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Daria Bignardi, “La prima donna a ispirarmi è stata Jo March”

In occasione dell'8 marzo, Daria Bignardi risponde alle nostre domande circa la condizione della donna, i modelli da seguire, l'empowerment

MILANO – In occasione della campagna social #ImAWoman, abbiamo intervistato Daria Bignardi, giornalista e scrittrice, volto femminile di rilievo nel panorama culturale italiano. L’autrice di Non vi lascerò orfani, Un karma pesante e Storia della mia ansia, ha dialogato con noi su cosa significhi e rappresenti la Giornata Internazionale della Donna, su quali siano stati i suoi modelli di ispirazione, sugli stereotipi di genere e su cosa sia l’empowerment femminile.

Che cosa rappresenta per te la Giornata Internazionale della Donna?
Provo sentimenti ambivalenti: da un lato vorrei che non esistesse, visto che non esiste la giornata internazionale dell’Uomo, dall’altro so che le discriminazioni ci sono e che il cammino per i pari diritti è ancora lungo. Soprattutto mi piace pensare ai cortei delle ragazze che prendono coscienza della condizione femminile per la prima volta in modo politico e organizzato.

Chi sono le donne più importanti della tua vita? Quelle che più ti hanno ispirato e segnato, e che sono state per te dei modelli da seguire.
Variano a seconda dell’età: la prima a ispirarmi  è stata Jo, la ribelle delle sorelle March in Piccole Donne, letto alle elementari. Ma non ho mai fatto distinzioni tra modelli maschili e femminili. Più che modelli ho avuto degli stimoli quasi sempre da personaggi letterari o da filosofi, scrittori, artisti, più che da personaggi storici. Oppure da persone comuni incrociate per caso. Stamattina ero nella sala d’attesa di un ospedale dove accompagnavo un’amica a fare un’endoscopia e seduta vicino a me c’era una signora dell’est che accompagnava un’anziana in carrozzina cercando di distrarla in mille modi: a un certo punto le ha dato anche un bel bacio con lo schiocco. L’ho ammirata. Come ammiro una magistrata del tribunale di sorveglianza che approfondisce ogni pratica e non tratta i detenuti come numeri. Ecco due casi di donne che fanno le cose con cura: il loro lavoro fa la differenza nella vita degli altri.

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Ti è mai capitato di sentirti intrappolata da stereotipi di genere? Qual è la strada per combatterli?
Se lo sono stata ho fatto tutto da sola o comunque senza la consapevolezza del condizionamento. Mi è successo quando i figli erano piccoli di sentirmi votata al sacrificio e di lavorare troppo in casa e fuori, pagandone le conseguenze in eccesso di fatica con tutto quel che ne segue, ma mi è venuto naturale, nessuno mi ha chiesto di farlo. Forse sono stata condizionata, forse no.

Spesso si parla di empowerment femminile, un’espressione intraducibile in italiano legata al concetto di “accrescimento del potere”, “dare potere a chi non ce l’ha”. Che significato ha per te? In che modo le donne possono aiutarsi a vicenda?
Penso sia molto utile che le donne lavorino  fin da giovani sull’accrescimento della propria autostima e delle proprie capacità organizzative. Le donne si aiutano già a vicenda, nella vita di ogni giorno. Non so quanto lo facciano in situazioni di potere, ma quello è un terreno più vischioso.

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