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“Ogni notte, tornando dalla vita”, una poesia di Cesare Pavese sull’interiorità

Ciascuno di noi ha bisogno di raccogliersi in sé stesso, di ascoltare i movimenti più reconditi del cuore, di curare le proprie ferite interiori. "Ogni notte, tornando dalla vita" è una toccante poesia in cui Cesare Pavese racconta proprio questi momenti di profonda riflessione.

Cesare Pavese, conosciuto soprattutto per le sue splendide opere in prosa, è stato anche un grande poeta. La sua voce, incredibilmente distintiva, ha saputo raccontare l’Italia della prima metà del Novecento, con particolare attenzione alla parte settentrionale del Paese e alla realtà contadina del Piemonte. Cesare Pavese ha inoltre espresso emozioni e stati d’animo che con i suoi versi si sono irradiati di lettore in lettore, riuscendo a parlare ad ognuno di essi: basti pensare alla famosissima “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi“. 

La poesia che vi proponiamo oggi, tratta da “Le febbri di decadenza”, è stata scritta da Cesare Pavese il 14 maggio del 1928, e racconta di un momento speciale della sera, quando l’io lirico rientra a casa “tornando dalla vita” e si chiude in sé stesso, o sarebbe forse meglio scrivere che si apre a sé stesso, abbandonandosi ad un gesto tanto semplice quanto consolatorio come quello di fumare una sigaretta, un rito che acquista un valore inestimabile.

Infatti, in “Ogni notte, tornando dalla vita”, sembra quasi che il peso della “vita esteriore” opprima la natura dell’anima del poeta, che è libera di uscire e consumarsi, proprio come si consuma la sigaretta a cui essa è infatti assimilata lungo tutto il componimento, solo alla sera, nella solitudine confortevole e familiare della notte. 

Le parole di Franco Arminio sulle poesie di Pavese

Ed è vero ciò che scrive il poeta Franco Arminio a proposito delle poesia di Pavese, che “hanno poco meno di cento anni, ma sono fresche e vive”:

“Pavese le ha scritte per aprire un’altra strada alla poesia italiana e ora più che mai si capisce benissimo che ci è riuscito. Queste poesie si leggono perché riescono ad appartenere perfettamente al loro tempo e anche al nostro. Sono antiche e nuove. Sono la nostra casa in collina. Un luogo in cui ritirarci un poco dal presente, non dal mondo”.

(Tratto dalla prefazione a “Poesie” di Cesare Pavese)

Ogni notte, tornando dalla vita di Cesare Pavese

Ogni notte, tornando dalla vita,
dinanzi a questo tavolo
prendo una sigaretta
e fumo solitario la mia anima.

     La sento spasimare tra le dita
e consumarsi ardendo.
Mi sale innanzi agli occhi con fatica
in un fumo spettrale
e mi ravvolge tutto,
a poco a poco, d’una febbre stanca.
I rumori e i colori della vita
non la toccano più:
sola in se stessa è tutta macerata
di triste sazietà
per colori e rumori.

     Nella stanza è una luce violenta
ma piena di penombre.
     Fuori, il silenzio eterno della notte.

Eppure nella fredda solitudine
la mia anima stanca
ha tanta forza ancora
che si raccoglie in sé
e brucia d’un’acredine convulsa.

     Mi si contrae fra mano,
poi, distrutta, si fonde e si dissolve
in una nebbia pallida
che non è più se stessa
ma si contorce tanto.

      Così ogni notte, e non mi vale scampo,
in un silenzio altissimo,
io brucio solitario la mia anima.

Cesare Pavese

Cesare Pavese (1908-1950) è senza ombra di dubbio uno degli autori più importanti della letteratura italiana, uno scrittore e poeta che merita di essere scoperto e apprezzato anche dai lettori contemporanei. Considerato uno degli interpreti più significativi del Novecento, Cesare Pavese ha raccontato nei suoi romanzi e nelle sue poesie, molte delle quali pubblicate postume, la realtà popolare e contadina, ma con uno sguardo sempre rivolto altre letterature europee. Fu tra i primi a interessarsi alla letteratura statunitense, di cui fu anche traduttore.

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