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D’incontri e di versi con Maria Letizia Del Zompo

Paola Cingolani ci introduce “Rubo parole al cielo” (Edizioni Nulla die) il libro di poesie dell’autrice Maria Letizia Del Zompo presentato recentemente al Salone di Torino.

La cosa che mi ha sempre contraddistinta, nello scegliere i versi da condividere con voi, è stata l’originalità e la novità tipica di coloro che sanno poetare senza mai sfiorare quegli edulcorati assiomi, arcinoti, scadenti e scaduti che – troppe volte – abbassano i livelli qualitativi della poesia.

Insomma, la solita rima “fiore – cuore – amore” da decenni non è più cosa contemplata, almeno non per i miei gusti. Trovo ci sia molta più profondità là dove l’amore assurge a concetto pensato, aperto ed universale, declinato in ognuna delle sue molteplici forme possibili: specie quando s’allarga oltre il limite microscopico del Sé ed anela al più ampio respiro del Noi.

[Le sfumature infinite di Noi, in quanto persone, andrebbero valutate, tutte, con gli occhi della poesia: probabilmente, anche le risposte che non troviamo nell’immediato, avrebbero la speranza di nascere, crescere e brillare di luce nuova. Senza alcuna determinazione spaziotemporale e senza nessuna assurda pregiudiziale.]

Ho trovato una poetessa che, dell’amore e con amore, ha saputo scrivere ciò che io stessa avrei scritto. La sola differenza – incontrandola le ho detto esattamente questo – è che lei vive ciò che scrive mentre io, al massimo, potrei fare un patchwork e prendere qualche pezzo sparso qua e là durante il mio mezzo secolo. Posso immaginare, riflettendo, perché so esattamente cosa non vorrei mai: questo è fondamentale, al netto di quanto non si vuole si scopre cosa si desidera. Ecco, la ricchezza scaturisce dal confronto, e una rara forma d’amore è anche l’amicizia.

Comincio con questa poesia di Maria Letizia Del Zompo, (pag. 57) dalla prima sezione delle tre che costituiscono l’intero “Rubo parole al cielo”.

 

L’amore ci rende liberi di appartenere

Finiamola con la retorica di questi tempi moderni
secondo la quale ognuno si basta da solo.
Senza alcun dubbio,
bisogna saper stare bene con se stessi,
saper camminare da soli,
bisogna prendersi la responsabilità dei propri atti.
Ma nessuno basta mai a se stesso.
Siamo esseri sociali,
siamo fatti per vivere in relazione,
sia essa con un gatto, un cane,
uno stormo di uccelli,
un paesaggio scosso dal vento,
ma siamo fatti per vivere un rapporto
che ci nutra, nell’intimo.
E quando amiamo ci leghiamo,
quando amiamo soffriamo dell’assenza
della persona o cosa amata,
quando amiamo
vorremmo che quel legame non finisse mai.
L’amore è libero dono di sé,
ma anela a essere ricambiato.
Se amiamo una terra
la coltiviamo e attendiamo i suoi frutti,
se amiamo un animale
ce ne prendiamo cura e godiamo delle sue effusioni,
se amiamo una persona
vorremmo non uscire mai dal suo abbraccio.
Se così non è, ci sentiamo infelici
perché l’amore crea il bisogno e non viceversa.
L’amore è:
“Soffro se tu soffri. Sono felice se tu sei felice”.
Nessuno si basta mai da solo,
ma l’amore ci rende liberi.
Liberi di appartenere.

Questa poesia – dicevo sopra – conclude l’atto primo del libro di Maria Letizia Del Zompo ma – e così vado avanti con la mia recensione – sposa completamente un mio ideale; l’assoluta e totale condivisione che ci ha accostate è da ricercarsi proprio qui.

Più volte ho scritto che non basta amare, ma è necessario saper amare.
Serve quella speciale grammatica dei sentimenti che ci permette di comunicare con la moltitudine, è necessario essere padroni del nostro pensiero per confrontarlo con quello dell’altro, senza dare il via ad alcuna schermaglia ma aprendo un eloquente confronto. Non ci arricchiamo da soli, ma possiamo farlo solo attraverso una sintesi di idee che si origina grazie alla pluralità universale delle anime pensanti.
Questo – secondo me – significa essere in sinergia e contenere moltitudini.

