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“Io sono verticale”, la poesia di Sylvia Plath per recuperare il legame con la natura

Un'emozionante poesia di Sylvia Plath che racconta il bisogno che spesso abbiamo di fonderci con la natura: "Io sono verticale" è un componimento magico.

A volte vorremmo abbandonarci in mezzo ad un prato, in un campo di girasoli oppure confonderci con le nuvole. Ecco perché questa poesia è perfetta per dare voce a questa nostra sensazione: “Io sono verticale” è un componimento di Silvia Plath, permeato da un elegante pessimismo.

Elegante perché Plath desidera stare in una posizione “sdraiata”- che ricorda la morte- per fondersi con la Natura.

Dialoga con quest’ultima, la sente parte di sé, della sua stessa essenza. Uno pseudo panismo che ci emoziona e ci fa immergere nell’animo profondo di una delle voci più originali della letteratura femminile contemporanea.

Scopriamo “Io sono verticale” proprio in occasione dell’anniversario di nascita di questa grande poetessa, venuta alla luce il 27 ottobre 1932 a Boston.

Il panismo di Sylvia Plath

Un testo intenso, “Io sono verticale”, la poesia di  Sylvia Plath, che parla di solitudine e di inadeguatezza, in un mondo difficile da decifrare.

Il testo è composto da due strofe, nella quale Plath esprime il desiderio di vedersi “in orizzontale” invece che in verticale. La negatività e il pessimismo della poetessa vengono fuori attraverso il suo bisogno di contatto con la natura.

Un contatto che diventa unione, fusione. Anche attraverso la morte, che la poetessa ha accolto attraverso il gas. Eppure, nonostante la tragicità della biografia di Sylvia Plath, questa poesia è in grado di farci immergere in un ambiente quasi magico.

Gli alberi, i fiori, il vento, il mondo circostante diventa l’unico appiglio per lei. Un punto di arrivo, una destinazione ultima.

L’essere verticale rappresenta la condizione umana, la staticità della vita, a cui l’autrice preferirebbe un’orizzontalità dinamica e vivace, per riuscire a dialogare con il creato.

“Stare sdraiata è per me più naturale.
Allora il cielo ed io siamo in aperto colloquio”

L’obiettivo è quindi quello di diventare un tutt’uno con la dimensione naturale, affinché questa possa delicatamente accarezzare i tormenti umani.

“Finalmente gli alberi mi toccheranno, i fiori avranno tempo per me.”

“Io sono verticale” di Sylvia Plath

Ma preferirei essere orizzontale.
Non sono un albero con radici nel suolo
succhiante minerali e amore materno
così da poter brillare di foglie a ogni marzo,
né sono la beltà di un’aiuola
ultradipinta che susciti grida di meraviglia,
senza sapere che presto dovrò perdere i miei petali.
Confronto a me, un albero è immortale
e la cima di un fiore, non alta, ma più clamorosa:
dell’uno la lunga vita, dell’altra mi manca l’audacia.

Stasera, all’infinitesimo lume delle stelle,
alberi e fiori hanno sparso i loro freddi profumi.
Ci passo in mezzo ma nessuno di loro ne fa caso.
A volte io penso che mentre dormo
forse assomiglio a loro nel modo più perfetto –
con i miei pensieri andati in nebbia.
Stare sdraiata è per me più naturale.
Allora il cielo ed io siamo in aperto colloquio,
e sarò utile il giorno che resto sdraiata per sempre:
finalmente gli alberi mi toccheranno, i fiori avranno tempo per me.

Sylvia Plath

Sylvia Plath nasce a Boston il 27 ottobre del 1932. Dimostra passione e talento precoci per la scrittura, pubblicando la sua prima poesia all’età di otto anni. Nello stesso periodo, il padre subisce l’amputazione di una gamba e muore, in seguito alle complicazioni di un diabete mellito diagnosticato troppo tardi, il 5 ottobre 1940.

La perdita del padre lascia un segno indelebile nella vita della poetessa. Sylvia Plath soffre durante tutta la sua vita adulta di una grave forma di depressione che si alterna a periodi di intensa vitalità. Le sue poesie sono intrise, infatti, di elementi cupi e destabilizzanti frammisti a momenti di sincera meraviglia e forte dinamismo.

Il 26 Agosto del 1953 Sylvia Plath tenta per la prima volta il suicidio. A Cambridge, conosce il poeta inglese Ted Hughes, che sposa nel 1956. Dall’unione dei due autori nascono due figli, ma la separazione è dietro l’angolo: Sylvia e Ted divorziano infatti pochi anni dopo le nozze, nel 1962. Dalle testimonianze rinvenute, sembra che Hughes avesse una relazione extraconiugale con la moglie di un suo amico e che, inoltre, avesse assunto diverse volte un comportamento molto violento nei confronti di Plath.

Sylvia Plath muore poco dopo il divorzio con il marito. Si suicida l’11 febbraio del 1963: dopo aver preparato la colazione per i figli, si chiude in cucina e mette la testa nel forno a gas. Alcuni studiosi sostengono che la poetessa non avesse veramente intenzione di togliersi la vita, ma di attirare l’attenzione per chiedere un aiuto disperato.

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