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“Prima del viaggio” di Montale, una poesia per tempi moderni e troppo veloci

"Un imprevisto/ è la sola speranza". Nella sua poesia "Prima del viaggio", Eugenio Montale ci parla della nostra mania di programmare ogni cosa, ogni avvenimento del quotidiano. Eppure, come potremmo vivere appieno senza imprevisti?

Eugenio Montale ha scritto moltissime poesie nel corso della sua vita. Molte raccontano l’interiorità del poeta, molte altre costituiscono vere e proprie dichiarazioni poetiche… Altrettanto numerosi sono i componimenti in cui Montale racconta l’uomo moderno e i suoi dissidi, le sue abitudini stranianti, i moti di un animo tormentato dall’indifferenza che regna sul reale…

Oggi vogliamo farvi scoprire “Prima del viaggio”, una di quelle poesie che Montale ha dedicato all’uomo del suo tempo, troppo impegnato a programmare ogni istante della propria vita per potersi accorgere del valore del non programmato, dell’imprevisto che ci salva e alimenta la speranza.

Dov’è finita la spontaneità

“Prima del viaggio” sembra scritta nel nostro tempo. Meglio, sembra cucita addosso al nostro tempo. Corriamo troppo, veloci, insicuri e trepidanti, e programmiamo ogni istante della nostra esistenza, avendo cura di non tralasciare nemmeno un dettaglio. L’imprevisto? Non è contemplato e, quando si verifica, costituisce una tragedia.

Con la sua poesia, Montale parla attraverso la metafora del viaggio di una società che non sa più immaginare, che non è più capace di vivere appieno, perché incapace di sognare. E in un contesto del genere, l’imprevisto non può che essere speranza.

“Prima del viaggio” di Eugenio Montale

Prima del viaggio si scrutano gli orari,
le coincidenze, le soste, le pernottazioni
e le prenotazioni (di camere con bagno
o doccia, a un letto o due o addirittura un flat);
si consultano le guide Hachette e quelle dei musei,
si cambiano valute, si dividono
franchi da escudos, rubli da copechi;
prima del viaggio s’informa
qualche amico o parente, si controllano
valige e passaporti, si completa
il corredo, si acquista un supplemento
di lamette da barba, eventualmente
si dà un’occhiata al testamento, pura
scaramanzia perché i disastri aerei
in percentuale sono nulla;
prima
del viaggio si è tranquilli ma si sospetta che
il saggio non si muova e che il piacere
di ritornare costi uno sproposito.
E poi si parte e tutto è O.K. e tutto
è per il meglio e inutile.

E ora, che ne sarà
del mio viaggio?
Troppo accuratamente l’ho studiato
senza saperne nulla. Un imprevisto
è la sola speranza. Ma mi dicono
che è una stoltezza dirselo

Eugenio Montale

Eugenio Montale nasce a Genova il 12 ottobre 1896 da una famiglia benestante. Il padre di Eugenio è infatti proprietario di una ditta che produce prodotti chimici. L’infanzia e l’adolescenza sono segnate dalla salute precaria, che non permette al giovane di condurre la vita gioiosa e spensierata che si addice ai ragazzi della sua età.

A causa delle continue polmoniti, Eugenio Montale viene indirizzato verso gli studi tecnici, più rapidi e meno impegnativi di quelli classici. Diplomatosi in ragioneria con ottimi voti nel 1915, coltiva tuttavia la passione per la cultura umanistica studiando da autodidatta e frequentando le lezioni di filosofia della sorella Marianna, iscritta alla facoltà di Lettere e Filosofia.

Intanto, la Prima Guerra Mondiale esige nuove reclute. È così che, nel 1917, Montale viene arruolato nella fanteria dopo aver svolto il servizio militare e combatte fino al 1920, quando viene congedato con il grado di tenente.

Negli anni ’20, il fascismo comincia a diffondersi in Italia. Eugenio Montale è uno dei tanti intellettuali che nel 1925 sottoscrive il “Manifesto degli intellettuali antifascisti” concepito da Benedetto Croce. Questo è un anno fondamentale nella vita del poeta: al 1925 risale, infatti, la prima pubblicazione di “Ossi di seppia”, che segna un punto di svolta nella carriera letteraria di Montale.

Nel 1927, Eugenio Montale si trasferisce a Firenze, dove collabora con importanti riviste e dirige il Gabinetto Vieusseux, incarico da cui viene allontanato nel 1938 a causa della sua riluttanza nei confronti del fascismo. Nonostante ciò, il soggiorno fiorentino è uno dei periodi più pieni e vivaci della vita di Montale, che qui compone le “Occasioni” e incontra per la prima volta Irma Brandeis e in seguito anche Drusilla Tanzi, che diventerà moglie del poeta.

Eugenio Montale si trasferisce a Milano nel 1948. Qui, comincia a collaborare con il Corriere della Sera, giornale per cui scrive critiche letterarie, reportage e articoli più generici. Montale continua a pubblicare opere in versi e in prosa, nel 1962 sposa finalmente Drusilla Tanzi, dopo 23 anni di fidanzamento.

Il matrimonio non è destinato a durare: Drusilla muore nell’ottobre del 1963, dopo un periodo di dolore e malattia. A lei è dedicata la raccolta “Xenia”. La poesia montaliana si fa più cupa, disillusa: i versi cantano il distacco dalla vita, i cambiamenti della modernità, le trasformazioni culturali. Nel 1975, il poeta viene insignito del Premio Nobel per la Letteratura “per la sua poetica distinta che, con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori umani sotto il simbolo di una visione della vita priva di illusioni”.

Muore il 12 settembre 1981 nella clinica San Pio X. Viene sepolto a Firenze, accanto alla moglie Drusilla.

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