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Pordenonelegge comincia nel ricordo di Pierluigi Cappello

Pordenonelegge 2018 apre nel segno di Pierluigi Cappello con la presentazione di “Un prato in pendio. Tutte le poesie 1992-2017”, il volume (Bur) che include anche poesie inedite

PORDENONE – Pordenonelegge 2018 apre nel segno di Pierluigi Cappello con la presentazione di Un prato in pendio. Tutte le poesie 1992-2017, il volume (Bur) che include anche poesie inedite. La scrittura come spiraglio di luce, la ricerca di una voce che accoglie l’energia della vita e il canto della terra, lo splendore della lingua friulana, l’altissimo valore letterario unito a una semplicità di linguaggio e a un’immediatezza di immagini capaci di parlare alla mente e al cuore di tutti: i motivi cruciali della poetica di Pierluigi Cappello si intrecciano fra le pagine del libro . Lo introducono tre prefazioni, a cura di Gian Mario Villalta, Alessandro Fo ed Eraldo Affinati: voci illustri della letteratura italiana che inquadrano l’opera di Cappello nel panorama poetico del nostro Paese

La voce del critico a ricordare l’amico e il poeta

Alessandro Fo, poeta, antichista, ordinario di Letteratura latina all’Università di Siena: a lui si deve l’introduzione più corposa che ripercorre le tappe fondamentali della vita del poeta friulano, la cui infanzia è all’insegna della pienezza della vita e della libertà fino al 1976, l’anno del terremoto, in cui scompare il mondo della vita contadina di un paese di montagna . Il bambino –  Cappello era nato nel 1967 – si trova proiettato nella dimensione dello sfollato che vive lontano dal suo paese e per la prima volta vede il mare.  A 17 anni, durante  una adolescenza vissuta intensamente , la svolta con l’incidente in moto che lo inchioda su una sedia a rotelle e gli procura dolori infiniti. Da lì impara l’arte della sopportazione e la capacità di accettare la vita comunque sia.  E’ questo il momento che lo rende poeta? Una domanda capziosa a cui si risponde con una poesia letta da Francesca Archibugi, che ha dedicato al poeta un docufilm, dedicata al volo, una delle passioni di sempre di Cappello, folgorato da bambino da un libro sugli aerei .

Un finale felice

A ricordare il poeta friulano c’è poi Federica Magro, l’editor che si è occupata della pubblicazione di Un prato in pendio che racconta come è nato questo libro. “ Che si è fatto da solo – racconta- perché Pierluigi scriveva tantissimo soprattutto negli ultimi tempi con una vitalità fortissima che non lasciava presagire quello che poi sarebbe successo”. Ha lasciato una decina di poesie inedite e una serie di quadri a formare un romanzo: materiale estremamente frammentato, ma poi le carte hanno preso vita grazie ai tre introduttori – il poeta , il critico, il romanziere ed è nato “ Un prato in pendio”. Ma la vera notizia è che le poesie di Cappello saranno pubblicate negli Stati Uniti , un paese tradizionalmente restio ad accogliere la nostra letteratura : i diritti sono stati venduti e già alcune poesie tradotte.

La lunga lettera di Susanna Tamaro

Ma il ricordo più commosso è quello finale  di Susanna  Tamaro, che ha scritto una lunga lettera all’amico in Il tuo sguardo illumina il mondo, in uscita per Solferino il 20 settembre: “Se fossi stata uno scoiattolo, per il tempo duro della tua assenza, avrei previdentemente nascosto da qualche parte una nocciola, una ghianda, qualcosa che mi avrebbe ancora dato forza”.  Insieme avrebbero dovuto scrivere un libro ma la morte di Cappello, un anno fa, ha tolto loro il tempo. Ecco, allora, che la scrittrice ha affidato alle parole il suo dolore per raccontare un’amicizia adulta che trova le sue radici nell’infanzia di entrambi per poi svilupparsi in un gioco di corrispondenze che sembra portare i due futuri amici verso l’inevitabile incontro: la casa di famiglia — identità e rifugio — perduta per entrambi,  le stesse piste di atletica battute, studenti a Udine in due scuole vicine, a dieci anni di distanza, la salvezza trovata nella lettura. Parlando all’amico lontano, la scrittrice rivela anche sé, nel coraggio di lui trova il suo per raccontare una vita segnata dall’incomprensione, dalle fratture dell’infanzia. Insieme “ coltivano un’amicizia profonda” in un tempo in cui i rapporti umani si consumano come una merce e attraverso questa cura reciproca e questa attenzione paziente alla vita dell’altro,  riescono a “resistere” nella promessa che uno porterà l’acqua all’altro .  La promessa  e  la nostalgia per quel libro a due mani mai scritto, per quella ultima conversazione fatta “magari camminando lungo la ciclabile di Chiusaforte”  che non vedrà mai luce diventano un omaggio commosso all’amico, ma anche una profonda introspezione che tocca tutti.

 

Alessandra Pavan

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