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Il Rogo dei libri, emblema della rabbia e dell’odio che fa male alla nostra civiltà

In memoria del rogo dei libri del 10 maggio 1933, il fondatore di Libreriamo Saro Trovato riflette sull'importanza di dire no all'odio

MILANO – A 86 anni dal rogo dei libri del 10 maggio 1933, il più grande attentato alla cultura e alla conoscenza dell’uomo operato dal regime nazista, riflettiamo sull’importanza di dire basta alla rabbia e all’odio imperante nella società. Eliminare in modo violento il pensiero dell’altro attraverso insulti, offese e violenza verbale e fisica è un attentato alla nostra civiltà.

Dare fuoco ai libri è la più grave forma di violenza di cui una civiltà si possa macchiare. È l’eliminazione del pensiero dell’altro, è l’oblio di colui che la pensa in un modo diverso dal nostro. È un atto di forza, ma che in realtà manifesta insicurezza e paura. Rappresenta il timore di sostenere un confronto. Qualsiasi civiltà, per potersi definire tale, deve lasciare spazio al libero pensiero, ai diversi punti di vista. Sia chiaro, inneggiare alla violenza, alla barbarie, all’odio, alla prevaricazione, al razzismo, all’illegalità non può essere accettato, anzi merita di essere, eliminato, recluso. Ma, in linea generale ogni forma di pensiero merita di avere espressione, qualsiasi sia la sua matrice politica o religiosa.

Alla base del confronto civile deve esserci la comprensione di ciò che vuole dire l’altro. Pertanto ascoltare, sforzarsi di capire il punto di vista diverso dal nostro, diventa fondamentale per poter argomentare in modo costruttivo o addirittura per scoprire elementi che non si erano presi in considerazione.

Osservando i diversi confronti televisivi o i costanti commenti sui social mi rincresce constatare che i roghi del Pensiero stanno diventando una costante. La violenza verbale e alcune volte fisica è diventata la costante. L’insulto, l’offesa non si possono più evitare. Anzi, sono ormai diventati un modello culturale.

Ancora peggio, in molti casi scatta il bullismo verbale. Se uno è in minoranza il gruppo dominante deve fare fuori colui che non si è uniformato alla maggioranza, maltrattandolo in modo deciso e molte volte anche crudele. La maschera di uno smartphone o di un Pc aiuta a sfogare la rabbia repressa, e tanti si sentono liberi di esercitare comportamenti di odio nei confronti di chi si è deciso di prendere di mira, perché la pensa in un modo diverso o peggio perché rappresenta “ciò che non potrò mai essere”.

Fermare questo Rogo del Pensiero è diventato ormai una necessità. C’è troppo odio in giro, non smetteremo mai di ripeterlo e come Libreriamo ci impegneremo a dare un contributo perché questo pericoloso malcostume finisca. A maggior ragione, sarebbe un atto di responsabilità per chi ricopre un ruolo pubblico, politico e non, smetterla di aizzare la gente, peggio poi se ciò accade al fine di raccogliere il consenso. Le conseguenze sociali e sociologiche sono gravi e mi sembra che gli indizi di questo pericolo siano sempre più evidenti.

Il Rogo dei Libri del 10 maggio 1933 deve diventare un simbolo di memoria per chi ha ancora il coraggio di amare, di chi sa ascoltare l’altro, di chi ha rispetto del diverso, di chi ama la civiltà del confronto. Bisogna avere la forza di arginare la rabbia imperante e di oscurare l’odio. Ciò farà vivere meglio tutti noi.

Saro Trovato

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