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“I versi sono polvere chiusa”, la poesia Alda Merini

Il desiderio di libertà prende vita ne “I versi sono polvere chiusa” di Alda Merini è una poesia illuminante e coinvolgente, una dedica all’amore e alla scrittura.

I versi sono polvere chiusa di Alda Merini è una poesia che racconta il tormento di un amore che non riesce a trovare risposte. 

Un amore che conduce alla follia e in cui non è concesso ad una donna di esprimere la propria esigenza di carnalità. 

La donna non deve mostra desiderio per l’amore carnale, per il sesso, lo imponeva la società in cui Alda Merini ha vissuto la propria esistenza e, purtroppo, avviene in molte parti del mondo ed avviene anche in Italia.

Mostrare il proprio desiderio è sintomo di follia quando a farlo è una donna. Quando, invece, la sessualità dovrebbe essere sinonimo di libertà e di amore. 

Diceva John Lennon, “Viviamo in un mondo in cui ci nascondiamo per fare l’amore, mentre la violenza e l’odio si diffondono alla luce del sole.”

La poesia di Alda Merini sembra mettere in scena questa contraddizione, ma attraverso l’esperienza poetica di una donna, che ha dato voce all’emancipazione della donna in ogni suo scritto.

I versi sono polvere chiusa di Alda Merini

I versi sono polvere chiusa
di un mio tormento d’amore,
ma fuori l’aria è corretta,
mutevole e dolce ed il sole
ti parla di care promesse,
così quando scrivo
chino il capo nella polvere
e anelo il vento, il sole,
e la mia pelle di donna
contro la pelle di un uomo.

Il significato della poesia

I versi sono polvere chiusa è una delle poesie più geniali di Alda Merini. In questo canto c’è la voglia di liberazione di una donna, che inevitabilmente finisce per dare voce a tutte le donne. 

La poesia è tratta dalla raccolta La Terra Santa (1984). In questa raccolta di poesia Alda Merini mette in scena la sua esperienza all’interno del manicomio. 

Il periodo d’internamento della poetessa dei navigli, diventa metafora della vicenda storico-religiosa che il popolo ebraico ha vissuto durante l’esodo e di cui narrano i primi libri dell’Antico Testamento, ma non mancano da parte della scrittrice anche i riferimenti ai Vangeli.

Il manicomio è come l’inferno, un’esperienza in cui la sofferenza preme sul piede dell’acceleratore abbandonando ogni forma di speranza. 

Ecco che i versi diventano momento di liberazione, voglia di poter vivere ciò che si desidera senza dover subire costrizioni. 

I versi sono polvere chiusa
di un mio tormento d’amore,

In questi due versi d’inizio poesia c’è l’essenza di ciò che affermiamo, ovvero il tormento della scrittrice nel voler vivere ciò che desidera e che non può farlo perché costretta in una gabbia. 

Questa gabbia e chi l’ha creata ci viene da dire è il vero folle. Non si può rinchiudere un essere umano semplicemente perché esprime la propria verità interiore senza filtri.

Le convenzioni sociali non devono uccidere i desideri, l’amore. 

Questa poesia racconta l’amore. Un amore cantato in versi, detto per iscritto e la necessità di chiudere il tormento nella poesia, di scrivere per tentare si soddisfarne il bisogno.

Una sensazione anelante, che è soltanto sua, perché “fuori l’aria è corretta” e il sole è dolce. Alda Merini racconta di un amore carnale e spirituale, che coinvolga tutto, dentro e fuori.

Il bisogno, l’anelare esattamente di quella connessione tra l’uomo e la donna che descrive la poesia, però, lo riesce a trovare nella scrittura. Un coinvolgimento tale da far mancare l’aria.

Ad Alda Merini per essere più precisi è stata completamente torta l’aria.

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Alda Merini, poetessa troppo a lungo incompresa. Gettata nella morsa dei manicomi perché considerata pazza in un’epoca che ancora non voleva vedere la profondità delle donne.

L’unica sua colpa era la sensibilità, la troppa empatia, forse. Una capacità più profonda di sentire il dolore che l’ha resa matta agli occhi degli altri.

Ma pazzo era solo il suo bisogno di scrivere, la sua arte poetica di cui oggi non potremmo fare a meno.

È nata il 21 marzo 1931 Alda Merini, il primo giorno di primavera, e se ne è andata il 1° novembre del 2009, un fiore calpestato troppe volte che chiedeva solo un po’ d’amore.

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