MILANO – Bella, sensuale, fiera di se è forse dir poco di lei; flessuosa, piena di energia vitale, con una carica di libertà e una tale esuberanza impossibili forse da immaginare. Chi è lei? Sì, lei? Oh la donna fatta di bruma e di azural i cui passi silenziosi sono seta impalpabile sull’erba e tra i fiori, sul soffice muschio e tra le foglie vaporose delle felci. La donna dei milioni di anni e dell’attimo intenso. La donna del canto e della danza. Colei che custodisce il paradiso sotto la pianta dei suoi piedi, l’Altrove dei miti più remoti nei suoi lunghi e folti capelli, la felicità della specie nei suoi seni generosi, il misterioso segreto della vita nel suo ventre caldo e profondo, l’ imperscrutabilità della morte nei suoi fianchi sodi che si muovono con il ritmo del vento e della pioggia.
A chi può essere paragonata la donna di bruma, la donna dei milioni di anni? Forse alla lupa, perché è fiera e coraggiosa come la lupa, della lupa ha la forza, la grinta e la straordinaria capacità della lotta per la sopravvivenza e per la vita, la determinazione a risollevarsi e a ricominciare dopo ogni pesante sconfitta, l’istinto di femmina indomita che non si lascia sopraffare, non si piega, non si assoggetta a nulla che ella non voglia e che non ritiene giusto, necessario o importante serbando intatti la percezione dell’ indeterminato, il fulgore dell’amicizia, della solidarietà, dell’ideale.
Dov’è più oggigiorno la donna di bruma, la donna dei milioni di anni? E’ ancora presente, attiva? Esiste ancora?
Sì, esiste ancora. Non si è estinta. Si è forse nascosta. Vive forse nell’ ombra. Forse si sente incompresa e minacciata(e lo è di sicuro). Ma continua a lottare e a lottare per la propria libertà e per la propria bellezza, per esprimere se stessa e il proprio mondo interiore, per riuscire a conservare intatto quel dono gratuito meraviglioso di saper abbracciare l’Universo intero e costruire ed edificare anche là dove non sembra possibile poterlo fare più.
La donna di bruma, la donna dei milioni di anni sa quando il suo tempo viene e quando il suo tempo finisce. Quando l’ora si appressa o fugge. Quando il momento è fatale o prevedibile.
La donna di bruma, la donna dei milioni di anni è l’altra faccia dell’ Eternità. Ella ha sconfitto il tempo, e lo sa. E il suo esistere va oltre e oltre, ogni cosa. Oltre il Tutto.
La donna di bruma, la donna dei milioni di anni non ha colore, non ha età, non ha nazione o continente, non ha popolo, non ha etnìa. Canta il dolore. Danza la gioia. E’ donna. Nell’incommensurabilità del cielo stellato, nella vastità tellurica e ardente della terra, negli abissi inesplorati dell’ oceano.
E’ sposa. E’ sorella. E’ figlia. E’, naturalmente e magnificamente, madre. E’ soprattutto donna. E’ donna. E sa compatire, accogliere, vivere e morire. Sa essere e sa amare. E’ donna. Sì. E’ la donna. E lo sarà per sempre.
(…) Donna di bruma
scia di azural
al termine dell’alba
sogno proibito del viandante
sotto cieli stellati vasti
tra dune e rocce
di deserti immensi
sul corpo remoto e fragile
del pianteta.
Donna dei milioni di anni
acerbi come sogni senza forma
maturi come frutti succosi
che si danno alle labbra
incendiate dall’afrore
mistico della passione,
anni compressi ed esplosi
nell’attimo che fa
sorgere la luce
nell’istante supremo
che decide del vivere
e del morire, della fine
e dell’inizio.
Quell’attimo non trattenuto
e perso invocato più tardi
nel tremore bianco
che avvolge la soglia
dell’ ineluttabile passaggio,
quell’istante invocato
a lungo, non vissuto,
non compreso, amato
e disprezzato a un tempo.
Donna primordiale
che ha ascoltato i vagiti
dell’ Universo,
che raccoglierà il respiro
terribile della fine
dei tempi
quando la sua mano
sicura e dolce abbasserà
le palpebre dei viventi
e le sue dita fili
di seta e d’ oro
apporranno il sigillo
dell’ unione dei corpi splendenti
rivestiti di immortalità (…).
Tratto da “Il Poema della Grande Madre” (inedito) di Francesca Rita Rombolà