Sei qui: Home » Poesie » “L’assiuolo” di Pascoli, la poesia che celebra le piccole cose della vita

“L’assiuolo” di Pascoli, la poesia che celebra le piccole cose della vita

"Sentivo nel cuore un sussulto,/ com'eco d'un grido che fu./ Sonava lontano il singulto:/ chiù...". "L'assiuolo" è una poesia di Giovanni Pascoli contenuta in "Myricae". Protagonista è il misterioso volatile, che richiama la vita e la morte e in questo componimento è pervaso da un'aura quasi magica.

Giovanni Pascoli è capace di raccontare la semplicità e la meraviglia del quotidiano attraverso l’arte del simbolo e il suo connubio con la natura. È il caso de “L’assiuolo”, una meravigliosa poesia contenuta nella raccolta “Myricae” (1897), che rimanda alla poetica delle piccole cose e del fanciullino evocando l’immagine dell’assiolo, uccello notturno migratore che nella cultura acquisisce significati profondi legati alla spiritualità.

Scopriamo insieme “L’Assiuolo” in occasione della Giornata mondiale degli uccelli migratori, che ricorre proprio il 13 maggio per sensibilizzare la collettività circa queste preziose specie di uccelli che solcano ogni anno i nostri mari in cerca dell’ambiente perfetto.

“L’assiuolo” di Giovanni Pascoli

Dov’era la luna? ché il cielo
notava in un’alba di perla,
ed ergersi il mandorlo e il melo
parevano a meglio vederla.
Venivano soffi di lampi
da un nero di nubi laggiù;
veniva una voce dai campi:
chiù

Le stelle lucevano rare
tra mezzo alla nebbia di latte:
sentivo il cullare del mare,
sentivo un fru fru tra le fratte;
sentivo nel cuore un sussulto,
com’eco d’un grido che fu.
Sonava lontano il singulto:
chiù

Su tutte le lucide vette
tremava un sospiro di vento:
squassavano le cavallette
finissimi sistri d’argento
(tintinni a invisibili porte
che forse non s’aprono più?…);
e c’era quel pianto di morte…
chiù

Speranza e paura in Pascoli

L’assiuolo: pubblicata prima sulla rivista “Marzocco” nel 1897 e poi inserita nella sezione In campagna della quarta edizione di Myricae. Questa poesia inizia con un interrogativo sulla Luna. L’atmosfera è magica, notturna, le parole di Pascoli ci fanno immergere nella natura. Una natura che sembra aspettare l’arrivo della Luna, come se fosse una presenza divina, mentre una minaccia di nubi si fa sempre più imminente. È qui, tra l’atmosfera magica delle stelle lucenti e la nebbia di latte, che Pascoli avverte il suono dell’Assiuolo, uccello notturno, che ispira al poeta pensieri legati alla morte.

Ogni strofa, così, si chiude con il verso dell’animale “chiù”,  parola chiave della poesia, suono con cui il poeta evoca i suoi sentimenti. Sentimenti di paura, terrore, incertezza. Come se la morte fosse sempre pronta a far sentire la sua presenza nella serenità. La speranza è mista alla precarietà, come d’altronde sappiamo anche noi, nel 2021. Pascoli traduce in questa complessa poesia, la sua poetica “delle piccole cose”, mostrandoci come anche i dettagli più insignificanti, sanno essere importanti per l’interpretazione della nostra esistenza.

Giovanni Pascoli

Giovanni Pascoli nasce il 31 dicembre 1855 a San Mauro di Romagna, da una famiglia agiata. Il padre, Ruggiero, è fattore presso una delle tenute dei principi di Torlonia. La famiglia è molto numerosa: Giovanni è, infatti, il quarto di dieci figli.

L’infanzia di Giovanni trascorre in modo abbastanza sereno fino al 10 agosto 1867, quando una tragedia colpisce la casa: mentre torna dal mercato di Cesena, il padre di Giovanni Pascoli viene ucciso da alcuni spari. Comincia così un periodo di tristezza e difficoltà economiche, culminato con il trasferimento a San Mauro e poi a Rimini, dove il fratello maggiore di Giovanni ha trovato un ottimo lavoro.

Intanto, però, i lutti si susseguono rapidamente: nel 1868 muoiono la madre e la sorella maggiore, nel ’71 il fratello Luigi, nel ’76 Giacomo.
Sebbene in difficoltà economiche, Giovanni riesce a completare i suoi studi classici e ad iscriversi alla facoltà di lettere con una borsa di studi all’Università di Bologna. Gli anni universitari sono un po’ turbolenti: il giovane partecipa a manifestazioni socialiste contro il governo e nel 1979 viene arrestato.

Ricostruire il nido

La permanenza per qualche mese in carcere segna il definitivo distacco dalla militanza politica. Da adesso, Giovanni Pascoli si dedica esclusivamente alla poesia e alla sua famiglia, in particolare alle due sorelle Ida e Mariù, con cui vive a Massa dal 1884, per ricostruire il nido familiare distrutto dai lutti. Nel 1887 la famiglia si trasferisce a Livorno, dove Giovanni Pascoli ottiene l’incarico di insegnante.

Le nozze di Ida e un nuovo incarico, stavolta come insegnante all’Università, stravolgono un’altra volta la vita del poeta, che si trasferisce con Mariù prima a Bologna e poi a Messina, dove ottiene l’incarico di professore di latino nell’ateneo siciliano. Nel 1905, infine, viene nominato professore di letteratura italiana all’Università di Pisa, sostituendo il suo stesso maestro, Giosuè Carducci.

Gli ultimi anni sono per Pascoli anni schivi e impegnati soprattutto nella scrittura. È ormai un poeta noto agli italiani. Scrive discorsi pubblici e e componimenti patriottici. Muore il 6 aprile 1912 a causa di un tumore allo stomaco.

© Riproduzione Riservata