Un fattore determinante per l’amore è il comprendere quanto esso possa essere beffardo: se ci innamoriamo, infatti, non è automatico l’essere corrisposti. La parte più difficile da accettare, dell’amore, è questa.

Non saprei né vorrei mai concepire alcun legame affettivo che non fosse reciproco. Ciò lo rende l’emozione più libera e priva di vincoli, capace di accostare l’umanità a se stessa. Rifuggo ogni strategia e rifiuto qualsiasi schema precostituito. Non so nulla e sono consapevole di non conoscere il mistero dell’amore, la sola mia certezza è che si alimenta di sacrificio, come tutte le conquiste migliori, ma si svela e si palesa quando vuole, non quando io vorrei. Allo stesso modo sono certa potrebbe scomparire senza avvertirmi prima, quando si fosse presentato.

Sotto – per voi – prosegue la mia personale silloge, scelta da “Rubo parole al cielo” .

 

Rubo parole al cielo

Rubo parole al cielo
e germoglio parole dalla terra,
faccio larghe le braccia
e creo spazi
a pesca di luce ed emozioni.
Mi divarico nel mondo
a generare flussi,
mi faccio scoglio
e frastaglio il vento.
Adesco parole
e le lascio a vita propria.
Le infilerà il sole,
le disfarà la notte
un rosario di tempo intatto
nel suo divenire.

In questa maniera sono stata adescata: le parole, infondo, si adescano fra loro e l’autrice ha adescato anche me proprio così. Lasciandomi del tutto libera. Mettendosi completamente nelle mie mani, confidando liberamente ma totalmente nelle mie capacità.

 

Mai siamo così belli

Forse, mai siamo così belli come quando riusciamo a
mostrare le nostre fragilità,
perché niente ci rende più veri.
E niente riesce a denudarci come l’amore.
L’amore ci spoglia per vestirci di consapevolezza,
di coraggio…
di senso.

Qui, grazie all’autrice, ho pensato a Eugenio Montale: mi sono detta che io – forse – ancora attendo.

[…] Attendo qualche nuova di me che mi rassicuri.
Attendo che mi si dica ciò che nasconde il mio nome.
Attendo con la fiducia di non sapere
perché chi sa dimentica persino
di essere stato in vita.

L’attesa – Eugenio Montale –  da Satura II

Non è facile

Non è facile
ritrovarsi nell’autunno della vita
a germogliare primavere.
Talora s’affaccia improvviso il gelo,
e s’inarca la vita
e si tende
e sbaraglia.

Poi di nuovo è sole,
e un bacio è come un flusso d’acque,
un abbraccio un amplesso di cieli.
Ti guardo e scorgo un infinito giro di orizzonti,
un sorriso sciolto nell’aurora
di un noi che chiede nuovi giorni.

E sono promesse i respiri
in cui scambiamo luce
e un sì, che si schiude
ora,
come un tempio di sogni
sulle nostre labbra.

 

Semini luce

Mi semina luce nel cuore la tua esistenza…
E mi nasce una stella nel petto.

E mi nasce un sorriso spontaneo, faccio un po’ di autoironia: nel petto nessuna stella ma – probabilmente – neanche alcuna ferita. Stando alla speranza, che l’autrice ha cantato con versi tanto belli quanto eloquenti, forse c’è qualcosa che non muore, ancora. Forse.
Magari la mia Penelope ha finalmente rottamato il suo vecchio telaio e non spende più energie per tessere – prima – e – successivamente – del tempo prezioso per disfarsi dell’ordito.

Il mio cuore di carta

Metto il mio cuore di carta tra le tue mani,
così fragile come una foglia d’autunno
caduta dal ramo,
e così forte
come la parola dei poeti
intagliata nell’anima del mondo.


Dell’ombra e della luce

E sono grata anche all’amarezza,
alla scheggia che mi intrise di veleno
per ciò che mi fu sottratto
e per tutto quello che mi rimproverarono a torto,
per ciò che non sono e mi distingue
e sempre mi mise a disagio.
Sono finalmente grata
alla gelosia e alla mia rabbia,
alla diffidenza e a quel resto di ipocrisia
che sorrideva nella mia umiltà.
Sono grata a tutte le mie cupe emozioni
che vedo ogni volta scivolar via
come terriccio lavato dalla pioggia.
Finalmente avverto il graffio della vita
che teneramente indurisce
ciò che era fragile,
la venatura di rosso che tinge
il candido velo.
E divento donna, interamente
e mi svelo
a me stessa
prima che agli occhi del mondo.

