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“Fase d’oriente”, la poesia di Ungaretti per ricordare un momento felice

"Fase d'oriente" è una poesia con cui Ungaretti trova nel ricordo di un momento felice la forza di sopravvivere alle difficoltà.

Quando compone “Fase d’oriente”, Giuseppe Ungaretti si trova in guerra, sulle montagne del Carso. La poesia, che verrà poi pubblicata nella celebre raccolta “L’allegria” sotto la sezione Il porto sepolto, è stata composta nel 1916.

Scopriamola insieme per ricordarci che, nonostante i momenti di oscurità, la luce trova sempre un modo di filtrare. “Fase d’oriente” è una poesia che aiuta l’autore ad evadere in un momento difficile della sua vita, e che invita tutti noi ad aggrapparci ai ricordi felici per riuscire a sopravvivere alle sofferenze che a volte rischiano di soffocarci.

“Fase d’oriente” di Giuseppe Ungaretti

Nel molle giro di un sorriso
ci sentiamo legare da un turbine
di germogli di desiderio

Ci vendemmia il sole

Chiudiamo gli occhi
per vedere nuotare in un lago
infinite promesse

Ci rinveniamo a marcare la terra
con questo corpo
che ora troppo ci pesa.

Un pensiero felice

Quando compone “Fase d’Oriente”, Giuseppe Ungaretti si trova nel bel mezzo del conflitto mondiale. Il frangente da cui nascono questi versi, così come la situazione generale, è tragico.

Con questa poesia, Ungaretti ci svela una sorta di momento di debolezza, un’evasione mentale nata per superare lo shock, la paura e l’orrore che l’autore sta vivendo in prima persona partecipando allo scontro bellico.

È infatti racchiuso nella prima strofa il ricordo di ciò che lo fa stare bene: il sorriso di qualcuno. La magia con cui Ungaretti descrive la forza del sorriso è di una potenza e allo stesso tempo delicatezza ineguagliabile.

L’io lirico chiude gli occhi e torna a vedere quel sorriso, a sentire quel desiderio felice nascere nel cuore, salvandosi, in questo modo, dalla disperazione.

“Fase d’Oriente”, quindi, è una poesia che nasce dal buio e cerca di attraversarlo. Sono due, le strade che conducono alla salvezza: il contatto umano e la poesia.

Giuseppe Ungaretti

Nato ad Alessandria d’Egitto l’8 febbraio 1888 e scomparso a Milano il 1º giugno 1970, Giuseppe Ungaretti è stato un poeta, scrittore, traduttore, giornalista e accademico italiano, tra i principali poeti della letteratura italiana del XX secolo.

Inizialmente influenzato dal simbolismo francese, la sua poesia fu caratterizzata nei primi tempi da componimenti brevissimi, costituiti da poche parole essenziali e da analogie a volte ardite, compresi principalmente nella raccolta L’allegria (1916); passò poi a lavori più complessi e articolati dal contenuto concettualmente difficile. Una terza fase della sua evoluzione poetica, segnata dal dolore per la perdita prematura del figlio, ha compreso opere meditative dall’intensa riflessione sul destino umano.

Negli ultimi anni le sue poesie furono specchio della saggezza, ma anche del distacco e della tristezza dell’età avanzata. È stato considerato da alcuni critici come anticipatore dell’ermetismo. La poesia di Giuseppe Ungaretti creò un certo disorientamento sin dalla prima apparizione del Porto Sepolto. A essa arrisero i favori sia degli intellettuali de La Voce, sia degli amici francesi, da Guillaume Apollinaire a Louis Aragon, che vi riconobbero la comune matrice simbolista.

Non mancarono polemiche e vivaci ostilità da parte di molti critici tradizionali e del grande pubblico. Non la compresero, per esempio, i seguaci di Benedetto Croce, che ne condannarono il frammentismo.

A riconoscere in Giuseppe Ungaretti il poeta che per primo era riuscito a rinnovare formalmente e profondamente il verso della tradizione italiana, furono soprattutto i poeti dell’ermetismo, che, all’indomani della pubblicazione del Sentimento del tempo, salutarono in Ungaretti il maestro e precursore della propria scuola poetica, iniziatore della poesia «pura».

Da allora la poesia ungarettiana ha conosciuto una fortuna ininterrotta. A lui, assieme a Umberto Saba e Eugenio Montale, hanno guardato, come un imprescindibile punto di partenza, molti poeti del secondo Novecento.

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