostra fragilità.

Attraverso l’immagine delle foglie d’autunno, provvisoriamente avvinghiate al ramo che le protegge dalla caduta, il poeta esprime un intero mondo di emozioni, un agglomerato di paure e speranze che si rincorrono nel nostro cuore per tutta la vita.

“Soldati” è la poesia della fragilità. La poesia di cui dovremmo ricordarci ogni volta che ci crediamo eterni e per questo sprechiamo il nostro tempo.

Giuseppe Ungaretti

Nato ad Alessandria d’Egitto l’8 febbraio 1888 e scomparso a Milano il 1º giugno 1970, Giuseppe Ungaretti è stato un poeta, scrittore, traduttore, giornalista e accademico italiano, tra i principali poeti della letteratura italiana del XX secolo.

Inizialmente influenzato dal simbolismo francese, la sua poesia fu caratterizzata nei primi tempi da componimenti brevissimi, costituiti da poche parole essenziali e da analogie a volte ardite, compresi principalmente nella raccolta L’allegria (1916); passò poi a lavori più complessi e articolati dal contenuto concettualmente difficile. Una terza fase della sua evoluzione poetica, segnata dal dolore per la perdita prematura del figlio, ha compreso opere meditative dall’intensa riflessione sul destino umano.

Negli ultimi anni le sue poesie furono specchio della saggezza, ma anche del distacco e della tristezza dell’età avanzata. È stato considerato da alcuni critici come anticipatore dell’ermetismo. La poesia di Giuseppe Ungaretti creò un certo disorientamento sin dalla prima apparizione del Porto Sepolto. A essa arrisero i favori sia degli intellettuali de La Voce, sia degli amici francesi, da Guillaume Apollinaire a Louis Aragon, che vi riconobbero la comune matrice simbolista.

Non mancarono polemiche e vivaci ostilità da parte di molti critici tradizionali e del grande pubblico. Non la compresero, per esempio, i seguaci di Benedetto Croce, che ne condannarono il frammentismo.

A riconoscere in Giuseppe Ungaretti il poeta che per primo era riuscito a rinnovare formalmente e profondamente il verso della tradizione italiana, furono soprattutto i poeti dell’ermetismo, che, all’indomani della pubblicazione del Sentimento del tempo, salutarono in Ungaretti il maestro e precursore della propria scuola poetica, iniziatore della poesia «pura».

Da allora la poesia ungarettiana ha conosciuto una fortuna ininterrotta. A lui, assieme a Umberto Saba e Eugenio Montale, hanno guardato, come un imprescindibile punto di partenza, molti poeti del secondo Novecento.

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