E so che ciò che mancava al tuo slancio
era lo specchio della mia residua ipocrisia.
Mi fu necessaria tutta l’amarezza,
tutta la disperazione e le sue lacrime,
tutto il disincanto
di questo complicato amore,
per poter tirar fuori il rilievo
che mi aggrappa al mondo,
l’ombra che esalta la mia luce.
E ora so che mi amerai fino infondo
quando si intrecceranno di nuovo i nostri sguardi
e scalderemo i nostri corpi nell’abbraccio.
E’ la mia nuova frontiera
che ti avvicina.
Siamo passi di danza,
due moti di compimento
che si fondono
dopo aver eretto confini.

 

Ho pensato anche che io, intanto, questa danza la ballo da sola…

 

Questa è la mia linea difensiva – prima inattaccabile – ora quasi caduta e comunque arresa. Somiglia, più che ad un antico sudario, a una bandiera bianca che sventola: solo per me. Perché non ho più ragioni né motivi per difendermi e ho capito che alcune difese vanno assunte per cause differenti e – oltretutto – solo in extremis.

Imparai piano

Imparai pian piano
a trasformare la paura di perderti
nella gioia di averti.

 

Tre sole righe, pochi versi, ma c’è dentro tanto, così tanto che avrei voluto poterli scrivere io. Mi resta – strano – solo la perdita ed è persino senza alcuna paura. Ho imparato cosa significa perdita. L’ho capito.
Come un’abitudine.
Come normalità.
Come condanna.
Come un filo conduttore che vorrei spezzare perché – di questa matassa intricata – non troverò mai il bandolo.
E, peggio che camminare di notte, sarebbe farsene una ragione.
Non si può, non dove la ragione non c’è.

 

Con un solo abbraccio

Con un solo abbraccio
mi scrivesti nel corpo
interi poemi d’amore.


Quando la solitudine diventa spazio

Quando la solitudine diventa spazio
e il silenzi ascolto,
quando bastano i tuoi passi
accanto ai miei
perché ogni viaggio
diventi un tornare a casa.

Il nostro confronto è stato un trovarsi casuale ma – poiché il caso non esiste affatto – io ho imparato molto dalla determinazione di Maria Letizia Del Zompo. Dolce e ferma, al contempo, è stata capace di regalarmi una scossa che mi ha riaccesa.
Mi sentivo troppo stanca, ero in una sorta di “stand by emozionale” e non mi stavo ascoltando quasi più.
Riprenderò il viaggio – mi porterò ancora per mano – e girerò fino a quando, anche io, sentirò che qualsiasi luogo è il mio “tornare a casa”.

Approdo cercasi, sperando di riprendere il viaggio, così come farebbe ogni buon vecchio lupo di mare: Ungaretti docet.

Paola Cingolani

Su Maria Letizia Del Zompo seguono biografia, bibliografia e contatti.


Biografia:
“Sono medico pediatra, ma da qualche tempo ho iniziato quella che chiamo la mia seconda vita e voglio dedicarla allo scrivere, oltre che alla vita stessa.
Ho vissuto lunghi anni in Germania e ora sono di nuovo nella mia città natale. Una questione di radici emotive, culturali e linguistiche. Ma in verità mi sento cittadina del mondo e quando arriverà il momento giusto, sono certa che sarò pronta a salpare di nuovo.
Per il resto, vorrei che per me parlassero le mie parole: poesie, versi e prose brevi, racconti, riflessioni su noi stessi e il mondo che ci circonda.
Scrivo per passione, scrivo perché non riesco a non farlo. Scrivo per sentirmi intera, per sentirmi a casa.
Auguro a tutti buona lettura.
Le mie parole potete scaricarle, stamparle,
pubblicarle sui vostri diari ma, vi prego, citatemi.
Per chi ama scrivere, le parole sono come figli.
E i figli non si lasciano andare nel mondo
senza prima avergli dato un nome.”

Maria Letizia Del Zompo
Bibliografia:
– “Passi. Versi di un incontro” (Nulla die 2017)
– “Rubo parole al cielo” (Nulla die 2019).

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Web site www.marialetiziadelzompo.com

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